Tommasi sindaco di Verona: una storia da conoscere

Chi è il nuovo sindaco di Verona, “outsider del campo largo” con un passato di calciatore, obiettore e sindacalista?
Foto Vincenzo Livieri - LaPresse

Ho deciso di candidarmi perché…”
“Vorrei mettermi al servizio di Verona. Per costruire, insieme, un domani diverso per la città in cui stanno crescendo i miei sei figli. Da tanti anni ormai lavoro con i bambini e i ragazzi e so bene che sono loro il nostro vero futuro: si meritano una città diversa, che coltivi le loro aspirazioni e che li aiuti a realizzare i loro sogni. Credo che per riuscirci dobbiamo lavorare, tutti insieme, alla riscoperta del valore della comunità. A Verona si è da tempo perso il senso dello stare insieme e della condivisione. Mi candido per dare alla mia città una prospettiva diversa: sogno una Verona che rifiuta le divisioni e che lavora unita per il bene comune, per migliorarsi, per unirsi invece che dividersi”.

Era cominciata con queste parole, ancora leggibili sul suo sito, la candidatura alla sindacatura di Verona di Damiano Tommasi, ex calciatore campione già d’Italia con la Roma 22 anni fa. Sembrava più, alle prime battute, una provocazione forte o, se vogliamo, una candidatura simbolica di rottura, pura come il pensiero sempre franco e diretto di un uomo distintosi negli ultimi anni per umanità e abnegazione in qualità di presidente dell’Associazione Italiana Calciatori. Una vita dietro al pallone, con grande fede cristiana, nel nome dell’educazione e del rispetto, come aveva avuto modo di rivelare a Città Nuova già cinque anni fa in quest’intervista in cui si raccontava a tutto campo.

Nella foto Damiano Tommasi e la calciatrice Sara Gama. Photo Vincenzo Livieri – LaPresse

L’outsider del campo largo… e lungo
“C’è chi direbbe che basta volerlo, che avere questo desiderio sia sufficiente a metterlo in pratica con successo: io penso invece che sia una sfida grande, che ha bisogno del contributo e dell’impegno di tutti i veronesi che condividono questo obiettivo. Per questo penso che serva unire le forze di questa città e creare una vera e propria squadra. Ma una squadra vince solo se è unita, se riesce a condividere le proprie forze e convogliare tutte le proprie energie per un obiettivo comune”, scriveva in campagna elettorale, diventando giorno dopo giorno riferimento per quello che i colleghi cronisti avevano definito “campo largo” di centrosinistra. Una definizione, però, che lo stesso Tommasi aveva ridefinito efficacemente: “auspico più che altro sia un campo lungo, ossia di visione ampia e a lungo termine.

E forse più per la sua storia di coerenza e il suo stile sobrio e pragmatico, Verona gli chiede nuovo slancio politico premiandolo dopo il ballottaggio dello scorso 26 giugno. Un risultato sorprendente per una città dove il centrodestra governava incontrastato dal 2007, dopo l’ultima giunta guidata da Paolo Zanotto (Democrazia e Libertà-Margherita): due legislature sotto Tosi e una di Federico Sboarina, che cinque anni fa aveva vinto con l’appoggio di tutto il centrodestra. Palla ora alla figura “non politica” di Tommasi, 48 anni, sposato e padre di 6 figli: l’ex centrocampista della nazionale ha mantenuto il suo consueto “basso profilo”, evitando grandi eventi e superficiali selfie con vip di turno. Non ha abusato di social media e tv, non ha urlato slogan né inventato numeri poco chiari. Piuttosto ha stretto sinceramente migliaia di mani, ha girato di continuo come una trottola nel territorio per ascoltare ansie e speranze dei concittadini, esattamente come macinava chilometri sulla mediana, chiamato a fare un lavoro oscuro per le prime donne del palco scenico calcistico, come Totti e Batistuta. Ma se è vero che il carattere di un uomo si riconosce dal suo spirito in campo, Verona potrebbe avere scelto un instancabile e generoso lavoratore silenzioso.

Foto Carlo Lannutti/LaPresse

Lo stile di un vero mediano, sempre
Tommasi ha evitato spesso palchi e telecamere: si è presentato agli elettori come un outsider, con 36 volti nuovi, senza precedenti esperienze di partito. Oltre a Pd e M5s, che avevano puntato su di lui quale candidato sindaco, ha avuto il sostegno di Carlo Calenda. “Anima candida”, ma leader, lo ribattezzò lo storico speaker della Roma, Carlo Zampa, in quello spogliatoio giallorosso dove Tommasi era già sindacalista riconosciuto, dopo tanta gavetta con la maglia del Verona stesso, sul campo. Il più inaspettato spot elettorale potrebbe averlo ricevuto per caso da Carlo Verdone in “Vita da Carlo”, su Amazon Prime video, in una scena in cui l’attore, parlando della Roma titolata con l’ex presidente della Sampdoria, Massimo Ferrero, detto Er Viperetta, sbotta: “’Na volta è Viola, ’na volta è Sensi, ’na volta è Falcão, ’na volta è Batistuta, ’na volta è Pruzzo, ’na volta è Totti. Con tutto il rispetto, ’o scudetto del 2001… Ringraziamo Totti, la squadra, il presidente Sensi, Batistuta, ma il giocatore più dimenticato di tutti, Damiano Tommasi, ma lo vogliamo ricordà?”.

Passi e maestri di fede
Oltre a una serie di illustri “Carlo”, la scorsa vigilia di Natale, invece, altrettanto inattesa è giunta la benedizione di monsignor Guido Todeschini, 85 anni, fondatore e direttore di Telepace, la “tv del Papa”: “Damiano è un ragazzo semplice, trasparente, impegnato per gli altri. Sarebbe un orgoglio se diventasse sindaco”, confidava, con un preciso rimando a quel 1993 quando il calciatore fu indirizzato a Telepace dalla Caritas, primo giocatore professionista a scegliere l’obiezione di coscienza. “Ero un’anomalia. Lo Stato considerava i calciatori risorse per il Centro sportivo Esercito” ricorda Tommasi. Fondamentale, nella formazione dell’uomo Tommasi, la figura di don Rino Breoni, che lo indirizzò alla conoscenza di don Lorenzo Milani, portandolo a pregare sulla tomba e a visitare la scuola di Barbiana. Dopo questa visita, Tommasi ha fondato due scuole con la moglie e una coppia di amici, a Pescantina. A guidarli, una di don Milani in Esperienze pastorali: “Non dovrebbero preoccuparsi di cosa fare per fare scuola ma di come bisogna essere per fare scuola”.

Primo professionista di Serie A a decidere volontariamente di ridursi lo stipendio al minimo sindacale da 1500 al mese a libro paga della sua Roma al ritorno da un brutto infortunio, Tommasi è anche stato il primo calciatore di Serie A a scegliere la Cina, nel marzo 2009, per esplorare un nuovo mondo e non per denaro, visto un accordo di “soli” 40mila euro al mese nella prima serie cinese, con il Tianjin Teda. E ora? Buon lavoro, Damiano: “lì nel mezzo, finché ce n’hai”, per raccomandarla come cantava Ligabue per onorare la fatica esemplare dei mediani. E speriamo che a cantare di gioia, ora, oltre lo stadio, siano quelle periferie che Verona necessita di illuminare ancora e sempre più.

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