Trittico su tavola
Parole Più che il gusto delle cose in sé, mi piace il gusto che hanno le parole che le contraddistinguono. Prendiamo un filetto di pesce, ecco un filo, piccolo, tenue, che ci lega al mare, se è un filetto di rombo quel suono quasi quadrato, imperfettamente quadrato, ci riporta direttamente al suono del mare; posiamo questo filetto su un tagliere e avremo una zattera che naviga sulle onde della nostra cucina. Scaldiamo un tegame, con un po’ di olio, scivoloso, ma stabile con quel suono breve, ma con quella elle che ci allunga verso qualcos’altro, uniamo il nostro filetto di rombo e rosoliamolo, facciamolo sbocciare come una rosa rosa, ma amiamolo mentre lo fa; con un pizzico di sale il tutto comincia ad ascendere verso un altro sé, che ci rivelerà tra poco. Uniamo del limone tagliato a vivo, in genere tagliare comporta una cessazione, ma in questo caso, porta il frutto a vivere al di fuori di sé, tagliamo cosi tutti gli spicchi, per avere non degli spacchi ma dei picchi, picchi del gusto e della purezza del frutto, lasciamo insaporire… e capperi! Già abbiamo fatto un passo avanti, lasciamo queste imprecazioni, possibilmente di Pantelleria, legare con l’asprezza dei frutti, lasciamo intrecciare tutte queste p e t così aspre fino a farle diventare morbide, magari con l’aiuto di un poco di vino (sarebbe banale invocare un aiuto di-vino). Bagniamo con un po’ di fumetto di pesce, e in questo fumetto scriviamoci qualche battuta: un pizzico di pepe, qualche ramo (col fumetto diventerà da sé un rametto) di aneto che con questa a partitiva iniziale sembra togliere qualcosa ma invece aggiunge un tono di ruscello fra i prati, che ci ricorda un sorriso fugace. Un pomodoro, con quel metallo prezioso che racchiude è troppo importante per questa semplice storiella, togliamogli quindi l’abito lucido di cui è ammantato, diventerà così un po’modoro, svuotiamolo anche dell’oro dei semi e avremo uno di noi, con poco oro e poche pretese, ma che sa di piacere sempre. Della polpa di questo frutto ormai nostro simile, facciamo dei rombi, sommessi, ma che si sentano, che faranno ottimo contrappunto col rombo del mare. Lasciamo restringere bene il tutto, che sarà armonioso, un po’ troppo, forse, e allora ecco la zizzania: la doppia zeta del prezzemolo, che fa sempre un po’ incespicare, ma fa piacere incontrare in cucina perché getta una manciata di coriandoli color della speranza nelle pignatte. Pronto da servire, ma no, servire è troppo servile, servirsi, ecco, ogni tanto bisogna provare a servire noi stessi con noi stessi, lasciare tutto da parte ed ascoltare il rombo lontano del mare. Giuliano Brenna Il gelo di limone Dosi per sette persone. Qualora si volesse fare il gelo per più di sette persone si consiglia di ripetere l’operazione più volte e non di aggiungere ingredienti. E’ un dolce delicatissimo che sollecita più l’olfatto che il gusto. E’ cristallino e fresco come l’onda del mare di donnalucata nelle mattine di settembre. Più che un dolce è un viaggio che non si vorrebbe mai fermare una passeggiata nel giardino dei limoni quando gli alberi profumano di zagara. E’ così povero e semplice che è un miracolo, assomiglia alla poesia di Montale, coi suoi limoni… Solleva delicatamente la parte gialla della buccia tralasciando ad altri piatti tutto il resto del limone, che saranno come il numero biblico di sette, qui inizia il tuo viaggio nella fragranza della buccia Toni Iurato Caffettiera Se sia prima profumo o suono quando sei lì vicino per abbassare il fuoco al primo flusso nell’apice termodinamico principio quinto e sesto d’ogni risveglio mi sono chiesto ma non so scindere l’uno dall’altro e dall’ipnotica visione di metallo affusolato e caldo dalle cui bocche esalano speranze empiriche di ridestare il corpo inabile o prima l’anima? Se sia perfetta la geometria ottaedrica del tronco se molteplici facce moltiplichino l’aroma piegandolo in angoli ottusi se del cilindro la forma s’addica piuttosto al gusto rotondo di un ciclico gesto se in levare sia l’attimo fluido se sia giambico il metro o trocaico mi son chiesto sorseggiando e inspirando dal palmo levigato di una tazzina poema a parte poema in rima. Stefano Redael