Troika e teoria dei giochi in Grecia

Intervista a Luigino Bruni sulle tesi “eretiche” di Yanis Varoufakis, ministro delle finanze del governo di Syriza in Grecia, il Paese in emergenza umanitaria nel cuore d’Europa. Le parole nuove che servono per uscire insieme dalla crisi e dall’incognita del fallimento
Varoufakis

Il programma economico di Syriza in Grecia è stato scritto da Yanis Varoufakis, un economista conosciuto a livello internazionale, docente in università anglosassoni e recentemente in Texas. Il suo blog è molto attivo e ha un gran seguito.

Le proposte avanzate, in veste di ministro delle finanze, con i vari interlocutori istituzionali, non solo europei, hanno radici in testi come “Una modesta proposta per uscire dalla crisi dell’euro” scritto assieme a James Galbraith (noto studioso, figlio di John, il grande consigliere economico del presidente Kennedy) per sostenere ricette come la conversione del debito e il lancio di un programma di investimenti a livello mediterraneo. Ne parliamo con un collega di Varoufakis, il professor Luigino Bruni che ha rapporti diretti con i circoli universitari del Paese ellenico al centro della bufera finanziaria.  

 

Il Sole 24 ore, quotidiano economico di Confindustria, definisce “impossibile” l’agenda del governo guidato da Tsipras, ma il rapporto della Caritas del gennaio 2015 sul Paese ellenico descrive lo stato di emergenza umanitaria e il fallimento delle politiche imposte dalla Troika (Commissione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale). Cosa può fare davvero il nuovo esecutivo greco davanti a tali pressioni?

«Sono stato recentemente in Grecia e proprio per un seminario su "felicità e beni relazionali" nel dipartimento di Varoufakis, il neo ministro dell'Economia. Ciò che mi ha colpito è che la linea anti-troika e anti-euro è sostenuta dalla maggioranza degli economisti del dipartimento, non solo dalla 'pancia' del Paese quindi. C'è una tale insofferenza nei confronti dell'austerità insostenibile, da rendere il consenso molto ampio e diffuso. C'è un elemento importante in questa crisi greca, ma anche in quella dell'Italia. Il debito pubblico è stato contratto da politici inefficienti e spesso corrotti, di cui i greci di oggi hanno usufruito solo in minima parte. Le fasce più deboli non ne hanno usufruito affatto. Le colpe dei padri stanno ricadendo sui figli, Una regola che il cristianesimo e l'Europa hanno eticamente condannato da secoli. Quindi il pagamento oggi dei debiti insostenibili da parte di persone che hanno concorso solo in minima parte al debito di ieri è faccenda molto più complessa di quanto la Troika pensi. E il popolo lo sente».

 

Spesso, con riferimento al caso greco, si menziona il debito condonato alla Germania dopo la sconfitta della guerra mondiale.  È un argomento credibile o vale solo come esempio della storia evidenziato dal ministro delle finanze greco per far comprendere il rischio di collasso (come la repubblica di Weimar) del Continente?

«Keynes era convinto che ci fosse un nesso forte tra le sanzioni economiche alla Germania dopo la prima guerra mondiale e la fine della repubblica di Weimar e poi del nazismo. Tanto che poi quando partecipò alla conferenza di  Bretton Woods, dopo la seconda guerra mondiale, fu fautore di sanzioni minori alla Germania (importantissime per l'Europa di oggi e per la centralità della Germania). Comunque ricorrere al passato per giustificare scelte di oggi è sempre operazione difficile: conviene insistere sulle buone ragioni del presente, e ce ne sono molte». 

 

Il nuovo ministro si dichiara un economista eretico verso il pensiero mainstream. Esperto di teoria dei giochi, ha insegnato negli Usa, ha detto, "come un monaco ateo in un monastero medievale": in che modo la teoria dei giochi molto in voga tra gli economisti può far comprendere cosa è in ballo in Grecia?  

«Ci sono molti spunti. Varoufakis  ha scritto un libro di teoria dei giochi (famoso) con Shaun Hargreaves-Heap, il supervisore della mia tesi di Phd a Norwich, che ha formulato una teoria eterodossa di razionalità, detta espressiva: la gente non agisce solo in base al calcolo costo-benefici ma per esprimere con le proprie scelte i propri valori, la propria identità, una teoria presente anche nel libro scritto con Varoufakis. Oggi la loro razionalità espressiva e non strumentale spiega molto del comportamento dei greci e di molti paesi umiliati ma con una grande tradizione e orgoglio nazionale». 

 

Il fallimento e il caos in Grecia avrebbe conseguenze immediate per gli altri Paesi come l'Italia? Come se potrebbe uscire?

«Credo di sì. Si tratta di applicare categorie troppo assenti dalla politica europea ma presenti in ogni patto vero. Queste parole sono fiducia, perdono, dono, attesa, mitezza. Senza queste parole, tradotte in pratiche economiche e politiche, resteremo solo un insieme di contratti, ma non daremo mai vita ad un vero patto europeo. L'Europa ha ancora troppo vive le ferite delle guerre fratricide che possono essere curate solo da nuovi abbracci, anche tra popoli. Non vedo altra strada

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