Torniamo a parlarci
Cara redazione,
vorrei condividere con voi delle considerazioni in merito al nuovo governo M5S/Lega e far ciò cercando di essere il più possibile libero da pregiudizi e condizionamenti. Non è impresa facile, ma ci provo a titolo personale.
Intanto occorre premettere che ci sono stati almeno due fattori che hanno favorito la loro elezione.
L’endemica autoreferenzialità con cui ciascun soggetto politico vuole continuamente imporsi sugli altri, quindi a escludere invece che aprirsi ad una costruttiva inclusione, ha caratterizzato ancor più la precedente legislatura rendendo così particolarmente accesa la contrapposizione fra coloro che avevano compiti di governo e quanti svolgevano il ruolo di opposizione.
I partiti poi sono andati incontro al loro fallimento in quanto non hanno voluto prendere atto che veniva chiesto ad essi un’urgente quanto radicale rinnovamento. Eppure avrebbe dovuto far riflettere i risultati elettorali emersi in quell’occasione e ancor più quelli dei diversi Paesi che vanno mostrando al di là di ogni ragionevole dubbio lo spostamento dell’animo popolare verso posizioni più intransigenti rispetto ad una politica che arranca sempre più. Uno spostamento che viene espresso nella dimensione più semplice della democrazia diretta: quella elettorale.
L’inedita alleanza M5S/Lega ha ricevuto in Parlamento una larghissima maggioranza che la rende pienamente legittimata a governare e sta coerentemente cercando di realizzare ciò che hanno promesso in campagna elettorale e fissato nel contratto da loro sottoscritto: sarebbe come negare l’evidenza se non si ammettesse che essi stanno portando un sostanziale cambiamento rispetto a come si è proceduto finora. Positivo o negativo è ancora troppo presto per dirlo, a mio giudizio.
Il primo degli obiettivi concordati che sta caratterizzando l’inizio del loro mandato è la delicatissima questione dell’immigrazione nei confronti della quale l’attuale governo sta dimostrando un’inusuale determinatezza la quale in sé è condivisibile a condizione però che essa non venga utilizzata per reprimere quanti hanno subito indicibili sofferenze, ma a spingere con forza i componenti dell’Ue a ripensare tutti insieme responsabilmente le strategie più opportune per andare davvero alla radice di questa molto difficile, complessa situazione, che coinvolge anche le nazioni da dove essi partono le quali, è bene ricordarlo, sono spesso saccheggiate e riempite di armi dai nostri stessi Paesi.
Un altro importante aspetto che sta scatenando ancor più un acceso dibattito è la manovra finanziaria rispetto alla quale è più che opportuno che il governo abbassi i toni del confronto, così che il loro ruolo istituzionale non si trasformi in autoritarismo il quale è inaccettabile in un sistema democratico come il nostro, proprio perché esso sarà tanto più credibile e quindi avrà successo tanto più sarà capace di ricercare il più ampio consenso parlamentare possibile.
Alle minoranze parlamentari spetta invece la responsabilità di riconoscere al governo e alla sua maggioranza il diritto di indicare le priorità che intendono raggiungere (per cui sono stati eletti), e il dovere di esercitare il proprio diritto di controllo attraverso un propositivo contributo, anche con fermezza se serve, ma senza strappi perché nel fare ciò sono indispensabili quanto il governo. È mai possibile che non si faccia tesoro della pesante lezione della precedente legislatura?
Una parola in merito al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Egli troppo spesso viene sbeffeggiato per il suo muoversi così schivo e ciò perché si ritiene che sia succube dei due vice premier, mentre il suo modo garbato e sobrio denota invece un nuovo stile di fare politica che andrebbe veramente preso ad esempio affinché essa torni ad essere credibile.
Infine in merito ai cittadini. In questo tempo in cui prevale lo smembramento del corpo sociale e politico, diventa fondamentale ridare valore ai rapporti così da concorrere a ricomporre l’unità.
È essenziale allora fare nostro proprio questa appassionata conclusione dello scritto pubblicato sul numero 10 di Città Nuova di Daniela Ropelato, vice preside dell’Istituto universitario Sophia: «…Non è finito il tempo della partecipazione, quella reale, di cui sono soggetti concreti i giovani, le donne, gli anziani… quanti si incontrano tutti i giorni al lavoro, a scuola (…). Non è finito il tempo di sentirsi parte attiva della nostra democrazia, e non solo virtuale. Torniamo dunque a parlarci, ad ascoltarci, a parlare di noi e del mondo, di governo della nostra città e di chi ci governa, discutiamo, fino a contagiarci reciprocamente di ciò che ci sta più a cuore. Forse la democrazia ricomincia anche da qui».
Pinuccio Spini