Tra Beethoven e Berlioz

La stagione dell’Orchestra Sinfonica di Roma. La vivacità dei colori, il ritmo gioioso e frenetico, l’onda malinconica di Berlioz, il superomantico. Virtuosismo, calore, tristezze e dolcezze indefinibili, gioia non pesante per il quarto concerto di Beethoven.
Berlioz

Anche se era l’ultimo brano in programma, ossa il celebre Carnevale Romano di Berlioz, ne parliamo per primo. Il motivo è semplice. Berlioz non è autore troppo eseguito, eppure la sua fantasia orchestrale è magnifica. Questo brano “di colore” con la melodia cantabile del corno inglese, le danze  degli archi  spiritose dice del clima del carnevale romano dell’Ottocento – visto attraverso gli occhi di un francese, e del francese acuto quale era Berlioz – è stupendo. La vivacità dei colori, il ritmo gioioso e frenetico, l’onda malinconica, ecco Berlioz, il superomantico, è tutto qui. Un brano da gustare da cima a fondo.

Retrocedendo nel programma, il direttore Francesco La Vecchia ha proposto il Concerto per orchestra n. 1 di Goffredo Petrassi, uno dei maestri del Novecento. Lo stile di questo autore prolifico è facilmente individuabile: tinte ombrose nel primo tempo, sonorità squillanti, fulmini e fiamme ma anche una malinconicissima tenerezza. È musica che parte dal cervello e arriva – a differenza di altra musica del secolo scorso – al cuore. Petrassi non si vergogna di piangere, scherzare, vagare divertirsi e chiudere con decisione. Questo concerto non è una esercitazione di stile, ma una riflessione di momenti esistenziali.

Tocca poi a Beethoven. Il suo quarto concerto per piano e orchestra, per chi scrive, è il migliore dei cinque. Virtuosismo, calore, tristezze e dolcezze indefinibili, gioia non pesante (il che è tutto dire in Beethoven). Insomma, una creazione che prende e sorprende, sempre. La pianista Hyejin Kim ha una tecnica eccellente, è precisa, scandisce il ritmo con esattezza, segue bene l’orchestra che il direttore rende sfumata, morbida e decisa (violoncelli e  legni sono sempre caldi e luminosi).

Purtroppo, a mio parere, l’eccellente pianista, così impegnata a non sbagliare, rischia di trascurare le sfumature con un tocco preciso ma duro: nessun tempo “rubato”, poca luce e poca morbidezza. Consiglieremmo  alla bravissima  pianista di lasciarsi  un poco andare. Siamo nel pieno romanticismo, gentile signora dell’Oriente!

Per il resto, uno dei più bei concerti ascoltati all’Auditorio di via della Conciliazione.

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