Tra la terra e il cielo
Un film consigliato a quanti provano il fascino dell'India, dei suoi colori, della luce, dei costumi, delle case lungo il Gange, povere ma belle, di quell'atmosfera antica e magica. È stato girato, in collaborazione con la Francia, dal giovane regista indiano Neeraj Ghaywan, che è riuscito a rappresentare la tradizione culturale, le contraddizioni di quel mondo e, allo stesso tempo, la spinta al nuovo.
Due giovani si innamorano, e poi anche altri due, senza il permesso dei genitori e al di fuori delle regole consentite dalla tradizione e dalla diversità delle caste. Incontrano gravi difficoltà e due muoiono. Alla fine, i due rimanenti finiscono per conoscersi. Una storia sentimentale e commovente; ma non c’è da temere: non si tratta di una delle solite pellicole di Bollywood. Se ne distingue per l'equilibrio, l'essenzialità dei dialoghi e le speranze che l’animano.
I giovani protagonisti sono simpatici, semplici, non immaturi e, afflitti da vicende assai dolorose, sanno riprendersi, puntando a prospettive nuove rispetto a quelle tradizionali e assumendo comportamenti simili a quelli dei popoli occidentali. C'è una bontà d'animo di fondo e una sanità, che rappresentano forse il meglio della società indiana, presente anche in molti adulti celato dai modi bruschi. Ed è costantemente presente l’idea della morte, dato che Benares, il paese di ambientazione, ha come principale attività quella della cremazione dei morti, le cui ceneri vengono poi disperse nelle acque del Gange.
Per queste ragioni il lavoro è stato apprezzato a Cannes 2015. Il regista ha detto di sentirsi influenzato dal cinema europeo, in particolare da quello di Haneke e dei fratelli Dardenne, ma che ha voluto ritrarre i modi di vivere caratteristici dell’India, in piena mutazione, dove i giovani parlano dei loro sogni, pur sentendosi prigionieri in una trappola socio-economica con un’impronta profondamente patriarcale e misogina. Ed egli ha inteso raccontare una storia di maturazione dei caratteri, nella quale il dolore può avere un ruolo positivo e non porta necessariamente alla disperazione. Ha ricordato che Benares è conosciuta come "la città della morte" e che chi vi muore si dice troverà la salvezza. Per questo ha ritenuto fosse fondamentale ambientarvi il film.