Il ritorno del candelabro a sette braccia
Chi osserva a Roma l’Arco di Tito vedrà la celebre scena del candelabro a sette braccia – la Menorah – portato sulle spalle dai soldati come trofeo nell’anno 70, dopo la distruzione di Gerusalemme. La Menorah insieme agli altri arredi sacri era sta trafugata dalle truppe di Tito, e risaliva al Secondo Tempio, eretto dopo la distruzione del primo ad opera di Nabucodonsor II nel 586 a.C. Il Candelabro finì probabilmente nel Templum Pacis edificato ai Fori per celebrare la fine della Guerra giudaica, raccontata dallo storico Giuseppe Flavio.
È a Roma che la Menorah – chiamata dai romani Menorà – diventa il simbolo identitario più potente della cultura ebraica: segno del roveto ardente, della luce divina, dell’albero della vita, dell’antica alleanza, del sabato biblico. Simbolo raffigurato in una immensa quantità di luoghi e oggetti: catacombe ebraiche, sarcofagi, graffiti,monete, vetri dorati, monili e gioielli. Fino a terminare nella bandiera dell’attuale stato d’Israele.
Ma dove è finita la Menorà portata da Tito? Nel V secolo, quando i Vandali di Genserico invasero Roma forse fu trasferita a Cartagine e sembra addirittura poi a Costantinopoli. Ma da allora è svanita nel mistero, dando adito alle più rocambolesche leggende medievali di ritrovamento e perdita, materia per abili romanzieri e sceneggiatori di film più o meno fantastici.
L’idea di una rassegna che ne mostrasse la storia, il volto, il mito, per la prima volta in collaborazione tra il Vaticano e il Museo Ebraico romano (dove si trova una sezione della rassegna) è significativa. Divisa in tre nuclei, a loro volta diversificati in sezioni, la rassegna è bella, utilissima a comprendere il mondo ebraico e la nostra storia romano-italica, nonché cristiana.
Nella prima parte della mostra abbiamo infatti la storia della Menorah, voluta da Dio e preparata da Mosè, dal tempio di Gerusalemme alla deportazione a Roma. Nel secondo nucleo il percorso diventa avvincente: si va dalla tarda antichità alle soglie del ‘900° con opere d’arte sul mito del Candelabro, e l’appropriazione anche da parte della liturgia cristiana. Il terzo nucleo spazia per il XX e XXI secolo, con opere di artisti tra cui Chagall o testi come Il candelabro sepolto di Stephen Zweig.
Vale la pena visitare la rassegna. È un tuffo nel passato che si riallaccia al presente, è occasione di riflessione e di godimento estetico. Dimostra la forza della religione, la bellezza della fede, la lotta per la propria identità culturale. E il dolore per tante inutili stragi lungo i secoli e ancora oggi.
Città del Vaticano, Braccio di Carlo Magno. Fino al 23 luglio