Tormentone a chi?
Torrida, mondializzata, e spettegolante come nelle sue migliori annate, l’estate discografica 2006 parrebbe rispecchiare fedelmente l’imbarazzante panorama socio-culturale che la circonda. Il fronte radiofonico intasa l’etere di ovvietà balneari di scarso costrutto, l’intellighenzia si coccola i suoi magnifici perdenti; e tutto questo mentre i-pods, web, telefonia, ed infiniti (e spesso salatissimi) appuntamenti concertistici provano a tamponare l’emorragia di bilanci che neppure la più astuta delle finanziarie potrebbe mai risollevare, figurarsi una manciata di compilation. E allora? E allora niente: occorre accontentarsi di quel poco di buono che miracolosamente ancora riesce ad infilarsi nelle playlist più ardite, nei festival più spericolati, o nelle poche vetrine scampate alla strage dei dettaglianti. Poca roba davvero degna, in verità. Del redivivo Paul Simon, abbiamo già riferito un paio di numeri fa; tutto il resto è noia, verrebbe da dire col Califano degli anni belli. Anche se le eccezioni non mancano ed è pur vero che qualcosa di dignitoso è ancora reperibile, a patto d’uscire dal tormento dei tormentoni, e cercare non semplicemente altro, ma anche un altrove: fatto di luoghi, situazioni, e variegate umanità abituate a pascolare su steppe marginali, ma non per questo meno rigogliose o comunque nutritive, almeno per chi sa accontentarsi dell’essenziale. Inutile aggiungere che da quelle parti il sensazionalismo mass-mediatico passa di rado. E dire che oggi poco c’è di più sensazionale di chi riesce a fare onestamente il proprio mestiere senza lagne, senza capricci, e con pochi mezzi. Qualche esempio? L’inetichettabile L’isola (Egea) del misconosciuto Ciro Perrino e del suo ensemble, album di straordinarie suggestioni sonore concepite e ispirate dalla quiete claustrale (letteralmente) dell’isoletta di San Giulio, nel bel mezzo del lago d’Orta. Ecologia dell’anima che sta alla musica come il film Il grande silenzio sta agli occhi. Oppure il gustoso Vocal Rendezvous (Spv-Audioglobe) dove un grande del chitarrismo fusion come Al Di Meola duetta con un manipolo di ottimi/e vocalist come Angie Stone, Macy Gray, Bosson… Tra i cantautori val la pena segnalare il recente ritorno del canadese-irlandese Stephen Fearing: il suo ottavo album, Yellowjacket (True North), ricorda un po’ il folkrock d’autore del conterraneo Bruce Cockburn, ma anche l’elegante tocco jazzy di Frisell e di Cooder. E ancora: Speak for yourself (Megaphonic), ovvero il debutto della fascinosa Imogen Heap il cui splendido singolo Hide & Seek (subito acchiappato dai pubblicitari) ricorda una Laurie Anderson più pop. Imogen è l’ennesimo esempio di un successo generato dal tamtam internettiano, solo successivamente fagocitato da una major discografica. Accade sempre più spesso: ed è tendenza sintomatica, oltreché tutt’altro che riprovevole. È come per i funghi ed i tartufi: i sottoboschi dell’estate possono regalare frutti sopraffini solo a chi li sa cercare. Come i redivivi Aires Tango di Javier Girotto, tanto per continuare con gli esempi. Il gruppo italo-argentino sa fondere con perizia atmosfere mediterranee col tango di Buenos Aires, e nel recentissimo Trentamila cuori (Il Manifesto) aggiunge il ricordo struggente e doloroso degli anni bui della dittatura e dei desaparecidos. Alla lista potremmo aggiungere altre perle più o meno nascoste come People Gonna Talk (Rounder), ritorno dello stagionato e sottovalutato eroe del soul britannico James Hunter; o l’ottimo Suitcase (Epic), imperdibile gioiellino per tutti gli amanti del blues d’autore firmato da Keb’Mo’; o il formidabile e sorprendente Real Life (Pias), di una nuova song-writer emergente chiamata Joan As Police Woman: dischi molto diversi per stile ed atmosfere, ma accumunabili dal comune intento di ridare dignità ad un mestiere che non può essere soltanto un mestiere, ma vocazione: ovvero comunicazione emozionale, ricerca di nuovi sentieri espressivi, artigianato sentimentale: più o meno sublime, ma sempre genuino. In altre parole, tutta roba per orecchie intelligenti, ma che per essere goduta non richiede necessariamente l’affiliazione al culto della controtendenza…