Treno deraglia vicino Milano

L'incidente del treno regionale 10452 è avvenuto ieri mattina nella stazione di Pioltello. A bordo c'erano 350 persone, quasi tutte pendolari. Sono  sono morte tre donne e 46 persone sono rimaste ferite, cinque di queste in modo grave ma nessuno in pericolo di vita. Stamattina è ripresa la circolazione. Il racconto del parroco locale e di un sopravvissuto dell'incidente. La solidarietà dopo la tragedia.

Stavano viaggiando sulla terza carrozza, Pierangela aveva 51 anni, Giuseppina ne aveva 39, Ida Maddalena 61, questi sono i nomi delle tre vittime del  disastro ferroviario avvenuto ieri alle 6,57 del mattino a Pioltello a pochi chilometri da Milano. Viaggiavano su un convoglio di Trenord, il regionale 10452  partito da Cremona alle 5.32 e diretto a Milano Porta Garibaldi. Tutti pendolari i trecento cinquanta passeggeri che come ogni mattina si dirigono nel capoluogo. Chi per lavoro, chi per studio. Borse, buste, valigette e zaini è l’equipaggio che accompagna i passeggeri. Piumini, sciarpe, giacconi e felpe. Fa freddo, l’umido penetra nelle ossa. Come ogni mattina il treno è strapieno. Per alcuni un’ora e mezza di viaggio. Poco più, poco meno e poi si arriva a Porta Garibaldi. Ma ieri mattina il treno è uscito dai binari e le carrozze si sono rovesciate anche se per il ministro delle Infrastrutture Del Rio la tratta Cremona-Milano, è una linea fra le più frequentate e quindi più monitorate. A maggior ragione bisogna capire perché è accaduto. Il Ministro lasciando Milano ha voluto ringraziare per l‘immediata mobilitazione e per l’efficienza davvero alta.

Solidarietà che conferma anche don Marco il  parroco di San Giorgio di Limito di Pioltello, qui è stato subito allestito un piccolo centro di accoglienza dei feriti e «ho visto da subito emergere una solidarietà tra gli stessi pendolari, tra chi condivide ogni giorno il viaggio verso il lavoro o la scuola. Abbiamo allestito un piccolo centro per accogliere una trentina di feriti meno gravi, come ci è stato chiesto e subito abbiamo fornito qualche bevanda calda. Questa la prima necessità che ci è stato chiesto di coprire». Tante le persone della parrocchia che si sono subito date da fare, sono arrivati giovani con dei termos di caffè e thè.

Il Comune si è mobilitato, sono stati chiamati a intervenire psicologi per raccogliere le preoccupazioni e le ansie dei sopravvissuti. «Diverse persone avevano l’esigenza di avvisare i parenti» – spiega ancora don Taglioretti – «una persona era alla ricerca di un parente, forse un figlio, dal quale era stata separata al momento dei primi soccorsi». Il parroco racconta di momenti confusi ma di «una grande solidarietà e della immensa umanità dei soccorritori».

Pierluigi quel treno lo prende ogni mattina, studia alla Bocconi, ha sentito l’urto e lo stridere di ferri,  ha visto i vetri scheggiarsi appena ha potuto s’è messo a correre via. Poi «mi sono reso conto di quello che era capitato mi sono guardato attorno e mi sono avvicinato alle carrozze. Non capivo ma ho cercato di accompagnare fuori da quella calca indescrivibile chi poteva muoversi. Ma già c’erano i vigili del fuoco i volontari e ci hanno fatto allontanare». «È un treno sempre pieno, strapieno e si sta in piedi nel corridoio. E come accade su tanti treni a volte il riscaldamento non funziona e c’è da battere i denti, nonostante la calca. Inoltre, è storia vecchia, sui treni pendolari la pulizia è quella che è. Il personale non ha il tempo per pulire i posacenere, i cestini, i bagni. E allora trovi quel che trovi».

Milano ha vissuto e sta vivendo giornate di profondo dolore. I media ancora raccontano di Pierangela, Giuseppina e Ida Maddalena morte sul regionale 10452  e dei troppi feriti. Mostrano le foto delle persone che piangono. Mostrano persone che cercano tra le lamiere la propria borsa con i documenti personali, il proprio zaino con i testi, le tesine e i compiti. Mostrano uomini e donne con la testa fra le mani che si domandano perché è successo. Raccontano che è stata la rotaia che ha ceduto al passaggio delle prime carrozze, ma per il responsabile della direzione territoriale di Rfi Lombardia Vincenzo Macello: «È prematuro stabilire se questo sia stata la causa o l’effetto del deragliamento». E mostrano se ancora ce ne fosse bisogno che s’è mosso un popolo silenzioso in soccorso di chi era ferito, aveva freddo, aveva paura. Un popolo di volontari che fa bella l’Italia da Nord a Sud, fatto di persone di tutte le età, e con la pelle bianca e nera. Di persone che si sono buttate nella mischia per soccorrere.

 

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