Tregua a Gaza da domenica 19: le reazioni nel mondo

Le reazioni a quello che si pone, almeno in queste contingenze, come un accordo di portata storica su Gaza. Un risultato raggiunto anche grazie al lavoro congiunto dei Paesi mediatori (Egitto e Qatar) e delle amministrazioni statunitensi, uscente ed entrante
Palestinesi festeggiano alla notiza dell'accordo di cessate il fuoco a Gaza. EPA/MOHAMMED SABER

È finalmente realtà il cessate il fuoco a Gaza, risultato degli sforzi congiunti di mediazione che hanno coinvolto le due parti – Israele e Hamas -, l’amministrazione americana – sia entrante che uscente – e Qatar ed Egitto come Paesi “patrocinatori”. L’accordo prevede per una prima fase il rilascio da parte di Hamas di 33 degli ostaggi del 7 ottobre (prioritariamente donne, bambini, e persone ferite e ammalate), mentre Israele libererà oltre un migliaio di detenuti palestinesi. Nella seconda fase, ancora da definire nei dettagli, dovrebbero essere rilasciati i rimanenti ostaggi vivi, mentre nella terza si prevede la restituzione delle salme. Israele si impegna dal canto suo ad un graduale ritiro dell’esercito dalla Striscia e in particolare dal Corridoio Filadelfia e dal Corridoio Netzarim, fondamentali per l’invio degli aiuti umanitari.

Tra i Paesi che più stanno guardando a quanto accade ci sono naturalmente gli Stati Uniti, direttamente coinvolti. Tra Trump che si attesta il merito del raggiungimento dell’accordo – a suo dire stimolato dal suo imminente insediamento -, e Biden che reagisce con un «Ma stiamo scherzando?» alla domanda di un giornalista che gli chiede un commento su questo, il New York Times preferisce una lettura che pare voler portare pace non solo nel martoriato Medioriente, ma anche nella – martoriata anche quella, seppure in tutt’altro modo – politica americana: titola infatti «Biden e Trump sfidano la loro storia di animosità per siglare il cessate il fuoco a Gaza», pur precisando che «la straordinaria collaborazione tra il presidente uscente e quello entrante non ha fermato entrambe le parti dal reclamare il merito».

Si sottolinea infatti come entrambi abbiano dato mandato ai rispettivi consiglieri di lavorare insieme, e come – citando le parole di Mara Rudman, inviata speciale per il Medioriente ai tempi dell’amministrazione Obama «per quanto tutti stiano discutendo di chi sia il merito, il fatto è che è condiviso, e la cosa ha funzionato appunto per questo». Una lettura certo molto centrata sulla politica interna americana, ma comunque rivelatrice delle profonde connessioni tra Washington e il Medioriente.

Visione simile anche quella espressa dal francese Le Monde, che titola «L’accordo di cessate il fuoco a Gaza, un avanzamento fragile permesso dalla riconfigurazione del Medioriente e dalla pressione congiunta Trump-Biden». Il quotidiano francese cita come cruciali anche gli apporti del Qatar e dell’Egitto, pone l’accento in particolare sull’importanza degli sforzi diplomatici, ma conclude che in ogni caso «la messa in opera dell’accordo rimane delicata».

Lo spagnolo El Paìs titola invece «Cessate il fuoco e Gaza e speranza dopo 15 mesi di guerra e 46.700 morti», osservando come «l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, la crisi degli ostaggi, lo stillicidio di militari morti e la rabbia della piazza hanno spinto ad un accordo che Netanyahu aveva bloccato in numerose occasioni».

Anche il tedesco Der Spiegel adotta un approccio “pacificatore” titolando «Una vittoria collettiva», dettagliando i punti dell’accordo e gli sforzi di ogni parte per raggiungerlo; riconoscendo in ogni caso che «non è chiaro chi governerà la Striscia di Gaza in futuro e i rischi permangono».

Pressoché nulla l’attenzione alla notizia sui giornali russi, dove a tenere banco è piuttosto un altro conflitto, quello in Ucraina; mentre il turco Hürriyel Daily News cita il presidente Erdogan nell’affermare che «La Turchia spera che l’accordo di cessate il fuoco a Gaza apra le porte ad una pace duratura», e nel sottolineare che «la Turchia continuerà a sostenere gli abitanti della Striscia, e a mobilitare tutti i mezzi a propria disposizione per aiutarli a rialzarsi». Le parole di Erdogan, del resto, non lasciano dubbi sulla parte da cui sta la Turchia: «Rendiamo omaggio al popolo eroico di Gaza, che difende coraggiosamente la propria terra e la propria libertà davanti agli attacchi illegali e inumani di Israele. Non abbiamo mai lasciato soli i nostri fratelli e sorelle palestinesi nella loro lotta contro l’oppressione e gli oppressori».

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