Tonino e l’arcobaleno fra le sbarre
Qualche giorno fa ci ha lasciato Antonio De Sanctis, noto come Tonino, che tanti hanno conosciuto per il suo impegno non sentimentale od emotivo, ma estremamente concreto, verso gli ultimi ed in particolar per i carcerati. E c’è un filo d’oro tra il nostro giornale e Tonino in quanto per tante domeniche, specie tra Roma Sud ed i Castelli Romani, alle varie messe, con la sua voce inconfondibile ed una malcelata modestia e timidezza, lui andava a raccontare il suo impegno per i carcerati e a chiedere per loro donazioni per abbonarli alla rivista Città Nuova. Negli anni ne ha spediti a decine nelle varie carceri da lui frequentate. Per tutti i vari cappellani Tonino era un valido sostegno. Dal febbraio 2012 per 4 puntate abbiamo raccontato col titolo “Arcobaleno tra le sbarre” le esperienze e non disdegnerei a chiamarli, francescanamente,i “fioretti” di Tonino e della sua famiglia: Maria, la moglie ed i tre figli Miriam, Gabriele e Stefano.
Nel primo articolo sottolineavamo che «al di là di un nugolo di problematiche molto complesse, dentro quei corridoi e quelle celle, nascono esperienze che lasciano senza parole e danno briciole di colore a un mondo di per sé grigio. Tra questi sprazzi di luce ci sono Maria e Tonino, che ormai da oltre 40 anni, per una casualità non cercata, si battono in questo mondo con gesti e azioni che sanno di straordinario, pur restando loro stessi: una coppia semplice e assolutamente nell’ombra, nella loro casa di campagna nell’estremo dei Castelli romani».
È stato naturale avvicinarsi, oltre che ospitare a casa loro, forse non sempre consci del rischio, ma aperti ed accoglienti, brigatisti e mafiosi anche in regime di 41bis.
Ovviamente non tutti erano d’accordo – ci spiegava Tonino –. Ad esempio nel carcere c’era anche un detenuto politico che aveva detto agli agenti: «Non mi mandate preti in cella». « L’avevo abbonato a Città Nuova lo stesso – racconta -. Leggendo del viaggio di Chiara Lubich in Brasile (1991), con il lancio dell’Economia di Comunione, è rimasto molto colpito e con la rivista in mano ha voluto incontrarmi. Nella prima parte del colloquio ha parlato sempre lui. Poi ho preso la parola e ho raccontato la mia esperienza. Il brigatista non ha più parlato. Ha ascoltato attentamente, ha cominciato ad annuire conquistato, poi ha iniziato un cammino di approfondimento».
È solo una briciola di chili e chili di pane d’amore e speranza offerti da Tonino con la sua famiglia.
Se chiedete a tutti quelli che l’hanno conosciuto vi sentirete rispondere: «Tonino era un uomo “buono”, con un amore speciale» e noi ci accodiamo, convinti che non esisterebbe una espressione che possa essere un vero selfie di questo grande amico.