Tripletta Alonso, tripletta Ferrari
Sull’asse ucraino-iberico, un indimenticabile weekend sportivo ha regalato a Italia e Spagna diversi motivi per dimenticare (almeno per un po’) la crisi economica. Si è partiti sabato sera a Donetsk, dove la doppietta di Xabi Alonso ha permesso alle Furie Rosse di eliminare la Francia e di approdare in semifinale agli Europei di calcio. Si è andati avanti nel pomeriggio di domenica, quando a Valencia un altro Alonso (Fernando) ha realizzato il «terzo gol» spagnolo riportando un’altra Rossa (questa, però, tipicamente italiana) in cima al podio di una gara iridata di Formula 1. E la Ferrari, Nazionale italiana dei motori, ha trionfato poche ore prima che a Kiev festeggiasse pure quella di calcio, tornata fra le migliori quattro d’Europa. In entrambi i casi, a piangere sono stati gli inglesi: Hamilton, speronato all’ultimo giro, ha visto allontanarsi Alonso in classifica; Rooney e compagni, dominati dagli azzurri ma sconfitti soltanto ai rigori, hanno detto addio al sogno europeo. Coincidenze e analogie che solo il mondo dello sport sa regalare.
Alonso-Ferrari Forse era tutto scritto. E forse è l’anno giusto. Era tutto scritto che l’asturiano Fernando Alonso avrebbe conquistato Valencia, corsa quasi di casa e Gran Premio – altra coincidenza – d’Europa, a nemmeno 24 ore dai due gol coi quali il basco Xabi Alonso (entrambi, fra l’altro, sono del 1981) aveva alimentato il sogno europeo della Spagna. Era tutto scritto che sul podio, insieme al leader iridato, sarebbero saliti due ex campioni del mondo con la Ferrari come Kimi Räikkönen (tornato quest’anno in F1 dopo due stagioni nei rally) e Michael Schumacher (che da quando – nel 2010 – si è rimesso al volante, non era mai riuscito a spingersi così in alto).
E forse è l’anno giusto, perché un Alonso del genere – semplicemente perfetto – non lo si era mai visto, nemmeno negli anni dei due Mondiali vinti alla guida della Renault. Dubbi non ce ne sono più: il pilota di Oviedo è il migliore sulla piazza. Lo era già nel biennio 2005-2006, quando riuscì a interrompere il dominio di Schumi nonostante la sua Renault fosse inferiore alla Ferrari del tedesco. Lo era, probabilmente, anche nel 2007, quando alla McLaren fu penalizzato da alcuni contrasti interni (col team e col compagno di squadra Hamilton), e nelle stagioni 2008 e 2009, alla guida di una Renault molto meno competitiva rispetto a quella con la quale si era laureato bicampione del mondo.
Arrivato poi in Ferrari, Alonso è diventato quasi una macchina. Titolo sfiorato al primo anno nonostante una monoposto decisamente inferiore alla Red Bull di Vettel, seconda stagione da campione (una vittoria e altri sei podi) a bordo di una vettura quasi inguidabile, e il resto è storia recente. Nessuno, come il pilota spagnolo, è in grado di tirare fuori il massimo dalla macchina che ha a disposizione, ma quest’anno Alonso si sta superando. Perfetto da inizio stagione, anche quando non è salito sul podio, consapevole che – in un campionato così equilibrato – ogni punticino è importante. Dopo otto gare, Alonso è l’unico pilota ad aver vinto due volte e ad aver sempre mosso la classifica, e domenica ha davvero impressionato per coraggio, abilità e determinazione. Da 11esimo a primo, realizzando 10 sorpassi e ricevendo l’aiuto di quella dea bendata (safety car in pista al momento giusto, motore di Vettel in panne e incidente di Hamilton) che due settimane fa – in Canada – gli aveva voltato le spalle (abbandonato dalle gomme proprio sul più bello). E allora, successo in Spagna, primato in classifica e lacrime sul podio. Giusto così: non ha vinto la macchina, ma il pilota. Il più forte di tutti.