Tra Kavakos e Dvoràk

L'Accademia di Santa Cecilia e l'Auditorium di via della Conciliazione regalano a Roma serate di intense emozioni
Leonidas Kavakos

La settimana romana, all’Accademia di Santa Cecilia, del grande violinista greco – ora anche direttore – Leonidas Kavakos è  un'occasione da non perdere. Superbo con l’archetto e bravo con la bacchetta. Nel Concerto in re magg. "K. 218" di Mozart il suo Stradivari 1724 ha brillato più che per forza per gentilezza. La tendenza di certi solisti a forzare il suono con il vibrato, Kavakos sembra ignorarla a favore di una cantabilità espansa, di una levità ritmica, di quella grazia gioiosa che in questo  Concerto sin dallo squillo iniziale percorre tutta la partitura. È un Mozart giovane e sereno che dona nell’"Andante cantabile" uno di quei momenti lirici che solo lui è capace di trasmettere come un incantamento: il violino di Kavakos canta che è un piacere dei sensi e dell’anima l’ascoltarlo. Non si è retorici affermando che Mozart, e Kavakos lo sa bene, offre spunti contemplativi di rara bellezza.

All’Auditorium di via della Conciliazione altri toni e altri timbri. Il Beethoven della "Quarta Sinfonia", una pausa (di quelle beethoveniane, quindi irrequiete) tra la "Terza" e la "Quinta" e la trionfante Sinfonia “dal Nuovo Mondo” di Dvoràk. Bisogna dire che l’Orchestra Sinfonica di Roma è davvero cresciuta, grazie alla cura del direttore Francesco La Vecchia e alle incisioni discografiche, fra cui quelle dedicate al quasi sconosciuto sinfonismo italiano.

La sinfonia di Dvoràk, è noto, coagula le impressioni che il musicista boemo ebbe durante il suo viaggio americano. Temi anche indiani, senso di potenza e di gloria, sentimenti di epopea selvaggia la ripercorrono da cima a fondo con una raffinatezza di colori che la rende tuttora popolarissima. E quindi, difficile da eseguire, per il rischio della retorica e delle superficialità.

L’esecuzione  è stata invece davvero stupenda: lo squillo dorato degli ottoni, senza minime incrinature,  la pastosità morbida dei corni, il velluto degli archi gravi e la bellezza liquida del corno inglese accanto alle impennate violinistiche hanno dipanato un quadro del mondo americano, allo stato puro, di sole e di notturni, di frenesia e di pace, come un affresco ricco di luce e di colore. Una direzione appassionata e precisa ha fatto del concerto un evento. Concerti ogni domenica alle 17.30 e il lunedì alle 21.00.

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