Tre popoli dalle radici millenarie
Fra quattro mesi l’Unione europea sarà chiamata a fare il più consistente passo in avanti della propria storia, quando i cittadini di 25 paesi europei si recheranno insieme a votare per eleggere i propri rappresentanti nel più grande parlamento democratico del mondo. Da quel momento, non saranno più 15 soltanto i paesi membri di questo grande consorzio dei popoli del Vecchio continente, perché ad essi si aggiungeranno dieci nuove nazioni, otto di queste allineate sulla frontiera orientale dal Baltico all’Adriatico: Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Cechia, Slovacchia, Ungheria e Slovenia; oltre a due isole mediterranee: Malta e Cipro. Abbiamo chiesto a chi in questi paesi vive e meglio conosce le pulsioni più profonde della gente, di presentarsi e dirci cosa effettivamente si pensi di questo momento storico dal quale molto dipenderà del loro futuro, nonché di quello dell’Europa tutta. Quando si dice a qualcuno in Italia: Abito in Lituania, le reazioni possono essere due. La prima è quella che si limita ad un sorriso incerto, con sguardo un po’ evasivo, per non deludere l’altro dichiarando di ignorare dove questo posto si trovi. L’altra, più frequente, è: Dove fa tanto freddo!. Alla prima reazione si può rispondere dicendo che si trova sopra la Polonia.All’altra, che certamente fa freddo d’inverno, ma anche molto caldo d’estate. Le temperature invernali e quelle estive, infatti, variano dai 30 gradi sotto zero ai 30 sopra. Però bisogna subito chiarire che il freddo e il caldo sono secchi. Quando la mattina si esce di casa, col gelo, l’aria pura e fredda riempie i polmoni e rinfranca; si ha l’impressione di ringiovanire. E l’estate? Penso che tanti del sud dell’Europa scapperebbero volentieri dall’afa per cercare rifugio e ristoro, se potessero, nella bellissima ed ondulata campagna di questo paese dai 4 mila laghi e mille piccoli e grandi fiumi, trapuntato di foreste. Perché il caldo è secco e, pure se porti una maglia di lana, non sudi. Quanto alla pioggia, tranne qualche nubifragio in giugno, piove relativamente poco. Il clima, insomma, è uno dei migliori che si possano trovare in Europa. Rispetto per l’anzianità… etnica C’è però un’altra qualità, più importante, e che vale per tutti e tre i paesi baltici. La gente è buona. Questa forse è una delle caratteristiche più notevoli di questi popoli travagliati da secoli, se non da millenni, da lotte, perdite e conquiste del loro territorio; insidiati ora dall’est (Russia), ora dal nord-ovest (Scandinavia), ora dal sud (Polonia) da chi voleva ingrandire il proprio dominio. La Lettonia è stata dominata da stra- nieri dal XIII al XX secolo, come pure l’Estonia. La Lituania si è salvata, invece, fino al XVII secolo, per essersi unita alla Polonia. Paradossalmente, però, sono proprio questi popoli baltici ad essersi insediati e radicati nelle loro terre molto prima di tanti altri autoctoni in Europa. Se parliamo dunque di anzianità etnica, la presenza umana risale qui già a 9 mila anni a. C., ma gli antenati dei baltici attuali sono arrivati attraverso le sconfinate foreste russe tra il 3000 e il 2000 a. C. Gli ugro-finnici hanno occupato l’odierna Estonia e parte della Lettonia, ed è così che la lingua estone, una variante del finlandese, è parente lontana di quella ungherese. A sua volta il popolo lituano, arrivato nella regione baltica circa 2 mila anni a. C., ha i diritti d’autore sulla più arcaica lingua indoeuropea, che risale allo stadio linguistico compreso tra sanscrito e greco classico. Come e più del greco classico che si impara a scuola, il lituano presenta un labirinto di coniugazioni e declinazioni. Ed è rimasto fedele alle sue radici, mentre il lettone si è andato aggiornando con influssi tedeschi e scandinavi. Fedeltà, tenacia, fierezza e bontà sono distintivi della gente baltica, insieme alla riservatezza e ad una certa reticenza nel comunicare. Ma, al primo impatto, non si capisce se queste ultime siano caratteristiche proprie della loro cultura o conseguenza temporanea di 50 anni di oppressione sovietica. Questa infatti è stata più incisiva e pesante nei paesi baltici che non nei paesi satelliti, perché con l’annessione vennero tolte loro personalità e lingua. Un episodio tra mille Ho un amico il cui nonno, negli anni Trenta, quindi durante la breve indipendenza lituana, fu ministro degli Esteri e successivamente ambasciatore presso la Santa Sede. Sua madre, infatti, è nata a Roma e parla italiano. Subito dopo l’invasione degli eserciti di Stalin, egli venne deportato chissà dove. Le fonti ufficiali (sovietiche) comunicarono più tardi che era morto di infarto a Kaunas (Lituania). In realtà, come si seppe dopo, morì in un lager. Sua moglie Leonora, con cinque figli, fu esiliata prima ad Altaj in Siberia, poi trasportata con altre 200 persone su di un’isola nelle acque polari, alle foci del fiume Lena, con solo quello che aveva addosso. Nell’estate la terra si scongelava soltanto fino a 20 centimetri di profondità, ma era sufficiente per poter erigere qualche parete di zolle a formare una specie di igloo, che certamente proteggeva poco contro il freddo invernale di 60° sotto zero. Più della metà di quei deportati, infatti, morirono durante il primo inverno. Leonora è sopravvissuta coi figli. Amica di Landsbergis, l’uomo che avviò l’indipendenza del paese alla fine degli anni Ottanta, oggi gode di fama nazionale. È da tenere presente, tra l’altro, che dopo la seconda guerra mondiale la popolazione lituana è diminuita di due milioni di persone, uccise o deportate dai sovietici. Il vero volto dei baltici I popoli baltici hanno sofferto oppressioni su oppressioni. Sorprende perciò vedere come siano colorati i loro costumi nazionali e quanto siano vivaci e forti i loro canti tradizionali. Quando arrivai a Vilnius nel 1996, mentre ero in attesa del pullman, osservai che intorno non c’era un solo metro quadro di muro, marciapiede o strada, che non fosse rovinato. Ora l’ampio centro storico ha ritrovato gli antichi colori. In questi ultimi anni è stato interamente restaurato, anche grazie ai massicci finanziamenti dell’Unione europea. Sotto l’impero sovietico, su tutto, persone e case, era passata un’uniforme mano di grigio. Ora il quadro si presenta come fosse appena uscito dalle mani di un pittore che avesse usato colori pastello (crema, rosa, verde), ma anche più intensi come quelli dei mattoni tornati alla luce. È tutto così nuovo e bello e pulito che anche i fanatici dei graffiti non osano scrivere sui muri e devono contentarsi di spruzzare i loro spray nei vicoli fuori mano o sui bidoni della sabbia ai bordi di strade e ponti. Per questo credo che anche quella reticenza, che può sembrare a volte diffidenza, sia solo un rimasuglio del grigiore e dell’anonimato del recente passato. Ma il vero colore di questi popoli sta emergendo. Conoscendoli meglio, si incontra calore, cordialità, affetto profondo. E nei giovani si risveglia una vivacità, una volontà di fare, costruire, progredire. Fede che aspetta un soffio di vita nuovo In confronto col resto dell’Europa, il cristianesimo arrivò qui per ultimo, verso il 1400. E come i baltici tenaci hanno piegato la testa per ultimi, così pure hanno resistito alla scristianizzazione imposta dai sovietici. La loro è una fede forte, tradizionale. Il soffio di vita nuovo del Concilio è soltanto agli inizi. Espressione molto nota della fede lituana è la Collina delle croci, vicino a Siauliai. Cominciarono nel 1800 a piantarvi croci in memoria dei caduti nelle diverse ribellioni. Ma quando iniziarono a ricordare i deportati e le persone uccise da Stalin, le croci si moltiplicarono all’infinito. Ogni volta che, negli anni Settanta, i bulldozer russi spianavano la collina, abbattendo le migliaia di croci, nei giorni seguenti queste apparivano nuovamente, piantate di notte dalla gente. Molto meno nota invece è la raffigurazione singolare di un Cristo seduto, coronato di spine, in atteggiamento pensoso, con la testa piegata da un lato, sorretta dalla mano destra, e il gomito poggiato sul ginocchio, nell’atteggiamento del Pensatore di Rodin. Lo si ritrova in statue microscopiche o più grandi, in quadretti appesi alla parete, nelle case, nelle chiese, per le vie. È il Cristo preoccupato. Preoccupato per la gente. Così se lo sono immaginato lungo i secoli i contadini oppressi prima dai padroni prepotenti, poi dall’impero zarista e, infine, dall’impero sovietico. Se lo sono scolpito a propria immagine e somiglianza, rude, sofferente, accasciato sotto il peso della tirannia, come se si fosse addossato il giogo che li schiacciava. Carico del dolore dell’uomo, Cristo ne è profondamente compreso ed è pensieroso, preoccupato. Alla gente piace sapere che Gesù pensa a loro, si preoccupa per loro. La devozione alla croce è testimoniata anche dalle vie crucis disseminate un po’ ovunque. Lungo il fiume Neris, a Vilnius, ce n’è una addirittura di 35 stazioni che si snoda per sette chilometri. Il comunismo aveva distrutto le stazioni, ma la gente aveva accuratamente segnato i luoghi, conservandone la memoria per due generazioni. Ora tutte le 35 cappelle, di dimensioni considerevoli, sono state ricostruite. Le oltre 20 stazioni in più rispetto alla via crucis conosciuta sono frutto dell’inventiva religiosa dei lituani. Certo, si sente il bisogno che questa fede sia rinnovata, che si alzi dal meditare il Cristo preoccupato ed esca dalle mura delle chiese e delle case. Che ringiovanisca. Perché nelle funzioni le chiese sono assai affollate, ma di giovani non se ne vedono moltissimi. E soprattutto ad essi è affidata la costruzione del futuro di questi paesi. Questo rinnovamento – molto desiderato pure dai vescovi – è ora richiesto ancora più urgentemente dalla sfida dell’entrata nella Comunità europea. Che non sia solo una vana speranza dei giovani per un miglioramento economico, o una nuova delusione per i più anziani. Come si vede nel Baltico l’entrata nell’Ue? Nei referendum indetti nei tre Paesi baltici per decidere se entrare nell’Unione europea, l’afflusso alle urne non è stato deludente: dal 63 al 72 per cento degli aventi diritto di voto. Si temeva un numero minore di votanti. La percentuale dei favorevoli si evidenzia chiaramente in senso positivo in Lituania, oltre 90 per cento, mentre in Estonia e Lettonia i risultati dell’adesione sono rimasti sotto il 70 per cento. In Lituania, per di più, hanno votato anche i russi residenti in essa, che hanno diritto di voto, mentre non l’hanno negli altri due paesi. Cosa ha spinto a votare si all’Europa? Certamente, e forse specialmente negli adulti e più anziani, un ruolo l’ha giocato la volontà di aderire all’Ovest e così distaccarsi ulteriormente dalla sempre vicina Russia. Nei giovani c’è logicamente il desiderio di cambiare, migliorare, e questo lo vedono possibile in una unione con l’Europa. Ma il giorno fatidico del 1° maggio si avvicina. Anche negli sposi può nascere un certo timore poco prima del matrimonio… Così si fa strada qualche dubbio: Non ci sarà una scossa economica? – si sente dire -. Non sembra che già adesso aumentino i prezzi? Certo, anche a Bruxelles c’è corruzione!. Ma i più tagliano corto con un vedremo, e forse più spesso con uno speriamo!. Ma c’è chi, con più coraggio, aggiunge: Diamoci una mano l’un l’altro per costruire una società di veri valori. Perché sappiamo che il futuro non può essere basato su un euro forte, ma su uno spirito forte. DAL FOLCLORE AL FOCOLARE Il Movimento dei focolari nei Paesi baltici Già dalla fine degli anni Sessanta furono alcune famiglie di medici lituani ad avere contatti con i focolarini dell’allora Ddr. Nel 1967 venne organizzato un convegno estivo speciale per gli amici dei paesi dell’Europa dell’Est. E negli anni Settanta coppie di focolarini sposati sia dalla Germania dell’Est che dall’allora Cecoslovacchia visitarono i nuovi amici in Lituania. Nel periodo sovietico tutto avveniva in segreto, con l’alibi del turismo.Negli anni Ottanta si organizzavano anche degli incontri sulle montagne del Caucaso (Russia) o sui Tatra (Polonia), mettendo delle sentinelle intorno al luogo d’incontro immerso nella natura. All’avviso che qualche sconosciuto stava arrivando vicino, si passava dagli argomenti spirituali che si stavano trattando a inscenare danze e canti folcloristici. Nel 1991 si aprirono i primi focolari a Vilnius, in Lituania, e gli incontri si moltiplicarono in tutto il paese. Ora ci sono piccole comunità in sei diverse città. Quando nel 1993 il papa visitò Aglona, il santuario mariano nazionale della Lettonia, venne chiesto il concorso dei Focolari. Dai contatti avuti nacque una piccola comunità a Riga. Nell’Estonia, a Tallinn, vivono alcune famiglie che, già anni fa, avevano conosciuto il movimento attraverso suoi membri luterani della Ddr. Ora stanno crescendo legami con giovani, sacerdoti, seminaristi ed altri, sia cattolici che luterani e ortodossi, anche nella città universitaria di Tartu. La Parola di vita con altro materiale di formazione arriva a circa mille persone nei tre Paesi baltici, nelle rispettive lingue nazionali, grazie ad amici del posto che aiutano per la traduzione. Oltre ai vescovi della Lituania, che hanno espresso in varie occasioni affetto e stima per il movimento, diversi vescovi e autorità altre chiese (luterana, metodista e ortodossa) hanno dimostrato un profondo interesse e manifestato un caloroso incoraggiamento.