Tradurre i Salmi: Brullo batte Ceronetti

La versione di Brullo «ben spesso prevale». Lo afferma nella sua recensione il giornalista e critico letterario Cesare Cavalleri su  Avvenire del 12 ottobre
Davide Brullo
di Cesare Cavalleri

 

«Il confronto, inevitabile, è con la traduzione di Guido Ceronetti, ma la nuova versione curata da Davide Brullo (I Salmi, Città Nuova, pagine 340, euro 18,50) tiene testa egregiamente e ben spesso prevale. Si tratta, in entrambi i casi, di traduzioni letterarie, senza pretese di interpretazioni teologiche, con la differenza che Ceronetti è dichiaratamente gnostico, mentre Brullo è credente; l’uno e l’altro, in ogni caso, considerano rispettosamente i Salmi libro di preghiera. Dal Libro dei Salmi, scrive Ceronetti, «si può non uscire credenti e pii; impossibile non uscirne pensanti, trafitti da tre spade, il pensiero dell’uomo, del deserto, di Dio».

 

«E Brullo, splendidamente: "I Salmi sono di Davide. Non importa se non tutti sono assegnati a lui, se il re probabilmente non ne ha scritto di suo pugno neppure uno: i Salmi sono di Davide. Del re umano, troppo umano, e perciò debole. Del saggio e dell’adultero, del compassionevole e dell’omicida: Davide giostra la cetra e la fionda, come Apollo l’arco e la lira (la parola taglia, frattura, è sempre violenta, nasce per ferire)". Il primo corpo a corpo di Ceronetti con i Salmi è del 1967 (Einaudi); il rifacimento definitivo è del 1985 (Adelphi). Anche Brullo si era cimentato con il testo nove anni fa: allora i Salmi gli avevano "dato la parola, incannata in gola"; "Questa volta – spiega – esco dalla steppa stupefacente in silenzio". Ceronetti si basa sul Testo Massoretico; Brullo, buon conoscitore dell’ebraico, non si attarda a spiegare le fonti; entrambi, però, hanno ben presente la Vulgata: "Appoggiandomi al bastone di Girolamo" (Brullo); e Ceronetti, che considera il latino del grande Dalmata superiore al greco dei Settanta, considera la Vulgata «uno dei più intensi tramonti d’anima da cui dire Occidente riceve senso"».

 

«Qualche confronto ravvicinato? Dal Salmo 8: «Vedo i tuoi cieli / Atto delle tue dita / Luna e pianeti da te formati/ E l’uomo che cos’è? / Ne hai tu memoria? / Quali notizie hai / Dei figli d’uomo tu? / Eppure poco gli manca / a essere divini / Perché c’è la tua Gloria / Il tuo Lume a fasciarli» (Ceronetti). «Vedo i cieli / gesti delle tue dita / lune e astri che hai fissato // cos’è l’uomo per fissarne memoria? / cosa il figlio dell’uomo per abitarlo? / un breve scarto di fronte agli dèi / gloria e luce lo aureola» (Brullo). Dal Salmo 142: «Ti lancio questo mio grido Signore / – Tu il mio Rifugio tu! – / Sulla terra dei vivi sei per me tutto» (Ceronetti); «Latro a te IHWH dico / tu sei il rifugio / il mio destino / nella terra dei vivi» (Brullo).

 

«E il De profundis (Salmo 130) è così reso da Ceronetti: «Dall’infimo ti chiamo o Signore»; mentre Brullo ancora geme: «Dal pozzo sconfinato latro a te IHWH». Il Miserere (Salmo 51) in Ceronetti diventa: «Grazia di Dio pietà di me! / Raschia via le mie colpe / Detergimi di ogni macchia / Ridammi la purità dopo il peccato».

 

E Brullo: «Graziami Dio mio / per il tuo amore / per la pietà immane / azzera le mie colpe / sgrassa il peccato / raspa la perversione». Non si finirebbe più di citare, ma questa campionatura può forse bastare per riaffrontare l’«incircoscrittibilità del Libro» (Ceronetti), ascoltando Davide Brullo: «Mi aggrappo ai Salmi, la sera – è verde e viola, poi blu, qualcuno ha aperto la diga della notte – e la mattina albina, nuda. I Salmi sono un ponte di corda, ondeggi, spesso cadi. A volte incastrano i piedi, altre ti spremono la gola, l’ultimo fiato, quella parola che non cadrà mai – l’unica che può trapiantare il senso da quell’era a questa, da quel deserto al mio, metallico, stilizzato, convesso. I Salmi mi irrigidiscono la spina dorsale, la cementano la accordano, per quel giorno sono un uomo. Non consolano, non fortificano, non insegnano nulla, mi rammentano cos’è l’uomo».
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