Tregua tra bande, omicidi dimezzati

Il segretario dell'Organizzazione degli Stati americani in visita nel Paese per sostenere l'integrazione sociale e la prevenzione del crimine. Non diminuiscono invece estorsioni e sequestri
El Salvador

Su invito del vescovo Fabio Colindres, il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani José Miguel Insulza ha visitato nei giorni scorsi El Salvador, per constatare l’efficacia della tregua che dal 9 marzo scorso è in atto fra le bande MS-13 e M-18 che imperversano nel paese.
 
Tali bande, conosciute come “maras”, dedite a estorsioni, sequestri e spaccio di droga, seminano paura e insicurezza fra la popolazione. Sono bande particolarmente violente che si contendono il territorio con scontri sanguinari che hanno posto El Salvador in vetta alla classifica degli omicidi nel mondo. Infatti, El Salvador è considerato uno dei Paesi più violenti al mondo, con un tasso annuale di 68 omicidi per ogni 100 mila abitanti, molto più della media latinoamericana stimata intorno ai 20, in base ai dati delle Nazioni Unite. Le “maras”, secondo stime ufficiali, contano 64 mila membri e sono considerate la causa del 90 per cento degli omicidi nel Paese.
 
La tregua ha sorpreso tutti per l’immediatezza con cui ha prodotto l’abbassamento a meno della metà delle morti violente (da 14 a 5,6 al giorno), ma lascia ancora molti dubbi sulla reale efficacia in altri campi, quali le estorsioni e i sequestri, che non hanno registrato sensibili diminuzioni.
 
Il segretario generale ha visitato una delle carceri che ospitano alcuni capi delle “maras” con il proposito di sostenere la continuità di questa inedita e discussa iniziativa, che fino ad ora avrebbe risparmiato la vita di più di mille persone. Insulza, che appena arrivato si è incontrato con il cancelliere Hugo Martinez, è stato ricevuto dal presidente della Repubblica, Muricio Funes, e si è incontrato con altri dirigenti politici per sostenere una serie di politiche preventive che mirano all’integrazione sociale e alla creazione di opportunità di lavoro per i giovani.
 
All’inizio di questo processo, Funes aveva negato che il suo governo avesse partecipato in qualche modo alla concretizzazione della tregua, ma poi ha riconosciuto di aver permesso il trasferimento di alcuni capi “mareros” da un carcere di massima sicurezza a un altro, per favorire la comunicazione di questi con i loro seguaci e frenare gli scontri.
 
La direttrice dell’Istituto di opinione dell’università centroamericana (Uca), Jannet Aguilar, ritiene che la riduzione del numero di omicidi non debba considerarsi «l’indice più attendibile per valutare l’effettività o la eventuale sostenibilità della tregua», perché sono aumentate, per esempio, le denunce di rapimenti (“desaparecidos”). Aguilar sostiene che il governo dovrebbe assumere un deciso impegno per «sostenere la prevenzione» e non limitarsi alla politica repressiva.
 
El Salvador, grazie al risultato della tregua, è uscito dal gruppo dei Paesi più violenti del mondo – fra i quali ci sono i vicini Honduras e Guatemala – ma resta da vedere se la tregua perdurerà e se si potrà frenare il fenomeno del reclutamento giovanile nelle bande.
 

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