Traffico di bambini nelle case di Madre Teresa?
Dagli inizi di luglio la Congregazione delle Missionarie della Carità fondata da Madre Teresa è al centro di un caso che sta assumendo contorni inquietanti. La questione riguarda una delle comunità delle suore dal sari bianco con le righe azzurre da tutti conosciute come le suore di Madre Teresa. A Ranchi, nello stato indiano del Jharkhand, noto come il centro della cultura tribale degli adivasi – gli abitanti tradizionali del sub-continente indiano -, molti dei quali si sono convertiti al cristianesimo negli ultimi 120 anni, la polizia ha arrestato una dipendente di un ospedale gestito dalle Missionarie della Carità e posto sotto custodia due suore. Una di esse e stata poi rilasciata mentre la superiora è stata trattenuta. L’accusa è grave: il centro avrebbe venduto dei bambini. La notizia è stata dapprima pubblicata dal quotidiano The Indian Express, che sosteneva che le tre donne avrebbero sottratto i neonati a madri single per poi rivenderli ad altre coppie. La reazione della congregazione è stata immediata. Sr. Mary Prema, seconda superiora della congregazione dopo Suor Nirmala, ha subito affermato: «Siamo completamente scioccati da quanto è avvenuto in una delle nostre case. Tutto questo non sarebbe mai dovuto accadere».
Le tre donne hanno ricevuto un avviso di garanzia e sono state iscritte al registro degli indagati per aver contravvenuto alla sezione 370 del Codice penale indiano, che punisce coloro che promuovono il traffico di esseri umani. La testata indiana ha fin da subito affermato che “sono state raccolte prove evidenti contro una delle suore, che potrebbe essere arrestata presto”.
Il caso era emerso durante un’ispezione da parte del Child Welfare Committee (Cwc) di Ranchi che regolarmente procede a ispezioni e controlli delle varie istituzioni che si occupano di istituti come quello delle suore di Madre Teresa che “accoglie madri single che non hanno altri posti per partorire”. In uno dei controlli un ufficiale del CWC ha affermato di “aver scoperto che un neonato era sparito”. Insospettiti, gli assistenti sociali hanno interrogato le suore: alla fine una di loro ha raccontato che il piccolo era stato portato via dalla madre dopo essere stata dimessa dalla struttura. Attorno alla dichiarazione si sono susseguite poi una serie di notizie e contro informazioni. Fra queste, l’attivista Baidnath Kumar riferiva a The Indian Express che le suore di Madre Teresa hanno interrotto le adozioni in tutta l’India nel 2015 [per evitare che i bambini venissero dati in affido a genitori single o divorziati, ndr]. «Ma nel 2016 sono venuto a sapere – afferma – che alcune persone hanno visitato l’orfanotrofio di Ranchi dove hanno trovato diverse madri che chiedevano notizie dei propri bambini nati nella struttura, mai più rivisti dopo il parto». Attorno all’accavallarsi delle notizie e illazioni, suor Prema ha affermato con chiarezza che quanto accaduto «va contro le nostre convinzioni morali. Stiamo verificando con attenzione l’episodio. Adotteremo tutte le necessarie precauzioni affinchè non accada mai più»”.
La questione negli ultimi giorni ha assunto toni chiaramente politici, con la decisione dell’ on. Maneka Gandhi, ministro per lo sviluppo della donna e del bambino, di chiedere alle autorità locali di tutti gli Stati di “ispezionare subito in tutto il Paese ogni casa per la cura dei bambini gestita dalle Missionarie della Carità”. Allo stesso tempo la Conferenza episcopale indiana ha affermato il sospetto che “alcune persone” vogliano sminuire l’opera delle suore. Lo stesso Chief minister del West Bengal, l’on. Mamata Banerjee, la primo ministro dello stato che ha accolto la nascita della congregazione e che si identifica con Madre Teresa, Kolkata, ha accusato in modo diretto il Bjp, il partito nazionalista indù. Proprio Mamata Banerjee, ammiratrice della santa di Kolkata, giorni fa in una conferenza stampa ha dichiarato che «le Missionarie della Carità fondate da Madre Teresa sono famose in tutto il mondo. Se alcuni individui hanno fatto qualcosa di sbagliato, non si può ritenere responsabile l’intera organizzazione». In precedenza, in un tweet aveva anche detto che il caso era un tentativo di malignare contro le suore. «Il Bjp [il partito nazionalista indù, ora al potere] non vuole risparmiare nessuno. È da condannare con forza».
Negli ultimissimi giorni Suor Prema ha rilasciato una dichiarazione ufficiale nella quale afferma fra l’altro: «Siamo profondamente rattristati e addolorati per i recenti sviluppi avvenuti presso la casa delle Missionarie della Carità, la Nirmal Hriday nella East Jail Road a Ranchi. Mentre esprimiamo la nostra piena fiducia nel processo giudiziario che è in corso, desideriamo esprimere rimpianto e dispiacere per quanto avvenuto e desideriamo esprimere in modo inequivocabile la nostra condanna per azioni individuali che non hanno nulla a che fare con la congregazione delle Missionarie della Carità». La superiora generale della congregazione ha tenuto a chiarire, comunque, che «specie in vista dei molti miti diffusi, informazioni distorte e notizie false che vengono diffuse, insieme a allusioni infondate che vengono lanciate riguardo alle suore di Madre Teresa, è importante stabilire la serie di eventi come sono effettivamente accaduti».
Probabilmente per questo motivo, suor Prema ha ritenuto opportuno ricostruire quanto avvenuto, ricordando come il 29 giugno, dopo aver sequestrato tutti i registri di ammissione delle ‘madri single’, i rappresentanti della Protezione dei bambini e altri membri del Social Welfare si siano concentrati su una delle madri che aveva dato alla luce il suo bambino il primo maggio 2018. Dopo il parto, la signora ha dichiarato di aver consegnato il suo bambino al CWC, accompagnata da due collaboratrici delle suore, che non hanno avuto modo di assicurarsi che il neonato fosse affidato alle autorità competenti. D’altra parte, sottolinea la superiora generale della Congregazione, proprio questi uffici governativi, dopo aver ottenuto la custodia di un bambino figlio di una madre single, normalmente non forniscono alcuna attestazione alla casa. La collaboratrice dell’istituto ha ammesso di fronte all’ autorità giudiziaria di non aver consegnato il bambino al CWC. Solo dopo questa ammissione il neonato sarebbe stato finalmente affidato agli uffici del CWC. Ammettendo il fatto, nei termini appena espressi sembrerebbe che responsabile dell’atto sia un membro del personale del centro.
La storia, comunque, presenta altri risvolti. Infatti, suor Prema ha espresso sgomento per il fatto che «la sera del 4 luglio 2018, senza presentare alcuna notifica, il CWC e la rappresentante dell’Ufficio per la protezione dei bambini ha portato via le 11 madri single, una madre single con il suo bambino e un custode della casa. Quelle donne sono state soggette a profonda umiliazione e alla pubblica vergogna, essendo state trascinate all’esterno davanti a molti media». Non solo. Ha rivelato che anche i bambini sono stati oggetto di azioni esagerate nel nome della legge. «Per ragioni sconosciute, il 6 luglio 2018, la nostra casa di Shishu Bhawan a Hinoo ha subito un raid da parte della polizia e del CWC. I 22 bambini ospiti della casa sono stati portati via dal CWC, compreso un bambino di un mese. Durante la custodia presso il CWC, uno di questi bambini si è ammalato in modo grave e ricoverato in cura intensiva al Rani Hospital».
Suor Prema conclude la sua dichiarazione affermando che «la congregazione delle Missionarie della Carità si impegna a continuare il proprio servizio per i più poveri dei poveri con cuore e a titolo gratuito, servendo i bisognosi e i vulnerabili anche fra le critiche infondate e senza precedenti che dobbiamo fronteggiare oggi. Abbiamo piena fiducia nella legge e nelle corti, nelle inchieste delle autorità e crediamo che la giustizia prevarrà».