Costruire l’Impero, creare l’Europa

Una grande mostra a Roma celebra, a 1900 anni dalla morte, Traiano, l’optimus princeps che portò l’impero romano alla sua massima espansione

Un’unica moneta, un unico diritto, la stessa lingua: il latino e il greco per 5 milioni e 400 mila chilometri quadrati. Il sogno degli Stati Uniti d’Europa è già stato realtà sotto l’Impero romano che includeva territori anche in Africa, Medio Oriente e Asia. Politica, economia, welfare, conquiste militari , inclusioni di popolazioni diverse per costumi, culture, religioni, culture, sotto un unico Stato, campagne di comunicazione e capacità di persuasione per ottenere il consenso popolare attraverso opere di pubblica utilità. Non è il programma di qualche partito politico illuminato e con ancora una visione lungimirante, a parte le guerre romane, ma la traccia della mostra Traiano. Costruire l’Impero, creare l’Europa per i 1900 anni dalla morte dell’imperatore che ha portato l’Impero alla sua massima espansione.

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L’esposizione ospitata dai Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali fino al 16 settembre 2018 mostra la vita e le opere di un grande imperatore, sia per i suoi contemporanei sia per gli storici moderni, non a caso definito optimus princeps, ovvero il migliore tra gli imperatori. Colui che «seppe riportare gioia tra i romani»– come ricordato dallo storico Plinio il Vecchio, suo contemporaneo – «Traiano ci ha ordinato di essere felici e noi lo saremo».

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Traiano è il primo imperatore non italico, nato a Italica, in Spagna vicino all’attuale Siviglia, il 18 settembre del 53 d.C., morto in Cilicia, l’odierna Turchia, l’8 agosto del 117, per edema polmonare o infarto cardiaco. Non appartiene a nessuna dinastia imperiale ma all’ottima famiglia Ulpia. Segue le orme paterne e percorre tutti i gradi della carriera militare dimostrando doti di grande stratega. Non solo per questo l’imperatore Nerva lo adotta come successore ma perché vede in lui la capacità di affrontare nodi spinosi come le riforme sociali ed economiche.

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Marco Ulpio Traiano prima diventa console, poi governatore della Germania e alla fine del I secolo, nel 98 d.C., subito dopo la morte del padre adottivo, imperatore, eletto dai senatori, con tutti i crismi di legge. Non per dinastia, ma per merito.

La mostra, da gustare con calma, ci vogliono almeno due ore, si snoda nel panorama unico dei Fori romani, nei magnifici Mercati di Traiano, con vedute mozzafiato e meraviglie senza tempo. La storia di Traiano si sviluppa attraverso statue, ritratti, decorazioni architettoniche, calchi della colonna Traiana, monete d’oro e d’argento, modelli in scala, documentari. Tra le chicche presenti escono per la prima volta dai depositi del Museo del Foro di Traiano una mano colossale e il profilo di una sconosciuta testa ritratto dell’imperatore. Altra novità, proveniente dai Musei Vaticani, due lastre del fregio con Amorini e grifoni. Tra i prestiti eccellenti gli splendidi stucchi dorati della villa dell’imperatore presso Arcinazzo romano, mentre dei video ricostruiscono gli ambienti sotterranei della casa dell’imperatore sull’Aventino e del condotto dell’acquedotto traianeo che portava l’acqua del lago di Bracciano a Trastevere.

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Straordinari sono i calchi della Colonna Traiana dell’800 che mostrano la storia delle guerre di Traiano in Dacia in 155 scene con 2662 figure. Un particolare, fateci caso, ogni scena è divisa dall’altra da un albero che segna l’inizio di un nuovo episodio che altrimenti sembrerebbe senza soluzione di continuità.

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Il percorso espositivo si snoda in 7 sezioni. Comincia dalla morte di Traiano, prosegue con le campagne in Dacia, l’attuale Romania, le grandi opere da lui realizzate in tempo di pace, il ruolo delle donne in famiglia, fino alla figura di Traiano dopo l’antichità, il “più cristiano” tra i pagani. Molte le opere architettoniche mostrate, dal famoso ponte sul Danubio, lungo più di mille metri, ai Mercati e il Foro di Traiano.

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Tra le curiosità, una sezione dedicate alle anfore. L’enorme quantità degli esemplari giunti a Roma per rifornire il mercato urbano è testimoniato dall’impressionante discarica di Monte Testaccio, detto “il Monte dei Cocci”, una collina artificiale formatasi quasi esclusivamente, tra il I e il III secolo d. C., con i frammenti delle anfore vicino al porto fluviale su Tevere. Il nome del quartiere Testaccio deriva dal termine latino testae, ossia “cocci”. Dei cocci che ancora hanno da dirci.

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