Tokyo 2020: Jerry Tuway, l’orgoglio delle Figi
Terminato il quinto giorno di gare, il medagliere della squadra azzurra si arricchisce sempre di più. A regalarci oggi tre nuovi allori sono stati la squadra maschile della sciabola nella scherma, vincitrice della medaglia d’argento e sconfitta nella finalissima solo dalla Corea del Sud, il 4 senza maschile nel canottaggio, grazie all’equipaggio formato da Matteo Castaldo, Marco Di Costanzo (che all’ultimo minuto ha dovuto sostituire lo sfortunatissimo Bruno Rosetti, risultato positivo al Covid), Matteo Lodo e Giuseppe Vicino, medaglia di bronzo dietro Australia e Romania, ed il nuotatore Federico Burdisso, anche lui bronzo nei 200 farfalla alle spalle dell’ungherese Kristof Milak ed al giapponese Tomoru Honda.
E così siamo già arrivati ad un totale complessivo di 15 medaglie, di cui una d’oro, sei d’argento e otto di bronzo. Forse a questo punto speravamo di avere qualche medaglia del metallo più pregiato in più, ma tutto sommato il bottino sino ad ora non è davvero niente male.
Nel frattempo, anche altri Paesi stanno gioendo in questi giorni per le imprese sportive dei loro atleti. Parliamo delle grandi potenze in cima al medagliere: certo, nazioni da sempre abituate a fare incetta di medaglie. Squadroni come Stati Uniti e Cina, come Giappone e Russia (qui presente però senza bandiera e sotto il nome di “Comitato Olimpico Russo” a causa delle sanzioni inflitte dal Comitato Olimpico Internazionale per vicende legate al doping che negli ultimi anni hanno travolto lo sport di questo Paese).
Ma in questi ultimi giorni stanno esultando anche altri Stati, alcuni dei quali molto piccoli, cui basta solo qualche medaglia per sorridere. Pensate ad esempio alle Filippine o alle Bermuda, che grazie alle imprese di Hidilyn Diaz (nel sollevamento pesi) e di Flora Duffy (nel triathlon), hanno potuto festeggiare la prima medaglia d’oro della loro storia a cinque cerchi. Facendo davvero esplodere di entusiasmo un’intera nazione.
C’è un altro piccolo Paese, poi, che durante questi Giochi si è appassionato alle imprese dei propri beniamini impegnati in una disciplina che, almeno da noi, non conquista certo le prime pagine dei giornali, neanche di quelli sportivi. Da loro, invece, questo sport è seguitissimo, ed addirittura è considerato un vero e proprio sport nazionale. Di che disciplina e di che Paese parliamo? Parliamo del rugby, che alle Olimpiadi si disputa nella versione a sette (a differenza del formato classico dove ad affrontarsi sono quindici giocatori per parte), e che oggi ha assegnato le medaglie olimpiche del torneo maschile.
E parliamo della Repubblica di Figi, la piccola nazione del Sud Pacifico, arcipelago formato da più di 300 isole, i cui abitanti hanno per il rugby una vera e propria passione. Tra le fila dei giocatori di questa squadra c’è anche Jerry Tuwai, il capitano, che cinque anni fa conquistò insieme ai suoi compagni un’incredibile vittoria nel torneo a cinque cerchi disputato a Rio. Quella vittoria, ottenuta battendo in finale la Gran Bretagna con il perentorio punteggio di 43-7, ha rappresentato la prima medaglia (di qualsiasi colore) raggiunta ai Giochi da una nazione del Pacifico. Un risultato inaspettato, che regalò una gioia davvero immensa ai circa 900.000 abitanti di questo piccolo Stato.
Jerry Tuwai, in quell’occasione, dedicò la medaglia d’oro proprio ai suoi compatrioti, duramente colpiti pochi mesi prima dal ciclone Winston, la più potente tempesta tropicale mai registrata nell’emisfero boreale. Venti che raggiunsero i 280 Km/h e provocarono la morte di 44 persone, nonché la distruzione e il danneggiamento di 40.000 abitazioni. Jerry, per emergere nel suo sport, fa dello scatto e dell’agilità due delle sue qualità migliori, proprio come faceva l’omonimo topolino, protagonista di una fortunatissima serie di cortometraggi nati dalla penna di William Hanna e Joseph Barbera, per scappare dalle grinfie del gatto Tom.
Sì, Jerry è uno degli artefici dello storico successo di cinque anni fa e a Tokyo ha ripetuto l’impresa con la sua squadra conquistando nuovamente la medaglia d’oro.
A trentadue anni, Tuway in patria è considerato come un eroe. Ne è passato del tempo da quando, a soli sette anni, ha iniziato a giocare a rugby. Lui però, a differenza dei suoi coetanei di altre Nazioni, non ha imparato a giocare su “comodi” campi in erba. Tutti i pomeriggi, dopo la scuola, si recava piuttosto su una rotatoria di ghiaia situata in un piccolo sobborgo della capitale, Suva. “Invece di una palla potevamo usare bottiglie d’acqua riempite proprio di ghiaia, e giocavamo a piedi nudi. A volte ci facevamo male perché dalla ghiaia uscivano dei chiodi, ma il giorno dopo tornavamo a giocare perché era molto divertente”, ha raccontato Jerry dopo la conquista della medaglia olimpica in una bella intervista concessa a Olympic Channel e disponibile su You Tube.
Tuwai è cresciuto in povertà, e viveva insieme alla sua famiglia in una stanza con pareti di lamiera ondulata. Senza acqua corrente ne elettricità. Suo padre faceva il contadino, mentre sua madre lavorava come domestica per pochi dollari la settimana. Insomma, nulla poteva far immaginare al piccolo Jerry che un giorno avrebbe viaggiato per il mondo, avrebbe alloggiato in hotel di lusso, facendosi pagare… per giocare a rugby. Coltello su una, forchetta sull’altra: queste sono le parole che ha inciso sulle sue prime scarpe da rugby regalategli, con grandi sacrifici, da mamma e papà.
Se voleva praticare questo sport, gli disse sua madre, avrebbe dovuto guadagnarsi da vivere. Eh già, per le famiglie di Newtown, uno dei quartieri più poveri alla periferia di Suva, le scarpe da rugby sono costose. Ma quell’investimento, anni dopo, ha dato i suoi frutti. Dopo l’oro di Rio 2016, i bambini di Figi quando giocano vogliono essere come Jerry. Non beve, non fuma, per loro è diventato un vero esempio da seguire. Idolatrato a casa, nella sua Suva, Tuwai suscita però rispetto anche tra i suoi compagni di squadra. Quando esce dal campo, è il primo a congratularsi con gli avversari, che vinca o che perda, e ad andare a stringere loro la mano complimentandosi per la partita. “Ho detto ai miei compagni di squadra che indossare la maglia della nostra nazionale non è un lavoro, è piuttosto un impegno e una responsabilità. Molti giovani giocatori delle Figi crescendo sognano di indossare un giorno questa maglia. Non è facile rappresentare il proprio Paese, ci vuole sangue, sudore e un cuore di leone”, ha detto Tuwai alla vigilia del torneo olimpico che si è concluso proprio oggi.
Sulla formazione delle Figi c’erano molte aspettative per questi Giochi. La squadra del Pacifico nel girone eliminatorio ha sconfitto nell’ordine il Giappone (24-19), il Canada (28-14) e la Gran Bretagna (33-7). Poi, dopo il netto successo ottenuto nei quarti di finale contro l’Australia (19-0), ha incontrato e battuto l’Argentina in semifinale (26-14) regalandosi la possibilità di disputare nuovamente una finale a cinque cerchi. L’avversario di turno, la Nuova Zelanda, ha provato ad opporsi agli uomini guidati da Jerry, ma alla fine ha dovuto arrendersi con il punteggio finale di 27-12 a favore dei figiani.
Sì, Jerry e i suoi compagni lo hanno fatto ancora. Dopo cinque anni sono di nuovo i campioni olimpici. Probabilmente i rappresentati di Figi a questi giochi non vinceranno altre medaglie, ma siamo certi che da quella parti basterà questo unico successo per festeggiare a lungo.