Tornare su Marte

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È incredibile, ma ogni volta che si punta il telescopio in qualche zona del cielo, si rimane incantati. Si guardi vicino o lontano, il risultato è lo stesso. Tra l’altro, quando si parla di spazio, più lontano significa anche più indietro nel tempo, nel senso che si osservano le stelle e le galassie come erano miliardi di anni fa, quando è partito il raggio di luce che dopo un lungo viaggio oggi arriva fino a noi. Per cui la bellezza dell’universo che vediamo, in realtà è un combinarsi delle bellezze di epoche diverse, nella vita del cosmo lunga ormai 13,7 miliardi di anni. Un cosmo che nel periodo più giovane della sua vita, all’incirca 2,5 miliardi di anni fa, appariva soffuso di tonalità azzurra, in quanto le galassie erano piene di stelle giovani che emettevano luce di predominante colore blu. Oggi invece, l’universo comincia a mostrare i segni dell’età, e quindi il colore predominante si avvicina al beige, in quanto vi sono molte più stelle anziane che emettono luce nello spettro del rosso. E proprio la lunghezza d’onda dell’infrarosso ci ha regalato le ultime splendide immagini, tramite il telescopio orbitante Spitzer (Sirtf), che ha da poco cominciato ad osservare lo spazio in questo settore dello spettro elettromagnetico. È la prima volta in assoluto che l’uomo può osser- vare questo tipo di immagini, in quanto la radiazione infrarossa proveniente da galassie e nebulose è bloccata dall’atmosfera terrestre e non può arrivare al nostro occhio. Tale radiazione ci permette di vedere cosa succede dentro le nubi cosmiche, oscure alla lunghezza d’onda della luce normale, rendendole trasparenti all’osservazione. Guardando le prime immagini trasmesse, abbaglianti come le ha definite la Nasa, viene un po’ di invidia per gli scienziati che studiano il cielo, gli astronomi. Che forse non vogliono ammetterlo o farlo sapere, ma in fondo sono dei contemplativi, perché al piacere dello studio e della scoperta possono aggiungere nel loro lavoro quello della meraviglia, di fronte alla straripante bellezza e varietà del creato. Queste immagini sono arrivate insieme a quelle inviate dai robot gemelli americani Spirit e Opportunity, che si muovono sulle rosse e polverose pianure marziane, e dalla sonda europea Mars Express che orbita intorno al pianeta, studiando i canyon e le conformazioni geologiche con immagini tridimensionali e ad alta risoluzione. Proprio la sonda europea ha potuto confermare, con i suoi sofisticati strumenti, che su Marte c’è acqua; la notizia è importante sia per la comprensione dell’evoluzione dei pianeti (e della vita come noi la conosciamo), sia in vista dell’eventuale installazione di una base abitata su Marte, promessa da Bush per il 2020. L’entusiasmo e l’interesse per tutto questo, però, sono stati improvvisamente velati dall’annuncio dell’abban- dono di Hubble, l’altro telescopio spaziale in orbita dal 1990 e che rappresenta una delle più grandi realizzazioni della scienza degli ultimi anni. Detto sinteticamente, i soldi per andare sulla Luna e poi su Marte e per la manutenzione del telescopio non ci sono. Per rimanere in salute, infatti, Hubble richiede ogni tanto una visita dello Shuttle, la navicella spaziale i cui voli sono stati interrotti dopo l’ultimo incidente del Columbia un anno fa. Ma per motivi di sicurezza (e di budget), la Nasa pensa di usare da ora in poi gli shuttle solo per il collegamento con la Base spaziale internazionale: questo consentirebbe di controllare lo stato della navetta ogni volta che questa arriva alla Base, evitando quindi nuovi incidenti. Ma su Hubble questo controllo non è possibile; da qui la decisione di abbandonarlo. Probabilmente a questa considerazione tecnico-economica se ne sono aggiunte altre di tipo diverso: dovendo scegliere, le esigenze della competizione internazionale (vedi il recente ingresso della Cina nel club spaziale), del prestigio, dell’apprezzamento dell’opinione pubblica e delle ricadute tecnicoscientifiche hanno prevalso su quelle relative alla ricerca pura in campo astronomico. È una scelta davvero dolorosa che forse andrebbe riconsiderata, cercando una soluzione che, se possibile, non penalizzi una delle due alternative, altrettanto importanti. Se guardiamo solo un attimo alla famiglia umana come a un tutt’uno, mi sembra evidente che per come è fatta non può star ferma, il suo spirito inquieto ha avuto ed ha continuamente bisogno di allargare gli orizzonti e misurarsi con l’ignoto. Lo dimostra anche il record di 32 milioni di accessi al sito della Nasa in questi giorni, per sperimentare, come in un videogioco, il realismo delle simulazioni virtuali di esplorazione del pianeta rosso. Dunque non può mancare, tra gli impegni del genere umano, l’esplorazione spaziale; prima di tutto dei pianeti del sistema solare. Allo stesso tempo, però, e proprio per rendere possibile e condivisa questa esplorazione, è necessario salvare Hubble: la ricerca di base non è un optional, è il punto di partenza per qualsiasi sviluppo ed esplorazione. Nel caso dell’astronomia, poi, ha anche il merito insostituibile di aiutarci ad alzare la testa ogni tanto, per uscire a riveder le stelle. Altri, per trovare Dio, leggono un libro. È un gran libro la stessa bellezza del creato: guarda, considera, leggi il mondo superiore e quello inferiore. Dio non ha tracciato con l’inchiostro lettere per mezzo delle quali tu lo potessi conoscere. Davanti ai tuoi occhi ha posto ciò ch’egli ha creato. Perché cerchi una voce più forte? (Sant’Agostino, Sermones, 68, 6) SCIENZA E BELLEZZA Concorso per studenti (entro il 31 marzo 2004) Quanta scienza c’è nella bellezza? Quanta bellezza c’è nella scienza? Con il patrocinio dell’Università di Bologna, la Fondazione Golinelli propone a classi e studenti di scuola media (inferiore o superiore) di scegliere un fenomeno naturale, un’opera d’arte, un essere vivente, una scoperta scientifica o un’invenzione umana, e formulare cinque dichiarazioni di bellezza come la farebbero cinque diversi scienziati, appartenenti a cinque discipline diverse. Finalità del concorso è diffondere la cultura scientifica, aiutando tuttavia ragazzi e docenti a pensare nei termini di una sola cultura, di un solo sapere, non più stretto nei due campi contrapposti dell’umanesimo e della scienza, ma finalmente arricchito dal loro fondersi e interconnettersi. Per informazioni sul bando: Fondazione Marino Golinelli, Via Ragazzi del 99, n. 5, 40133 Bologna Pagina Internet: http://www.golinellifondazione. org/concorso/default. Asp

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