Tornano in sala i grandi film
Dopo Bella addormentata, il film di Bellocchio già in sala dal 6 settembre e oggetto-soggetto di polemiche e applausi, è il film vincitore del Leone d’oro, ossia Pieta di Kim – Ki-duk ad uscire nelle nostre sale. Tutt’altro che pacifico, anzi duro, violento fino all’eccesso, il viaggio del giovane losco e amorale verso la scoperta dell’amore materno e del dolore redentivo è fascinoso, crudele come tanto cinema orientale. Ma si apre faticosamente ad una visione di luce, pur nel dolore, come in una passione cristiana del secolo ventunesimo. Per palati abituati a piatti forti.
È stato il figlio di Daniele Ciprì è anch’esso un viaggio attraverso il dolore. La disgraziata famiglia palermitana in cui Nicola – un grande Toni Servillo – si barcamena a stento, fino all’improvvisa ricchezza (simboleggiata da una mercedes) che svita i rapporti, li fa finire nel sangue e nell’omertà, è tragedia grottesca, surreale e gridata. Palermo è più che Palermo: è il mondo dell’emarginazione, dell’illusione di ricchezza, della povertà spirituale e dell’obbedienza cieca a leggi ataviche di sopravvivenza. Splendidamente recitato da tutto il cast, dal giovane Fabrizio Falco all’esperta Aurora Quattrocchi, con una fotografia glabra e impietosa, il film vive – come Pieta – di una com-passione dagli echi cristiani su un mondo disperato. Bello e forte.
Da non perdere poi un piccolo ma intenso film, ossia L’Intervallo, opera prima di Leonardo Di Costanzo. Si può fare un film in cui i protagonisti sono solo due ragazzi napoletani (nella foto) chiusi in un edifico cadente, vittime entrambi – lui carceriere e lei carcerata – del sistema camorristico? Evidentemente sì, se il tema è forte, i dialoghi spontanei e il ritmo, da lento e quasi timido, si apre a spiragli psicologici di tenera disperazione e di amore tra l’ingenuo (lui) e il disilluso(lei) per la vita. Alternando interni cupi e squallidi ad esterni di pioggia che fa fiorire l’erba, amore per la natura di lui e paure infantili di lei, il regista scava nel rapporto adolescenziale più di altri film “impegnati”, perché sa usare il linguaggio della sintesi, evitando ogni facile retorica. Un piccolo gioiello.
Confusionario e ambiguo invece il filmone Prometheus, di Ridley Scott, tra horror, indagine psicologica, fantascienza e voglia filosofica di scoprire da dove venga la creazione. L’astronave che viaggia alla ricerca dell’origine della vita e che la trova in esseri giganteschi e cattivi è forse metafora di una idea ben poco speranzosa del mondo. Il film comunque è più decorativo e scenografico che profondo, e l’ambiguità del messaggio – chi ci ha creato, quale dio o quali dei? Il film non risponde con sicurezza – spiazza lo spettatore, incantato più dagli effetti speciali, molto belli, che dal resto. Per chi ama spettacoli visivi con una patina di filosofia.
Esce anche Gli Equilibristi di Ivano De Matteo. L’attualità dei padri divorziati e dei notevoli problemi economici e psicologici cui sono sottoposti è tema ricco di riflessioni e indagini. Purtroppo il film è ancora una volta romanocentrico e ciò stanca lo spettatore, perché non riesce a lievitare in modo universale veramente, anche se Valerio Mastandrea è in una delle sue migliori interpretazioni. Il film è anche simpatico, spia la realtà attuale, ma è come se osasse poco e temesse di respirare a pieni polmoni. Interessante, comunque.