Troppe tensioni diplomatiche e militari

7 giorni, 7 notizie poco conosciute:indios protestano in Brasile; disoccupati vietnamiti, Centrafrica diviso; bombe afghane; ballottaggio colombiano;incontro Iran-Kuwait; Tunisia divisa
Proteste in Brasile per i mondiale

Mercoledì 28 maggio: indigeni brasiliani

Nella capitale Brasilia, circa 800 indios, hanno inscenato una manifestazione originale, salendo sul tetto del Parlamento federale. Niente vandalismo, niente violenze. Che cosa vogliono? Se dal 1988 la costituzione brasiliana riconosce il diritto a mantenere le proprie tradizioni alle tribù indios, garantendo adeguati “territori indigeni”, nei fatti le diatribe giudiziarie sui confini di tali zone sono lungi dall’essere conclusi, soprattutto per l’influenza devastante dei latifondisti.

Giovedì 29 maggio: Vietnam e Cina ai ferri corti

Peggiorano le relazioni diplomatiche tra Hanoi e Pechino per le isole contestate nel Mar cinese meridionale sotto le quali esistono enormi giacimenti di petrolio. Un effetto della tensione è la chiusura di numerose manifatture cinesi in Vietnam, con la precipitosa fuga di migliaia di cinesi e la perdita di lavoro – si parla di almeno 60 mila impieghi persi –, a causa soprattutto delle devastazioni e delle chiusure di imprese cinesi.

Venerdì 30 maggio: Bangui in fiamme

Nella Repubblica centrafricana la situazione sembra peggiorare di giorno in giorno. Ora gli scontri si sono spostati nella capitale Bangui, dopo l’attacco alla chiesa cattolica di Nostra Signora di Fatima nel quale sono morti 18 fedeli, tra cui il prete officiante. L’attacco, opera della fazione Seleka (“alleanza” nell’idioma locale) ha scatenato la reazione delle cosiddette milizie antibalaka (balaka significa machete, l’arma preferita dai Seleka). Gli incidenti avvengono soprattutto nei quartieri musulmani.

Sabato 31 maggio: martoriato Afghanistan

Ennesimo attacco terroristico con morti e feriti, quest’oggi 12 nella provincia di Ghazni. Erano uomini e donne che tornavano da un matrimonio senza preoccupazioni particolari, quando una bomba è scoppiata sul ciglio della strada statale. È stata la prima reazione dei talebani, annunciata dopo che il presidente Obama aveva annunciato che un cospicuo contingente militare statunitense sarebbe rimasto nel Paese anche dopo il 2014, anno prima definito come limite estremo della permanenza Usa.

Domenica 1° giugno: Colombia al ballottaggio

Sono il capo dello Stato uscente, Juan Manuel Santos, e l’ex ministro dell’economia, Oscar Ivan Zuluaga, che si scontreranno il 15 giugno per il ballottaggio delle elezioni presidenziali colombiane. Se il presidente ha ricevuto l’appoggio da chi, a sinistra, aveva appoggiato la candidata esclusa dal ballottaggio Clara Lopez Obregon, lo sfidante viene appoggiato dai conservatori che avevano appoggiato Marta Lucia Ramirez. Solo i Verdi non si sono ancora espressi.

Lunedì 2 giugno: Iran e Kuwait si avvicinano

Inattese alleanze stanno creandosi nel Golfo persico, dopo la crescita del Qatar come potenza regionale, che osa sfidare i grandi dell’Arabia Saudita e dell’Iran. Così sta avvenendo un riavvicinamento tra Iran e Kuwait. Sabah al-Ahmad al-Sabah, emiro di quest’ultimo Paese, in effetti, si è recato in visita a Teheran, dove ha incontrato il presidente Rohani e la guida suprema Ali Khamenei. Nonostante le due parti abbiano atteggiamenti profondamente diversi nella guerra civile siriana, il riavvicinamento tra i sunniti kuwaitiani e gli sciiti iraniani sembrano avviati a una nuova primavera.

Martedì 3 giugno: difficile accordo in Tunisia

In vista delle elezioni presidenziali e legislative che dovrebbero svolgersi entro la fine dell’anno in corso, i partiti politici si stanno dividendo sulle modalità della consultazione popolare. Se una parte c’è chi vorrebbe un unico election day (il Fronte popolare) dall’altra c’è chi invece preferirebbe una doppia elezione (Ennahda, il partito islamista). La questione elettorale sembra materializzare il malessere che pervade l’intera società tunisina, disillusa dopo la rivoluzione di tre anni fa e la gravissima crisi economica che attanaglia il Paese.

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