Toscana, al via il salario minimo negli appalti regionali

Il Consiglio regionale ha approvato all'unanimità una mozione che prevede l'applicazione del contratto nazionale maggiormente rappresentativo a tutti i lavoratori degli appalti regionali. Un passo che segue quelli analoghi già compiuti da alcuni comuni
Una veduta della sede della Regione Toscana a Firenze. ANSA/MAURIZIO DEGL'INNOCENTI

È un tema di cui si parla da anni, specie alla luce di quanto è arrivata a prevedere la normativa europea in proposito, ma sempre senza reali sviluppi in Italia: il salario minimo, parte fondamentale delle garanzie di dignità del lavoratore per alcuni, falsa soluzione al problema che finirebbe per deprimere ancora di più il mercato del lavoro secondo altri.

C’è comunque chi si muove per quanto di propria competenza: è ad esempio il caso della Regione Toscana, che ha recentemente approvato all’unanimità una mozione proposta dal M5S che prevede l’obbligo di corrispondere un salario minimo di nove euro l’ora a tutte le aziende che operano in appalti commissionati dalla Regione. La mozione, che prevede naturalmente anche controlli per verificarne l’applicazione, arriva sulla scia di decisioni analoghe in alcuni comuni, ponendo la Toscana come prima Regione a prendere questo provvedimento. Da notare appunto anche il fatto che è stata approvata all’unanimità (Pd, FdI, Lega, M5S e IV), e quindi anche dai rappresentanti di quei partiti che a livello nazionale si sono invece opposti a questa misura.

Il testo della mozione prevede che venga applicato il contratto collettivo maggiormente rappresentativo per l’attività svolta, anche eventualmente sulla base di una comparazione delle tutele economiche e normative sulla base dei parametri fissati dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) da parte dell’amministrazione regionale. In questo modo si mira a garantire la maggior tutela nel caso in cui le imprese appaltatrici applicassero contratti differenti.

Il provvedimento si rivolge solo a chi lavora negli appalti regionali, e non ai lavoratori nel loro complesso.

«L’approvazione unanime di questa mozione rappresenta un passo avanti fondamentale per i diritti dei lavoratori in Toscana – ha dichiarato Irene Galletti, presidente del gruppo M5S regionale -. Con questa misura, nessuno impegnato in appalti regionali guadagnerà meno di 9 euro l’ora, un risultato che garantirà maggiore dignità e sicurezza a tutti i lavoratori coinvolti».

Non resta quindi che vedere che frutti darà un provvedimento per la prima volta applicato su scala regionale, dato che sinora la quota minima di 9 euro era stata posta (e peraltro da tempi relativamente brevi, perché si tratta di tutte esperienze partite nel corso del 2023 o del 2024) per gli appalti comunali a Livorno, Milano, Firenze e Napoli. Così come resta da vedere se questo possa dare una nuova spinta a sviluppi a livello nazionale, al momento fermi dopo la bocciatura della proposta di salario minimo a 9 euro l’ora avvenuta alla Camera a novembre 2023.

Sono da registrare comunque anche altri segnali nella direzione di una maggiore tutela dei lavoratori da parte delle amministrazioni pubbliche. A Trieste ha ad esempio suscitato un certo scalpore – almeno tra chi fa attenzione a questo tipo di notizie – l’esclusione della società Euro&Promos dalla nuova gara di appalto per i servizi di accoglienza e sorveglianza dei musei civici. Scalpore che si capisce se si pensa che questa società aveva ottenuto per anni l’appalto, nonostante fosse al centro di una serie di estenuanti trattative appunto per riuscire a rialzare salari ben al di sotto della soglia minima oggi proposta (si era scesi anche a 4 euro l’ora, prima di salire a 8). Aggiungiamoci che il fondatore della società e azionista di riferimento è Sergio Emidio Bini, assessore alle Attività produttive e turismo della regione Friuli-Venezia Giulia, e si capisce come la polemica fosse servita. La decisione di escludere dalla gara d’appalto è stata quindi salutata non solo come passo verso una maggiore tutela dei lavoratori, ma anche verso una maggiore indipendenza dai conflitti di interesse.

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