Trivellazioni, le Regioni sostengono il referendum
Trivelle sì, trivelle no. Ci sarà il referendum a decidere. In realtà il popolo italiano non dovrà decidere se ammettere o meno la trivellazione su suolo italiano per l’estrazione del petrolio. Non ci sarà nessuna trivellazione. La Corte Costituzionale ha dichiarato ammissibile solo uno dei sei quesiti presentati da dieci consigli regionali, poi diventati nove perché l’Abruzzo ha scelto una diversa strategia: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise.
Il governo, da parte sua, fa filtrare la propria posizione: “Chiunque vinca il referendum, non ci sarà alcuna nuova trivellazione”, giocando in posizione di difesa nei confronti della legge di stabilità che afferma che “la concessione dura finché dura il giacimento. Il che significa garantire la manutenzione degli impianti, l’impatto ambientale degli stessi e anche circa cinquemila posti di lavoro”.
Ma perché si andrà al referendum con uno solo uno dei sei quesiti referendari proposti?
In prima battuta – il 27 novembre scorso – erano stati accolti tutti dalla Cassazione. Poi il governo ha lavorato sulla materia introducendo alcune norme nella legge di Stabilità sul divieto di trivellazioni entro le 12 miglia mare. Di conseguenza la Cassazione ha rivalutato i quesiti referendari ammettendone – in data 8 gennaio 2016 – solo uno: quello che prevede che i permessi e le concessioni già rilasciati abbiano la “durata della vita utile del giacimento”. Aveva però rinviato parere finale alla Corte Costituzionale che il 19 gennaio lo ha dichiarato ammissibile. La sentenza della Corte Costituzionale e le motivazioni saranno pubblicate entro il 10 febbraio.
Dichiarazioni dalle Regioni
Il presidente Renzi “dev’essere contento – afferma il governatore della Puglia Emiliano – perché quando il popolo irrompe sulla scena della democrazia, chi è iscritto al Partito democratico dev’essere contento per definizione”.
Dalla Basilicata il presidente del Consiglio regionale, Piero Lacorazza, parla di “importante passo avanti” e “vittoria degli enti locali a difesa dei principi costituzionali e dei diritti dei cittadini”.
“Il primo obiettivo, quello della possibilità di effettuare il referendum, è stato raggiunto, ma ora dobbiamo guardare al traguardo decisivo: quello di impedire le trivellazioni nei nostri territori e nel nostro mare e mettere la parola fine a questa spada di Damocle che pende sulle teste di milioni di cittadini e aziende del Veneto e delle altre regioni adriatiche”, ha commentato il presidente del Veneto Luca Zaia. Esultano gli ambientalisti e i comitati anti-Triv: un primo traguardo è stato raggiunto.
Intanto il governo potrebbe cercare di modificare la norma per evitare che si arrivi al voto, come già successo con la legge di stabilità.
Da sapere
Il referendum è previsto dall’articolo 75 della Costituzione: può essere proposto da 500 mila elettori o da almeno cinque Consigli regionali per abrogare, totalmente o parzialmente «una legge o un atto avente valore di legge». Dopodiché, prima di arrivare al voto vero e proprio i quesiti devono passare una serie di controlli tecnici e devono essere dichiarati ammissibili dalla Corte costituzionale.