Tra troppi soldi e troppo pochi
Mi ha fatto impressione stamani leggere della vendita di una delle quattro copie originali dell’opera d’arte che più ha saputo rappresentare la disperazione, L’urlo di Edward Munch, attribuita ad un anonimo avventore per la modesta cifra di 120 milioni di dollari da Sotheby’s, a New York (nella foto).
E altrettanta me ne ha fatta la vicenda del disperato vivente di Romano di Lombardia, che ha tenuto in ostaggio per sei ore degli impiegati della locale sede dell'Agenzia delle Entrate. Storie di disperazione: L’urlo d’oro paradossalmente racconta meglio d’ogni altro modo la disperazione, anche quella di chi non ha più soldi.
È ovvio, la questione della disperazione indotta dalla crisi economica ha bisogno di risposte politiche, ancor prima che economiche. Ma la situazione è grave, con i partiti che sono riusciti ancora una volta a posticipare ogni decisione sul finanziamento ai partiti (anche quello d’oro), scavando ancor più il fossato che li separa dalla gente, dalla realtà sociale italiana. Mentre non si capisce che la più grave malattia del Paese è l’invecchiamento, che sta riducendo ogni margine di manovra: non si crea, non si produce, non si trovano risorse umane adatte a tirarci fuori dalle secche, non si capisce che chi ha deve rinunciare a qualcosa per dar lavoro a quel 36 per cento di giovani che non lavorano che potrebbe tirarci fuori dal baratro assieme alla gente che viene da fuori e che contribuisce al nostro sistema pensionistico.
Tutto vero, la politica deve rispondere. Ma l’uomo misericordioso, il credente, il cristiano, l’uomo di buona volontà si deve fare carico della disperazione dell’altro, cercando di trovare la soluzione per quel caso concreto che incontra sulla sua strada.
Universale e particolare non sono incompatibili.