Tre domande ad Alberto Lo Presti
Per qualcuno la democrazia è un malato terminale. Se ne mettono in rilievo i limiti, le debolezze, le illusioni… cosa ha da dire il suo saggio sulla salute dei nostri ordinamenti democratici?
«Ad andare in crisi è una forma storica precisa di democrazia, quella sorta fra diciannovesimo e ventesimo secolo, basata su alcuni principi che oggi, da soli, non bastano più.
Difatti, le rivendicazioni di libertà e uguaglianza che sono a fondamento della liberaldemocrazia si rivelano incapaci di sostenere le nostre società multietniche. Andavano bene un tempo, quando lo Stato-nazione poteva contare su una definizione di cittadinanza non attraversata dal pluralismo culturale.
Oggi, dire libertà o sostenere l'uguaglianza significa concepire significati assai diversi per cittadini che hanno religioni, culture, orizzonti etici differenti. Il saggio ripercorre l'evoluzione nel Ventesimo secolo di tali principi, che passano per la tolleranza, il mutuo riconoscimento, il discorso razionale, l'equità… la fraternità, indicato come principio capace di indicarci la strada da compiere per riabilitare il senso della democrazia».
Gli studi che affrontano la relazione tra democrazia e interdipendenza recuperano il principio di fraternità come categoria politica. In che modo il principio di fraternità entra in gioco?
«L'interdipendenza non è più un principio storico anelato, frutto di un ideale messaggio ispirato.Oggi è un traguardo che molte discipline raggiungono e, seppure con concetti differenti, elaborano come nuovo modello di relazioni fra popoli e cittadini di tutto il mondo. Al principio sociologico dell'interdipendenza corrisponde quello etico di comune destino, secondo il quale il bene di ciascuno passa per quello di chiunque altro: non è possibile credere di poter vivere in un'isola felice se tutt'attorno è disseminata sofferenza. Siamo tutti sulla stessa barca.
L'esito storico necessario è che ci si deve occupare del bene dell'altro come fosse il proprio. Queste prospettive teoriche, eterogenee nella formulazione e nella tematica, sono poste a fondamento del principio di fraternità, spiegato nel saggio a partire dagli approfondimenti condotti negli anni recenti e ospitati nelle collane dell'editore Città Nuova».
La scienza politica produce spesso concezioni e teorie politiche presupposte "realiste", cioè non facilmente attratte dalle credenze morali, dalle ispirazioni ideali, ecc. Come si colloca il saggio rispetto al dibattito attuale?
«Il mondo è cambiato. Invocare oggi la neutralità del pensiero politico rispetto ai valori e agli orizzonti etici è illusorio. Le nostre comunità sono attraversate da molteplici differenze proprio rispetto ai temi di fondo della vita, dell'uomo, del suo progetto ideale. Si è preferito parlare di equità (Rawls) o di discorso (Habermas) e alla fine di queste ricerche, questi rinomati studiosi hanno raggiunto l'obiettivo di fondare la società giusta sulla tolleranza, sulla solidarietà fra estranei, sul mutuo riconoscimento.
Il passo più in là, ancora forse non completamente disponibile a un pensiero politico attratto da un realismo esasperato, è quello di ri-scoprire il senso dell'avventura umana nella storia. Il disegno sulla famiglia umana: la fraternità».
Per saperne di più puoi leggere: I principi della democrazia, una ricerca nell'era dell'interdipendenza (Città Nuova, 2013)