Trieste e il nostro confine interiore
Trieste è la città simbolo dell’azzardo del ‘15. Il territorio da liberare nell’immaginario propagandistico agitato dalla fermissima volontà di una certa classe dirigente italiana di assumere un proprio ruolo sullo scacchiere mondiale. La scelta di giocare il fato inseguendo una follia che aveva già ghermito i potenti delle altre nazioni in guerra dal 1914. L’intervento armato, fortemente voluto dalla Corona, ha trascinato generazioni intere di giovani e l’intero giovane Paese in un mattatoio di cui si conoscevano gli abissi di disumanità dalle immani conseguenze.
Il porto franco, la città cosmopolita, elegante e colta dell’impero austroungarico, “la grande Trieste”, ha vissuto la contraddizione di una modernità inquieta portando le ferite di una storia di conflitti ancora da decifrare. A cento anni da quella guerra, a Trieste, si riempiono i teatri con migliaia di persone per ascoltare letture e analisi di quel periodo e dell’abisso che si è spalancato. Qui Mussolini ha proclamato l’emanazione delle legge razziali nel 1938. In una vecchia fabbrica di confezionamento del riso (la risiera di san Sabba) ha trovato posto l’unico campo di concentramento nazista sul territorio italiano. Il secondo dopoguerra è durato troppo a lungo per questioni di sovranità che ricadono sulla pelle viva dei popoli. La spinta irredentista (di “redenzione”) ha avuto il suo capovolgimento nella compromissione con il male che è all’origine di quella ricerca psicoanalitica sperimentata in questa città narrata nella letteratura che, secondo alcuni, è il suo vero luogo identitario, la patria senza confini.
Città laica e laicista, cioè non solo sempre aperta al confronto ma anche depositaria di forti convinzioni anticonfessionali. Qui la scienza ha uno dei suoi punti di eccellenza accademica, come l’istituto di astrofisica, e ha avuto l’icona atea e libertaria di Margherita Hack, l’astronoma che, accanto ai dubbi, ha avuto molte certezze, come il suo ultimo appello a non frenare l’adozione del nucleare come fonte di energia sicura.
Città dalle tante chiese e luoghi di culto. Qui ha sede una bella sinagoga che testimonia uno storico protagonismo della comunità ebraica. È anche esplicita l’adesione di molti alla “visione armonica” dell’ordine massonico. Qui hanno deciso di radunarsi le logge di sei Stati europei per commemorare il centenario della Grande Guerra. Ma è la lettura del quotidiano, preghiera laica dell’uomo moderno secondo la descrizione di Hegel, che accomuna tutti.
Di Trieste è simbolo “Il Piccolo”, fondato nel 1881 ora nella mani del gruppo Espresso di De Benedetti così come il Gazzettino di Venezia, fondato nel 1887, è ora sotto il controllo del gruppo Caltagirone. Segni dei tempi da interpretare come l’apertura delle frontiere avvenuta grazie all’Europa.
Una vera liberazione dalle costrizioni, anche se, abolito il soldato con la stella rossa, a transitare sono anche i pulmini che caricano i pensionati triestini verso la mecca dell’azzardo di Nova Gorica (la nuova Gorizia, in sloveno). Gli danno il pranzo gratis per attirarli nei grandi templi scintillanti dell’azzardo nell’ex territorio comunista. Eppure, anche l’offerta così vicina ed esotica, non ha impedito l’affermazione dell’azzardo diffuso a Trieste grazie alle leggi incentivanti dell’Italia. Oltre le statistiche sul diffondersi della patologia e la difficoltà di una risposta in termini di cura e prevenzione, la questione pone una domanda più radicale e profonda che proprio questa città può avvertire oltre le apparenze.
Lo stupendo paesaggio e la maestosa urbanistica hanno sempre accompagnato la netta percezione del disagio della civiltà moderna. Ora la città, dai locali sontuosi ed eleganti, dai luoghi della cultura più elevata, si trova davanti a scelte strutturali che ne determineranno il destino. La ridefinizione del porto vecchio, passato dal demanio statale alla proprietà comunale, e il ruolo strategico del porto nuovo agevolato dall’esistenza degli alti fondali e da uno snodo intermodale che costituisce un singolare anello di congiunzione tra l’Europa centrale e orientale con il Mediterraneo.
Trieste esprime attività produttive di eccellenza a livello mondiale, come il caffè Illy e la pasta Zara, poco nota ma che contende alla Barilla il primato nell’esportazione verso l’estero. Esiste, cioè la possibilità di non accettare un declino economico e sociale che si accompagna a quello demografico ormai consolidato. La vecchia competizione con la Slovenia, con il porto di Capodistria e la rete turistica, può essere virtuosa nel creare alte professionalità e lavoro di qualità oppure accettare la deriva verso una manodopera nomade tra lavori precari e poveri. La condizione sommersa che muta il volto della città e trova rifugio nell’alienazione dell’azzardo.
I grandi patrimoni presenti sul posto, come le Generali, cassa strategica del capitalismo italiano, giocheranno un ruolo importante se troveranno linee esplicita di politica industriale da parte pubblica. Al momento, come è noto, Generali è presente in tanti settori redditizi tra i quali anche Lottomatica , ora Gtech, colosso dell’azzardo a livello mondiale controllato dal gruppo De Agostini. Elementi che aiutano a comprendere l’importanza di operare scelte di investimento verso attività generatrici di benessere economico collettivo oppure basate sui margini di guadagno permessi, finora, dall’offerta incentivata dell’azzardo pianificata sul mercato italiano.
Su questa prospettiva si è posto l’incontro avvenuto il 6 marzo allo storico Caffè San Marco di Trieste a partire dal libro “Vite in gioco. Oltre la slot economia”. Come mai, in materia di azzardo, ragionevoli sentenze del Tar che riconoscono la priorità della salute pubblica sull’interesse speculativo sono state cassate dal Consiglio di Stato? Perché i regolamenti comunali che cercano di porre un limite all’offerta diffusa di slot machines rischiano di essere spazzate via dalla mancanza di una legge nazionale coerente? Possibile che una cittadinanza viva, colta, aperta sul mondo, sia impossibilitata a incidere su questo settore che sembra così marginale? Scavando bene su queste domande, cercando di collocarle nella lettura della propria città, ne potranno uscire contributi importanti e originali. L’incontro è stato promosso dalle associazioni che da anni lavorano assieme nella realtà “Insieme per l’Europa” proprio a Trieste, in questo luogo crocevia di culture, sensibile a cogliere, in anteprima, inquietudini e speranze.