Caso Totti, minori e giornalismo secondo la Carta di Treviso
Minori e media. La notizia ha tenuto banco per alcuni giorni. Il settimanale “Gente” ha pubblicato in copertina le immagini della famiglia di Francesco Totti in vacanza. L’articolo evidenziava tra l’altro le fattezze fisiche della figlia tredicenne, di cui veniva citato il nome, ma oscurato il volto, e la si definiva «la gemella di mamma Ilary». L’articolo non è piaciuto alla famiglia Totti che ha decisamente espresso le proprie rimostranze per aver messo «in copertina il lato B di mia figlia minorenne senza curarsi del problema sempre più evidente della sessualizzazione e mercificazione del corpo delle adolescenti».
Altre proteste sono arrivate dal Moige (Movimento Genitori) e da una miriade di associazioni, ma, nei social, anche di giovani e genitori scandalizzati. Il Moige ha segnalato l’episodio all’Ordine dei Giornalisti. «E’ inaccettabile e perverso – afferma Elisabetta Scala, del Moige – pubblicare sulla copertina di una rivista l’immagine di una tredicenne con il suo lato B in evidenza; peraltro facendo esplicito riferimento a esso e a quanto somiglia a quello della madre, non c’è dubbio in proposito perché il viso invece è coperto per “tutelare” l’identità della minore».
Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Carlo Verna, segnalerà l’episodio al collegio di disciplina. È intervenuto anche il Garante per la Privacy. Il giornale ha subito giustificato. Il direttore Monica Mosca ha spiegato che «si è voluto semplicemente ritrarre la famiglia Totti in un momento di normalità. In alcun modo, ovviamente, abbiamo mai inteso uscire da questo obiettivo» ed ha ribadito che il giornale vuole «valorizzare le donne e più in generale sostenere i valori della famiglia».
Il dibattito si muove su più filoni, ma con un unico “fil rouge”. Ed un interrogativo pressante: quale tutela oggi in Italia per i minori? Come viene applicato il Codice Deontologico dei Giornalisti che comprende, come parte saliente, la Carta di Treviso ?
E oggi, quanto è nota e quanto è applicata dai giornalisti la Carta di Treviso?
«La Carta di Treviso è attuale più che mai – commenta Tiziano Toffolo, uno dei promotori del documento che, dal 1990, costituisce il “faro” ed il punto di riferimento dei giornalisti italiani in materia di diritto dei minori – c’è in atto, e forse non è mai cessato, un tentativo di mercificazione del corpo dei minori che è molto subdolo e pericoloso. Leggendo di questa vicenda, ma anche di altre, in cui viene celato il volto del minore ma, in realtà, lo si rende riconoscibile, mi sono chiesto: “Vuoi vedere che nella Carta di Treviso ci siamo dimenticati qualcosa? Magari che dovevamo precisare che bisognava non solo tutelare il volto e l’immagine del minore, ma magari anche altre parti del corpo?». Ironia voluta a parte, Toffolo ha colto nel segno.
Toffolo rievoca gli anni in cui nacque la “Carta di Treviso”. In quel periodo, egli abitava nella città veneta, lavorava a “Il Gazzettino” e poi al Corriere della Sera. Oggi si è trasferito in Sicilia.
«La Carta – ricorda – nacque grazie ad un’iniziativa di Associazioni trevigiane, in particolare femminili. Era il 1990: in quegli anni, balzò agli onori della cronaca il caso di una bambina di origini filippine (Serena Cruz) che era stata adottata illegalmente da una famiglia di Torino. Il Tribunale era intervenuto e l’aveva affidata ad un’altra famiglia che l’aveva poi adottata. Ma la stampa continuava ad occuparsi del caso ed a fornire nome e foto. I genitori adottivi si sono ribellati: ritenevano che, in quel modo, veniva violata la privacy ed i diritti di una minore che, a quel punto, era la loro figlia. Il caso fece discutere. A Treviso, su forte sollecitazione delle associazioni di volontariato, l’Ordine nazionale dei Giornalisti, la Federazione nazionale della Stampa, in collaborazione del Telefono Azzurro, organizzarono un convegno dal titolo “Da Bambino a notizia, i Giornalisti per una cultura dell’infanzia”, sotto l’Alto Patrocinio del Presidente della Repubblica. In una notte, tra il 4 e 5 ottobre, nacque l’idea di un documento etico che desse delle regole per il vasto mondo dei media. Dopo il convegno, ecco la “Carta di Treviso”».
E poi?
«Nel 1995 si organizzò un convegno a Treviso e Venezia. La “Carta” andava rivista. Ciò che all’inizio era solo un documento di principi, doveva essere completato e divenire un vero e proprio “Codice etico”. Mancava la parte attuativa. L’Ordine, inoltre, assunse l’impegno di far si che essa diventasse materia di studio per l’esame di ammissione alla professione. Nel 2006 è intervenuto un nuovo aggiornamento: si era già entrati nell’era di internet ed era necessario che la Carta ne tenesse conto, per una più corretta informazione alla luce dei nuovi mezzi di informazione. Il nuovo testo, dopo l’approvazione del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti, è stato recepito dal Garante per la protezione dei dati personali che il 26 ottobre 2006 ne ha disposto la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.
La Carta di Treviso quindi ha avuto la massima ufficializzazione per l’applicazione del codice deontologico dei giornalisti ed è l’unica “carta etica” ad essere inserita all’interno di una normativa deontologica pubblicata sulla Gazzetta ufficiale. Inoltre, nel 2007, una delegazione dell’Ordine dei Giornalisti l’ha presentata alle Nazioni Unite, in occasione dell’anniversario della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
Una storia che si proietta nel presente a pochi giorni dallo storico “trentennale” che cadrà nel mese di ottobre.
«La Carta di Treviso – precisa Toffolo – non è nata per oscurare il volto dei bambini, è nata per tutelare i bambini e per promuovere una “vera” cultura dell’infanzia e dell’adolescenza. I minori non sono soltanto “gli uomini di domani ma titolari di autentici diritti soggettivi ”. Non basta un volto pixelato per tutelare un bambino! Questo deve essere un principio ben chiaro, la Carta vuole tutelare l’infanzia violata da un’inutile e pericoloso sensazionalismo, gravissimo come nel caso della copertina di Gente, quando diventa anche sfruttamento dell’immagine a fini di “sessualismo e mercificazione”. Quando è stata pensata, abbiamo scritto, fin dal primo testo, nella premessa, che essa era “patrimonio del mondo dei giornalisti e dei comunicatori”. Fin dall’inizio si è pensato anche al vasto mondo della pubblicità, che spesso utilizza il bambino come un mero “testimonial efficace a soli scopi commerciali”, senza rispettarne la personalità. Oggi, dopo trent’anni, essa deve sempre di più essere considerata attuale: deve diventare patrimonio del mondo delle professioni dei comunicatori. Ma soprattutto patrimonio delle famiglie, a cui sta a cuore la vita dei loro figli e la loro crescita serena. La tutela ed il rispetto dei minori deve essere un caposaldo irrinunciabile».