Torino ultimo tocco
Torino olimpica. Quasi un ossimoro. Di solito il privilegio e l’onere d’organizzare i giochi olimpici invernali veniva assegnato a una città tradizionalmente turistica. Le cose sono andate diversamente, con Torino. Sebbene racchiusa dall’incantevole cornice di colline e dalle Alpi, segnata da fiumi e percorsa da un’affabile e geometrica rete di portici (tra i più lunghi d’Europa), Torino rimanepur sempre agganciata allo stereotipo di città riservata e solerte, animata da un viscerale cultura del lavoro. Una vecchia Signora, cordiale e discreta, che sa ancora esibire tocchi di sobria nobiltà, di quand’era capitale. A Torino tutto è impegno. Lo è nei ricordi della tradizione risorgimentale, nel meticoloso e assiduo lavoro di Cavour & C. per costruire l’unità dell’Italia; lo è nella tradizione industriale, che ha avuto nella Fiat uno dei principali poli produttivi a livello internazionale; lo è nella tradizione operaia, che ha animato importanti lotte sociali e sindacali. Città di santi e di beati, Torino, ne può vantare una lunga lista: Cottolengo, Don Bosco, Faà di Bruno, Murialdo, Cafasso e così via. Ma anche in questo caso, di santi che non hanno brillato per i loro ardori mistici, ma per le grandi opere caritatevoli a favore dei bisognosi. Pure gli intellettuali a Torino, da Gobetti a Bobbio, non hanno sorvolato gli spazi tersi della speculazione astratta, ma si sono imposti all’attenzione per il rigore della loro vocazione laica e democratica. Ora Torino mostra un nuovo volto. Ora Torino, gioca! E vuole giocare bene. Una sfida non da poco, ma la città ha voluto coglierla. La crisi dell’industria metalmeccanica, della Fiat, ha fatto comprendere che doveva cercare anche altri spazi verso cui indirizzare le proprie risorse. Ci ha provato, partendo nientemeno che dalle Olimpiadi. Che ora stanno iniziando. Ovviamente tutti i riflettori sono puntati al 10 febbraio, alla cerimonia d’apertura. È lì che Torino si gioca il suo prestigio, di fronte al mondo che accende i riflettori sul capoluogo piemontese. Il resto è tutto a posto… ossia, come in ogni preparazione olimpica: si corre fino all’ultimo momento, alcuni cantieri chiuderanno il giorno prima dell’inizio. All’ultimo istante s’inaugurerà la prima, sebbene modesta, linea della metropolitana torinese, progetto che era rimasto da anni nei cassetti; mentre i cantieri che non si potranno chiudere saranno coperti dall’opera di maquillage urbana Look of the city. Come capita quasi sempre e dovunque, quando s’organizzano eventi di una tale portata, si levano le inevitabili lamentele per le spese fatte, ci si dà da fare per chiudere i buchi dei bilanci. Per il resto: gli impianti sono bellissimi, tecnicamente tra i più avanzati del mondo; l’organizzazione è impeccabile. Manca ancora la neve… e mentre si lanciano invocazioni al cielo, sperando che nevichi al più presto, i cannoni continuano a sparare valanghe di fiocchi artificiali sulle piste. Piazza Castello, il cuore di Torino, è pronta, stupenda. Ad attendere i vittoriosi atleti che saranno premiati sull’avveniristico palcoscenico riscaldato. Ma ora è tutto concentrato lì: sulla cerimonia d’inizio, che sarà seguita da 2 miliardi di telespettatori, cose da far venire la tremarella al più fantasioso e temerario organizzatore. Ovviamente in quella circostanza c’è una solo obbiettivo: stupire. E Torino vuole farlo. Con stile italiano. E con un tocco di audace eleganza. I 28 milioni di euro per le due serate, d’apertura e di chiusura, sono un budget notevole, ma comunque limitato rispetto ai 100 milioni delle Olimpiadi di Atene. Se ci cerca di tenere segreto il programma della serata d’apertura, si sa che la cerimonia di chiusura sarà improntata sul carnevale, con ospiti Bocelli e Avril Lavigne, la diciottenne rockstar canadese. L’organizzazione dei Giochi Invernali di Torino 2006 ha definito insieme agli enti e alle istituzioni culturali un ricco cartellone di eventi intitolato: Le Olimpiadi della Cultura. Che si svolgono su un lungo periodo di tempo, pur concentrandosi nei giorni dei XX Giochi Olimpici Invernali e dei IX Giochi Paralimpici (dal 10 al 19 marzo). Il programma delle Olimpiadi della Cultura si compone di numerose discipline suddivise in cinque categorie. La prima: Arti visive, con eccellenti mostre tra cui l’esposizione dell’autoritratto di Leonardo da Vinci e della splendida scultura lignea del Cristo Crocifisso attribuita al giovane Michelangelo Buonarroti; inoltre l’avvincente The Snow Show installazioni di ghiaccio e neve ad opera di artisti e architetti di fama internazionale, tra cui Yoko Ono. La seconda: Musica, con un ricco repertorio che va da Mozart a Vivaldi a un programma operistico con Manon Lescaut e La Bohème. La terza: Teatro e Danza, tra cui i Dance Break, incursioni danzate, performance nate dalla collaborazione tra artisti provenienti non solo dal mondo della danza, ma anche dalla musica e dall’arte visiva, che invaderanno alcuni luoghi olimpici; ed anche una grande maratona di cinque spettacoli teatrali diretti da Ronconi. La quarta: Storia e Società, un ciclo di conferenze con importanti esponenti della cultura; poi le mostre scientifiche di Experimenta; l’invidiabile collezione di antichità del museo Egizio; le conferenze sulla sacra reliquia della Sindone, conservata nel Duomo della città; il museo dell’Automobile e del Risorgimento. La quinta: Cinema e Letteratura, perché Torino è stata la capitale degli albori del cinema italiano e vanta un pregevole museo del Cinema; saranno presentate al pubblico internazionale una serie di 20 classici del cinema italiano in copie restaurate e sottotitolate in inglese; mentre il Premio Grinzane Cavour organizza un ciclo di Cene Letterarie tratte da romanzi ambientati in montagna, oppure suggerite da scrittori nati, o residenti, in zone montane. ENZO GHIGO UN’OCCASIONE PER REINVENTARSI Onorevole, lei era presidente della Regione quando Torino ricevette l’investitura olimpica. Quali erano le aspettative allora? Le pare siano state soddisfatte? La candidatura di Torino a capitale olimpica è stata una vera sfida: una città industriale invece del solito centro turistico. E la concorrenza della Svizzera, con la città di Sion, era veramente temibile. Ma ce l’abbiamo fatta. Con grande impegno di tutti: Regione, Comune, anche dell’avv. Agnelli, che ha creduto molto in questa Olimpiade. Ci sono stati fortissimi investimenti che, comunque siano valutati, hanno contribuito ad assorbire la generale crisi occupazionale, tanto che nell’area torinese c’è uno dei livelli di disoccupazione più bassi d’Italia. Con le Olimpiadi, Torino dovrà comunicare un’immagine altamente positiva, che rendere possibile continuare l’opera di rinnovamento del tessuto economico e sociale della città iniziata con questo grande evento. Il torinese pensa già al dopo: passato questo mese di gloria, che cosa resterà delle Olimpiadi, come beneficio ai cittadini? Innanzitutto il cittadino torinese deve sentirsi orgoglioso di questa Olimpiade. Il dopo è sempre difficile. Ho avuto modo di conoscere altre città che hanno ospitato i giochi olimpici. Per nessuna è stata facile. Gli impianti olimpici sono spesso maggiori del fabbisogno sportivo e turistico locale. In parte possono diventare strutture permanenti a beneficio della comunità cittadina. Ma in parte possono risultare un fardello difficile da gestire. Si dovrà vedere… Comunque Torino con le Olimpiadi ha avuto la possibilità di reiventarsi. Ora questa operazione deve continuare, creando nuovi eventi. Torino, insomma, deve cambiar pelle. E quella delle Olimpiadi è una grande opportunità. MAURO MARINO NON SOLO FIAT E JUVENTUS Onorevole Marino, qual è secondo lei l’immagine che Torino vuol dare al mondo? Mi ricordo che, di ritorno da Salt Lake City, ci fu la cerimonia di esposizione della bandiera olimpica al Palazzo Civico di Torino. In quell’occasione l’avvocato Agnelli disse: Viviamo in un villaggio globale: è importante farsi conoscere. Non era un’affermazione scontata. Voleva indicare un percorso: Torino doveva cercare di uscire dall’indistinto e farsi notare. Far capire che non è solo Fiat e Juventus. Con queste Olimpiadi Torino vuole presentarsi al mondo con il suo aspetto migliore. È la sua opportunità per mettersi alla ribalta, dimostrando a tutti le sue grandi risorse. Per far questo, usando una parola che s’ode spesso qui in questi giorni, Torino deve reinventarsi. Come lo può fare? Torino si trova ora nella stessa situazione del dopo 1864. Allora era la capitale, centro dei servizi, del potere politico e militare. Con il passaggio della capitale a Firenze e poi a Roma, Torino già allora dovette reiventarsi e diventare centro industriale. Lo fece anche grazie ai forti investimenti pubblici e privati. Ora siamo allo stesso punto. Ma il passaggio è inverso: da polo industriale deve diventare centro di servizi. In questa occasione abbiamo di non ripetere l’errore di Italia ’61, quando molte strutture costruite per quell’evento sono state successivamente abbandonate. Questa volta è stata fatta un’accurata programmazione delle nuove strutture olimpiche, e per ognuna di esse è già prevista una destinazione pubblica. Questo perché l’eredità olimpica sia per Torino un potenziale importante e non ingombrante.