Travolte dalla piena
Il 16 novembre scorso un’ondata di maltempo si è abbattuta su tutto il Nord Italia. Era un sabato e a Sondrio, quel giorno, alcune gen 3 e gen 4 (le ragazze e bambine del Movimento dei focolari) avevano in programma una festa nel pomeriggio. Quell’appuntamento lo stava aspettando da tempo anche Alice Negrini, 8 anni, che per l’occasione aveva invitato alcune amiche. Sarebbe andata a prenderle in macchina con la sua mamma Cinzia. Qualche telefonata tra mamme e la decisione era stata presa. A quella festa, però, Alice e Cinzia non sono mai arrivate. Sono partite da Carolo, una piccola frazione di Ponte in Valtellina, con la loro Citroën verde, dirette prima in paese, dove le attendeva una delle amiche, e poi a Sondrio; ma a poche centinaia di metri da casa una massa di pietre e terra, franata dal vicino monte Sazzo, le ha travolte e scaraventate nell’Adda. Da giorni Alice aveva il desiderio di partecipare a quell’incontro; ogni volta che vedeva Agnese, la comparrocchiana che l’aveva invitata, le diceva: “Ci vengo sabato, ho invitato anche le mie amiche”. Aveva conosciuto le gen 4 un anno prima partecipando a una loro festa a Sondrio, invitata proprio da Agnese. Ne era stata felice: “Anche se non conosceva le altre bimbe, perché quello era per lei il primo incontro – spiega Ja-è, la focolarina che segue le gen 4 della Valtellina -, si è messa subito a fare amicizia con tutte e quando la festa è finita è rimasta ad aiutare per rimettere a posto la sala. Ha preso i sacchetti più pesanti e, anche se faceva una gran fatica, ce la metteva tutta. Era sempre pronta ad amare per prima senza misurare le sue forze. L’ultima volta che ci siamo viste ad un incontro, nell’ottobre scorso, mi ha fatto vedere il suo astuccio nuovo con le matite e i pennarelli belli: li aveva portati per usarli insieme alle altre bambine e disegnare con loro “. Anche le persone che vedevano Alice all’opera in parrocchia la ricordano come una bimba particolarmente allegra e generosa: “Quando la vedevo aggirarsi in chiesa – spiega Alma, una di loro – mi colpiva la sua grande disponibilità, mi sembrava una bambina sempre nell’amore: per fare solo un esempio, alla fine della messa era lei a prendere l’iniziativa per raccogliere i libretti. E poi con quale attenzione e fedeltà partecipava alla recita del rosario. Fin da piccolina veniva sempre quando lo si diceva insieme in chiesa e partecipava in un modo inconsueto per una della sua età”. Probabilmente questo amore per il rosario, questo desiderio di affidarsi a Maria, lo aveva ereditato dai suoi genitori: la mattina dopo la scomparsa di Cinzia e di Alice nell’Adda, Francesco, il papà, intorno alle 8 ha chiesto che gli venisse aperta una chiesetta: “Devo recitare il rosario”, ha detto. La chiesa però non si poteva aprire, e lui lo ha recitato per tutto il giorno a casa sua. La vita spirituale di Francesco, Cinzia e Alice Negrini era nota a parenti, amici e conoscenti. Scrive un cronista del Corriere della sera: “Tutta la famiglia viveva la fede con un’intensità fuori del comune, con la passione di chi ne fa non un rituale vuoto, ma una ragione di vita Sono sempre presenti in parrocchia. La mamma si appassiona al movimento fondato da Chiara Lubich, ifocolarini, laici che “si donano a Dio””. L’incontro di Cinzia con il Movimento dei focolari era avvenuto poco tempo prima, era stata a un raduno della comunità valtellinese e ne era uscita entusiasta e desiderosa di saperne di più. Ecco perché per la festa di quel sabato 16 novembre aveva contattato lei le altre mamme, offrendosi di accompagnare le bambine. Lei invece si sarebbe fermata a un incontro organizzato fra genitori. La partecipazione alla vita dei Focolari si andava così ad aggiungere all’intenso impegno in parrocchia. Con costanza Cinzia cantava nel coro, e l’anno scorso era entrata a farne parte anche Alice, partecipava alle celebrazioni e alle riunioni di programmazione delle attività. Insomma, una famiglia che aveva con Dio un rapporto privilegiato: “Adesso siete in cielo insieme a colui che avete testimoniato mentre eravate in vita” ha letto una parrocchiana al funerale. “Ascoltava con una attenzione particolare – racconta ancora Ja-è parlando di Alice -, era come incantata quando parlavo di Gesù. Durante un incontro ho chiesto alle bambine chi erano per loro le gen 4. Alice ha alzato la mano e mi ha detto: “Sono le bambine che vogliono amare Gesù”. Quella risposta mi ha fatto capire che lei era già preparata, perché io non avevo detto quella frase”. Alice stava parlando in quel momento dell’amore che lei stessa aveva per Dio: lei per prima era una che “voleva amare Gesù”. Sulla porta del frigorifero, in casa Negrini, dopo l’incidente di quel sabato pomeriggio è stato trovato un suo bigliettino: “Io amo Gesù. Amare Dio è bellissimo”, c’era scritto, e sembrava proprio un testamento. Durante l’omelia al funerale il vescovo Maggiolini ha sottolineato come a quel foglietto Alice avesse voluto dare la solennità di un atto notarile: oltre alla firma normale, infatti, c’era anche la firma “ufficiale”, quella che tutti i documenti seri prevedono. Alice aveva preso l’amore a Dio davvero sul serio. Il giorno in cui l’Adda se l’è presa, insieme alla sua mamma, era andata dal papà prima di uscire, piena di entusiasmo per l’incontro che l’aspettava. Lui le ha detto: “Mi raccomando, devi vestirti bene!”. Lei così ha fatto: si è presentata bellissima all’incontro con Gesù.