Togliamo la spina a Ava Gram e Liam Nikuro
Ava Gram è stata creata da Reyme Husaini, uno studente di Singapore di soli 27 anni, graduato all’istituto LaSalle College of the Arts: ha creato Ava Gram in aprile di quest’anno per poter influenzare i propri seguaci anche in riferimento ai comportamenti da tenere durante la crisi del Covid-19. Ava dà opinioni e modi di comportarsi in pubblico, a seconda delle politiche del governo. Liam Nikuro è invece il primo influencer maschile nato nell’aprile del 2019: è un cantante e produttore discografico, e da subito ha guadagnato un audience di 14.400 fans su Instagram, soprattutto grazie alla sua moda da strada ed i suoi post e commenti, su diversi aspetti sociali. Liam è stato ideato e creato da Hirokuni Genie Miyaji: Liam Nikuro è per metà statunitense e per metà giapponese, ed è “nato” dopo un sondaggio a cui hanno partecipato più di 100 persone: un’inchiesta meticolosa sui gusti in fatto di celebrità e modelli di moda. Dopo aver ricevuto le risposte, i creatori di Liam si sono basati, in pratica, sul modello di Justin Bieber con alcuni cambiamenti per farlo diventare più asiatico possibile.
Il fatto preoccupante è che Liam ha foto nel suo profilo Instagram, anche delle sue attività in palestra o mentre consuma una tazza di spaghetti giapponesi e persino quando gioca a baseball. Miyaji ha dichiarato che desiderava che la sua creatura, Liam, aiutasse la società a combattere il bullismo cibernetico, dopo che la famosa star Hana Kimura, una lottatrice e body builder e stella di Netflix nella serie Terrace House, si è suicidata in maggio a causa di bullismo e depressione. Liam doveva essere un personaggio per aiutare i follower a sconfiggere la solitudine, la depressione e dare consigli utili. «Voglio fare qualcosa di buono per la società», Liam afferma in un suo messaggio. Chi lo segue può mandare lettere e chiedere consigli, e si può parlare delle proprie giornate e avere così l’impressione di essere ascoltati da qualcuno. «Riceviamo messaggi sulla casella di Liam e le persone a volte dicono che hanno avuto un giorno terribile e vogliono dirlo a qualcuno», afferma il suo ideatore e creatore Miyaji. «Il prossimo passo sarà quello di dare una voce a Liam in modo che possa comunicare con persone in modo più vicino alla realtà». Al momento, un impiegato spende qualche secondo per rispondere a chi manda messaggi.
L’idea di questi influenzatori sociali virtuali non è nata in Asia, ma in Usa, con la comparsa di Miquela Sousa, detta anche Lil Miquela. Ha più di 2,4 milioni di seguaci e si definisce un «robot in cerca di cambiamenti sociali». Miquela, anche se dà l’impressione di essere una paladina di messaggi sociali, è in realtà uno strumento al servizio delle maggiori case di moda, come Prada e Calvin Klein, e segue in definita il cammino delle star e degli influencer in carne ed ossa (che hanno un’immagine costruita a tavolino, dai loro manager e dalle aziende che li sponsorizzano). Nel 2018, ricordiamo che il giornale di moda Dazed l’ha considerata come ospite d’onore sulle sue pagine ed ha un editore artistico.
Gli influencer virtuali non arrivano dal Giappone soltanto, ma ora spuntano da Singapore (il centro finanziario più importante in Asia) e dalla Cina (il mercato emergente che spinge l’economia mondiale e che guida centinaia di milioni di cittadini). Cosa dire? Questi influencer virtuali sono figli della grande solitudine della globalizzazione. Un buon libro è meglio di qualsiasi robot, è chiaro, e ci può donare molte più idee e strumenti per decidere cosa fare, cosa comprare e se comprare. È fondamentale essere coscienti dei pericoli della deriva digitale, anche per le vite dei singoli. È meglio essere meno connessi col virtuale e più col reale, di chi sta accanto a noi e che, magari, ha bisogno di essere ascoltato. Meglio rivolgersi ad un essere umano di cui noi ci fidiamo o che si fida di noi. L’ascolto vero, fatto con disinteresse, per accogliere l’altro che vuole svuotare il suo cuore, è sicuramente meglio di qualsiasi intelligenza artificiale.
«Pensa col tuo cervello». Il vecchio detto popolare che mia madre mi ripeteva da bambino ogni volta che ritornavo a casa con qualche nuova idea strampalata può essere applicato alle decine o centinaia di migliaia di persone, per lo più giovani, che seguono i cosiddetti influencer del web, coloro che fanno moda, lanciano idee nuove dal punto di vista sociale, modi di pensare e naturalmente, tendenze di consumo di nuovi prodotti, con dietro le spalle il fior fiore di aziende che li comandano e manovrano così i nostri consumi.