Tokyo 2020: una giornata tutta d’oro

Prosegue la straordinaria estate dello sport italiano. Tre vittorie in un solo giorno per i nostri colori alle Olimpiadi. Dove trionfare è bello, ma dove a volte anche un ultimo posto può essere vissuto “con lo spirito giusto”.
Antonella Palmisano (AP Photo/Shuji Kajiyama)

Queste Olimpiadi così particolari, queste Olimpiadi prima rinviate di un anno e poi in bilico fino all’ultimo minuto, queste Olimpiadi senza pubblico e fortemente condizionate a causa della pandemia, non finiscono più di emozionarci. Dopo che sono terminati quattordici dei sedici giorni di gare, noi italiani abbiamo già battuto ogni record di medaglie. Siamo a quota trentotto (il nostro precedente primato nella storia dei Giochi era di trentasei), ottenute non in pochi sport di punta, come succede in qualche altra Nazione, ma in tante diverse discipline, segno della competitività trasversale di tutto il nostro movimento agonistico.

Le abbiamo vinte nel judo e nel pugilato, nel ciclismo e nel tiro a segno, nella ginnastica e nella canoa, nel tiro con l’arco e nei pesi, nel nuoto e nella scherma, nel taekwondo e nella vela, nel karate e nel canottaggio. E ne abbiamo vinte, tante e contro ogni pronostico, anche nella disciplina più praticata al mondo, quella che viene giustamente definita come la “regina dei Giochi”: l’atletica leggera.

Questo venerdì d’oro per il nostro sport si è aperto a meta mattinata quando Antonella Palmisano, proprio nel giorno del suo trentesimo compleanno, ha vinto, dominandola, la prova sui 20 chilometri di marcia. A sole 24 ore di distanza dal successo ottenuto da Massimo Stano nella prova maschile, atleta con cui Antonella condivide gli allenamenti, la ragazza pugliese ha davvero sbaragliato la concorrenza sul circuito di Sapporo, mettendo alla frusta anche le cinesi, vere dominatrici di questa specialità nell’ultimo decennio. Una condotta di gara perfetta, unita ad un gesto tecnico davvero impeccabile, le hanno regalato il successo più importante di una carriera che, fino ad oggi, aveva come risultati più significativi il quarto posto ottenuto ai Giochi di Rio del 2016, e il bronzo vinto ai mondiali del 2017. «Dopo la Coppa Europa disputata a maggio sono stata ferma quaranta giorni. Ogni giorno ho pianto, in quel momento era impensabile essere qui, avevo paura di dover rinunciare a questa gara», ha dichiarato subito dopo la vittoria.

E all’arrivo è stata festa grande, con l’azzurra avvolta nell’immancabile bandiera tricolore, festeggiata anche dalla compagna di squadra Eleonora Anna Giorgi che, al pari della neocampionessa olimpica, alla vigilia riponeva in questa gara tante speranze di ben figurare. La Giorgi è una marciatrice di tutto rispetto (tra i suoi risultati più importanti spicca il bronzo ottenuto ai mondiali del 2019 sulla distanza dei 50 chilometri), ma per lei questa prova olimpica è partita subito con il piede sbagliato. Alcuni guai fisici, infatti, hanno mandato in frantumi i suoi sogni di gloria solo dopo pochi chilometri dal via. Lei però, dopo essersi fermata, ha deciso di ripartire e, tra una lacrima ed un sorriso, con una forza di volontà fuori dal comune, ha onorato lo spirito olimpico volendo giungere comunque al traguardo anche se penultima, cinquantaduesima, e a oltre diciassette minuti di distanza dalla Palmisano. Eh già, il fascino davvero unico delle Olimpiadi è che a volte si gioisce per la conquista di una medaglia, mentre a volte si può onorare o essere comunque soddisfatti (seppur in maniera diversa) anche per un piazzamento molto meno lusinghiero. Strano a dirsi vero?

Eppure, è proprio così, è tutta una questione di punti di vista. Basti pensare, ad esempio, a quanto accaduto all’ecuadoriano Claudio Villanueva. Nella notte italiana tra giovedì e venerdì, questo ragazzo di trentatré anni era tra i cinquantanove atleti al via della prova forse più “massacrante” di tutta l’Olimpiade: la 50 chilometri di marcia maschile. Alla fine, tra ritiri e squalifiche, ne sono arrivati solo quarantasette. Ad imporsi è stato il polacco Dawid Tomala, che si è aggiudicato la medaglia d’oro dopo tre ore e cinquanta minuti di gara. Ultimo a tagliare il traguardo, con un distacco di oltre un’ora rispetto al vincitore, è stato invece proprio l’atleta dell’Ecuador. Villanueva alla fine piangeva perché, nonostante il risultato non soddisfacente, era riuscito comunque a terminare la gara. Lui che ha tanto sofferto nella vita, vede la partecipazione olimpica già come una vittoria, a prescindere dal risultato.

Si, dopo averne passate davvero di tutti i colori, questo ragazzo ci teneva davvero tanto a terminare la gara, a onorare la sua presenza ai Giochi a cinque cerchi, dimostrando così di incarnare il vero spirito olimpico. Non stava bene, e il caldo non lo ha certo aiutato (in alcuni momenti il termometro ha superato i trentacinque gradi nonostante si sia partiti alle cinque e mezza del mattino!). Eppure, lui non ha mai mollato. Lui che aveva mancato la qualificazione ai Giochi di Londra del 2012 a causa di una frattura all’anca. Lui che, poco dopo quella delusione sportiva, scoprì che suo figlio era nato con una grave paralisi cerebrale. Lui che, dopo la sua prima partecipazione olimpica (a Rio 2016 fu 45esimo), è andato incontro ad altre situazioni che lo hanno davvero provato (suo padre è scomparso in una zona di montagna nelle Ande e il suo allenatore è morto lo scorso anno a seguito del Covid). Si, ai Giochi si può perdere ed essere comunque orgogliosi di quello che si è fatto, magari anche della sola presenza in gara. Anche se, per dirla alla “Catalano”, vincere è sicuramente meglio.

Luigi Busa (AP Photo/Vincent Thian)
Luigi Busa (AP Photo/Vincent Thian)

Ne sa qualcosa il siciliano Luigi Busà, una vita passata a praticare karate, girando per il mondo a collezionare medaglie di tutti i tipi, tra cui quelle d’oro portate a casa per i due titoli mondiali conquistati nel 2006 e nel 2012. L’atleta azzurro a trentatré anni ha saputo cogliere l’irripetibile occasione di laurearsi campione olimpico (questo sport, a Tokyo inserito per la prima volta nel programma a cinque cerchi, a Parigi 2024 non ci sarà). E lo ha fatto battendo in finale l’azero Rafael Aghayev, suo rivale da sempre ma anche suo amico. I due sono tra i più forti del mondo della loro categoria di peso, si stimano, e spesso hanno avuto occasione di allenarsi insieme. Così, incontrarsi nell’atto conclusivo del torneo olimpico era quello che entrambi speravano accadesse. Alla fine, al termine di un incontro molto equilibrato (1-0 il punteggio) che ha regalato la seconda medaglia d’oro di giornata alla spedizione azzurra, l’ha spuntata l’italiano, che aveva già battuto il suo fortissimo avversario nei turni preliminari.

Ma le soddisfazioni per i nostri colori, in questo giorno d’estate dipinto d’oro, non erano ancora terminate. Poco dopo, quando in Italia erano ormai quasi le quattro del pomeriggio, il medagliere azzurro si è arricchito con una terza medaglia d’oro. Una medaglia inaspettata, ottenuta in rimonta al termine di una gara che rimarrà per sempre impressa nella mente di chi ha avuto l’opportunità di vederla. Lorenzo Patta, Filippo Tortu, Fausto Eseosa Desalu e Lamont Marcell Jacobs, i “quattro moschettieri” della velocità azzurra, hanno vinto la staffetta 4×100 metri maschile, precedendo squadroni come la Gran Bretagna ed il Canada, come la Cina e la Giamaica (gli Stati Uniti erano stati clamorosamente eliminati in semifinale). L’ultima frazione, quella corsa da Filippo Tortu, la vedremo e rivedremo molte volte in tv in futuro, statene certi. Perché, senza girarci troppo intorno con le parole, stiamo parlando … di un’impresa storica! L’ennesima, fornita da una rappresentativa italiana dell’atletica leggera capace di regalarci il quinto oro a Tokyo 2020. Roba da non credere.

Da destra: Filippo Tortu, Lamont Jacobs Lorenzo Patta e Eseosa Desalu (AP Photo/Francisco Seco)
Da destra: Filippo Tortu, Lamont Jacobs, Lorenzo Patta e Eseosa Desalu (AP Photo/Francisco Seco)

Si, è davvero bella questa Italia che sta gareggiando alle Olimpiadi. E la cosa più bella, a pensarci bene, è che dopo questi Giochi tanti bambini vorranno emulare le gesta dei vari Vito Dell’Aquila e Gianmarco Tamberi, Marcell Jacobs e Filippo Ganna, Gregorio Paltrinieri e Vanessa Ferrari. Vorranno praticare sport, più o meno conosciuti. E magari, così facendo, in futuro nasceranno altri campioni che a loro volta saranno in grado di emozionarsi ed emozionarci come in questi giorni stanno facendo i nostri atleti. Ragazzi e ragazze in grado di gioire per una vittoria, o magari di “accontentarsi” per il solo fatto di aver raggiunto un traguardo così prestigioso come prendere parte ad una Olimpiade.

 

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