Tre “I” per i mondi migranti

Italiano, Inclusione e Intercultura possono diventare strumenti per la crescita sociale e civile del Paese, senza lasciare indietro gli ultimi e chi fa fatica. Perchè discriminare costa più che integrare. Il dossier Immigrazione, curato da Unar e Idos, apre scenari di riflessione sul complesso mondo migrante e sui troppi interventi legislativi episodici e non coordinati
migranti

Marco De Giorgi direttore generale dell’Unar, l’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, non nasconde le difficoltà d’integrazione che l’Italia, ma soprattutto gli italiani stanno vivendo: «Siamo stanchi di pensare ai migranti quando viviamo una crisi che non ci garantisce più e rischia di lasciare indietro i più deboli». Non si può non tener conto dell’umore della gente quando si parla di migrazioni e ne sono una prova le manifestazioni a Tor Sapienza e quelle che stanno attraversando Roma proprio oggi.

«Per questo occorre un dibattito sereno, anche nel mondo politico fondato su dati scientifici e verificabili che giustifichino realmente i timori o le poco nominate risorse che l’immigrazione non sottrae ma porta al nostro Paese – prosegue De Giorgi. La popolazioni immigrata essendo costituita da contribuenti giovani rende più sostenibile il nostro sistema pensionistico senza di fatto, nell’immediato, usufruirne. La lettura del dossier Immigrazione, curato proprio da Unar e Idos, apre scenari di riflessione sul complesso mondo migrante. Proprio perché la discriminazione è più costosa dell’inclusione il direttore dell’Unar insiste su tre I che favorirebbero la convivenza e abbasserebbero i costi: italiano, inclusione e intercultura.

E invece spesso gli interventi legislativi sono episodici, non coordinati e rischiano di generare ulteriori problemi in ambito sociale. «Ad esempio bisognerebbe ridurre la permanenza nei centri di espulsione a 90 giorni, diminuire le tasse sul permesso di soggiorno, prolungare fino ad un anno la permanenza per gli stranieri che hanno perso il lavoro, «valorizzando in questo modo i vantaggi per l’immigrato e il paese di accoglienza», spiega Franco Pittau che con passione, da anni, si dedica alla cura del dossier per lasciar parlare più i numeri che la pancia o la rabbia.

Franca Biondelli – sottosegretario di Stato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali con delega su integrazione e immigrazione ha subito diverse intimidazioni anche da partiti xenofobi che su web e non solo l’hanno più volte minacciata per le sue aperture all’integrazione. «Non si può fermare questo processo, bisogna invece governarlo con consapevolezza. Perché se è vero che in Italia si perde il lavoro e questo preoccupa, i primi a perderlo sono proprio gli stranieri e sono in tanti a lasciare il nostro Paese proprio per questa ragione».

Il sottosegretario poi valorizza lo spirito di adattamento degli imprenditori stranieri che sanno piegarsi agli scenari della crisi con più facilità e con più immediatezza sanno trovare soluzioni, anche se si perpetua un lavoro a singhiozzo che  rende faticoso il competere e questo anche sul piano abitativo. Perché è vero che le case sono diventate, almeno nelle metropoli, beni di lusso, ma è altrettanto vero che per gli stranieri i costi sono proibitivi anche per i loro stipendi, un quarto in meno di quelli italiani con un affitto superiore di un quinto.

Ora si scende in piazza, ma l’unica voce non può essere solo quella di chi la alza più forte, anche in politica: i problemi della periferia restano problemi per gli italiani e per i non italiani, gli episodi di criminalità feriscono entrambi, ma i pregiudizi e la non conoscenza non possono arginare o bloccare un potenziale serbatoio di sviluppo che a fronte di diritti fa dimenticare i doveri: lo ius soli è uno di questi, per ripensare anche il nostro percepirci italiani.

 

 

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