Tossici, genitori e facilitatori
Quando i ragazzi tossicodipendenti arrivano nella nostra comunità, come prima cosa si chiede loro di occuparsi della propria pulizia personale e della stanza dove dormono. Piccola richiesta, coerente però con l’obiettivo più generale di ricostruire pian piano i valori, la stima, la fiducia in sé stessi. Il percorso, infatti, non prevede il lavoro, come in altre comunità, ma un cammino di ricomposizione della personalità. Chi viene da noi non è malato, presenta un disagio, e per questo si incontra con psicologi e operatori, da solo e in gruppo. Alcuni restano giorno e notte, altri frequentano solo il turno diurno o serale.
Operatori
Le persone che fanno uso di sostanze vengono seguite, oltre che da psicologi, anche da ex tossicodipendenti, perché questi ultimi sono meno facilmente raggirabili e capiscono al volo le vere esigenze e i trucchetti dei ragazzi che hanno davanti, abilissimi nell’imbrogliarti. Per rimediare i soldi necessari a procurarsi la droga, il tossico comincia a manipolare prima di tutto la famiglia, poi gli amici, poi gli estranei. Ci cascano tutti, anche quelli più attenti. L’operatore ex tossico, invece, intuisce subito come stanno le cose, perché c’è già passato.
Soldi
Nella mia comunità, la maggioranza degli utenti sono tossicodipendenti maschi. Per procurarsi i soldi per la droga, i ragazzi rubano o scippano, per cui prima o poi vengono presi e spesso, come conseguenza, entrano in comunità. Le ragazze invece si prostituiscono, fanno quindi un lavoro non condannabile, che permette con facilità, anche all’insaputa dei genitori, di procurarsi i soldi, per cui entrano più di rado in comunità. Naturalmente ci sono anche altri modi, per esempio alcuni dei giocolieri che chiedono soldi ai semafori sono tossici. In comunità vengono anche degli adulti. Un cinquantenne per la dipendenza dal gioco ha perso lavoro e famiglia, i figli non lo vogliono più vedere, la moglie lo ha denunciato per stalking perché continua ad avvicinarla per chiederle soldi per giocare.
Cocaina
Alcuni professionisti fanno uso di sostanze. Può capitare per esempio ai dentisti, che devono lavorare dentro la bocca dei pazienti, con lavori stressanti perché basta una minima distrazione e succede un guaio. Lo stesso vale per il chirurgo che fa interventi che durano molte ore, durante i quali deve essere sempre lucido e concentrato: a volte non ce la fa a resistere. Anche i manager di industria, e in generale tutti quelli sottoposti allo stress di parlare e gestire tante persone, dovendo essere sempre all’altezza della situazione, sono a rischio. Alcuni si aiutano con la cocaina. Con gli anni, però, questa come altre sostanze distrugge le cellule del cervello, possono subentrare disfunzioni psicofisiche e addirittura l’infarto. Quando le persone si rendono conto di aver toccato il fondo, vengono in comunità, magari facendo il “serale”; un percorso che dà la possibilità di seguire una terapia senza compromettere la propria immagine.
Sesso
Ultimamente è diventata più diffusa la dipendenza dal sesso. In seguito alla liberalizzazione degli ultimi anni, i ragazzi di 14 o 15 anni credono che la sessualità sia una cosa così normale che la pretendono. Non farlo è quasi emarginante. Per cui, quando un ragazzo punta gli occhi su una ragazza, lei deve assolutamente accettare di far sesso. Se rifiuta, perché ha valori diversi riguardo alla sessualità e alla vita in generale, o magari semplicemente perché lui non le piace, nel ragazzo può nascere una ribellione che lo porta a fare sesso esagerato con la prima persona che trova disponibile. E siccome oggi trovare ragazze disponibili è facilissimo, la vita diventa una continua e affannosa ricerca di sesso.
Gioco
Anche il gioco per molti ormai è una dipendenza: qualsiasi tipo, dai cavalli alle macchine, dalla roulette al gratta e vinci. C’è chi, in età anche avanzata, non riesce a passare davanti ad una tabaccheria senza comprare un gratta e vinci. Il piacere non sta nel guadagno, tant’è che in caso di vincita ripuntano subito tutto, ma nel gioco. Il godimento è l’azione fine a sé stessa, che diventa una sequenza interminabile e porta alla rovina.
Regole
Ho imparato che le dipendenze si combattono sempre allo stesso modo, fissando regole che devono essere rispettate. Se il padre dice al figlio che se torna dopo le tre di notte non lo fa rientrare e poi, quando torna alle quattro, lo fa entrare, è tutto inutile. Le regole possono essere concordate tra genitori e figli, ma poi devono essere rispettate, perché servono a rendere il figlio autonomo e consapevole delle proprie responsabilità. Se il genitore lavora per mantenere il figlio, che magari sta studiando, questi può collaborare alle pulizie della casa. Ognuno dà quello che può, ma tutti danno.
Coppie
La maggior parte dei papà e delle mamme con figli tossici ha perso il ruolo genitoriale. Ma, ancor prima, vive un’esperienza di coppia che non funziona: un genitore dice una cosa e l’altro ne dice un’altra. Davanti a questo disaccordo, che in certi casi arriva al litigio, i figli cercano di prendere da ogni genitore quello che gli conviene. Imparano che dal padre possono magari ottenere certe cose, dalla madre praticamente tutto, per cui crescono disuniti in sé stessi, non autonomi, irresponsabili. Di solito, il ragazzo di carattere forte se ne frega, sopporta finché può e poi se ne va di casa, o fa i suoi comodi. Invece il ragazzo fragile si perde, e se ha la sfortuna di cadere in amicizie particolari comincia (anche a 10 o 11 anni) con lo spinello – che è droga anche se qualcuno dice di no –, diventa dipendente e poi passa alle droghe più pesanti.
Facilitatori
Per questo, in parallelo al percorso per le persone dipendenti, ce n’è un altro per i loro familiari: soprattutto genitori, ma anche fratelli o coniugi. Il cammino per i familiari consiste in incontri settimanali, gratuiti, coordinati da “facilitatori” che sono stati a loro volta genitori di tossici che hanno smesso. Il facilitatore deve favorire il confronto nel gruppo, parlare poco, intervenire quando qualche genitore crede di conoscere le risposte o rischia di offendere un altro.
Questo confronto non serve a risolvere il problema dei figli che, se escono dalla droga, lo fanno con l’aiuto di psicologi e operatori. Il gruppo dei genitori serve ad aiutarle proprio i genitori a stare di nuovo bene con sé stessi, affinché possano agire in maniera positiva. Dalla loro condizione iniziale di disperazione, sull’orlo del precipizio, tramite il confronto con gli altri genitori e il supporto del facilitatore, raggiungono quella serenità interiore necessaria per agire in maniera consapevole e adeguata. Non a caso vengono inseriti in gruppi separati, sia perché da solo ognuno è più libero di aprirsi, sia perché può succedere che uno dei due accusi l’altro del fallimento del figlio. Quando invece hanno imparato a star bene con sé stessi, a far rifiorire la vita di coppia, allora possono aiutare il figlio soprattutto quando torna a casa dopo l’esperienza in comunità, senza farsi manipolare e ricadere negli stessi errori.