Torino con i migranti della Sea Watch
Proprio mentre i fortunati torinesi riusciti ad entrare in una blindatissima piazza Vittorio assistevano ai festeggiamenti di San Giovanni, a poca distanza una dozzina di persone si apprestava ad incominciare la seconda notte passata dormendo sul sagrato della chiesa in via Garibaldi, storica via dello shopping torinese.
Attrezzati con le coperte termiche, diventate un simbolo di questa protesta cominciata a Lampedusa, questo gruppo di torinesi da due notti dorme sul sagrato della chiesa di San Dalmazzo per dimostrare la propria solidarietà ai profughi e all’equipaggio della nave Sea Watch 3 dormendo sul sagrato della Chiesa hanno le idee molto chiare: «Fino alla conclusione, speriamo rapida, della vicenda, invitiamo la cittadinanza ad esprimere la propria solidarietà riunendosi sul sagrato di San Dalmazzo in via Garibaldi angolo via delle Orfane per un presidio notturno pacifico, resistente e solidale. Come a Lampedusa, anche per noi il simbolo della resistenza e dell’umanità è la coperta isotermica che invitiamo a portare all’appuntamento».
Sono uomini e donne di ogni età che appartengono a diverse associazioni cittadine: Carovane Migranti, Welcome Refugees, Centro Sereno Regis e altri gruppi e associazioni.
«Siamo un gruppo di cittadini solidali appartenenti a diverse realtà che, a prescindere da appartenenze partitiche e confessionali, ha deciso di raccogliere l’invito alla mobilitazione nazionale lanciato dal parroco di Lampedusa», scrivono nel loro appello su Facebook. «Invitiamo singoli, collettivi e associazioni a unirsi al presidio con l’occupazione consentita del sagrato della chiesa in via Garibaldi. Il presidio si svolgerà ogni notte dalle 20 alle 7 del mattino fino a quando questa situazione disumana non avrà termine. Apprezziamo qualunque tipo di contributo: per chi non può fermarsi tutta la notte, basta un passaggio, una visita per condividere parole, messaggi, idee, presenza».
Dell’iniziativa ha parlato anche mons. Cesare Nosiglia durante l’omelia della messa nel giorno di San Giovanni, patrono di Torino: «Desidero esprimere la mia solidarietà a quanti in Italia e anche nella nostra città stanno dimostrando pacificamente per richiamare l’attenzione sulla situazione di grave e ingiusta sofferenza in cui si trovano 43 persone sulla nave Sea Watch al largo di Lampedusa. Un gruppo di nostri concittadini questa notte ha iniziato a dormire davanti alla chiesa di San Dalmazzo per questo motivo».
Le sue non sono solo parole di circostanza, ma si inseriscono dentro ad un discorso più ampio fatto in occasione della festa cittadina sul tema della povertà, ancora una volta incentrato sull’esistenza di due città, sulla crisi economica, le difficoltà dei giovani e delle persone isolate: «I poveri non devono essere considerati come una presenza inquietante, che rovinano il decoro della città, ma maestri che non riusciamo ad apprezzare e a valorizzare: sono gli ultimi, i poveri, gli abbandonati, gli scartati».
Nosiglia è un uomo molto concreto e quindi non stupisce la proposta che lancia dal pulpito: «Aggiungo che, come ha sempre fatto anche in altre circostanze analoghe, la Chiesa di Torino è disponibile ad accogliere senza oneri per lo Stato questi fratelli e sorelle al più presto, se questo può servire a risolvere il problema».
Per la sindaca Chiara Appendino «Nosiglia credo si contraddistingua di nuovo per la sua sensibilità. Lo conosciamo, è un arcivescovo molto attento alle marginalità e credo sia un modo anche per scuotere le coscienze di tutti». La proposta non ha, invece, trovato il favore dell’assessore regionale Andrea Tronzano (Fi): «La carità cristiana è importante, non ci sono dubbi, però ci sono anche leggi internazionali e nazionali da rispettare. Per questo bisognerebbe lanciare un appello anche all’Olanda che si faccia carico di parte dell’accoglienza». Reazioni a cui fanno eco quelle del ministro Salvini, che attraverso la sua pagina Facebook scrive a Nosiglia «Caro Vescovo, penso che Lei potrà destinare i soldi della diocesi per aiutare 43 Italiani in difficoltà. Per chi non rispetta la legge i nostri porti sono chiusi».
Ma Nosiglia, che nel suo ministero episcopale ha sempre profuso un grande impegno concreto verso gli ultimi, indipendentemente da chi essi fossero, non è sicuramente persona da lasciarsi spaventare dalle difficoltà. E uscendo dal duomo ha ribadito ai giornalisti il suo impegno: «Torino è una città dove molte famiglie si sono rese disponibili, abbiamo un elenco che ne comprende una ventina. Poi abbiamo il Cottolengo e il Sermig che ci hanno dato sempre una grande disponibilità.
Ce li andremo a prendere e, se vorranno, ce li porteremo su. Ovviamente, dipende dal governo, se è disponibile a questo tipo di servizio. Non vogliamo soldi, nessun euro, vogliamo farci carico di una situazione che non può andare avanti così. Se è possibile dare un segnale che la diocesi di Torino a fare una cosa del genere, io spero che sia colto. Ne ho parlato con la sindaca e con il prefetto. Sentirò la Caritas nazionale che prenda contatto con il ministero».