Tobia, bambino quasi cattivo

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“Tobia, riporta le pecore! Sei sempre con la testa fra le nuvole, ma a cosa pensi?” grida il vecchio Elia. “Arrivo, nonno” Non si può proprio vivere in pace!”. Infastidito,Tobia raduna le pecore del gregge del nonno e si avvia verso il villaggio poco lontano. A Betlemme è quasi buio e Tobia rientra a casa, pronto per l’ennesima sgridata quotidiana. “Sei una vera disperazione” Oggi è venuta Ruth e mi ha detto che le hai rubato un cesto””. La mamma di Tobia piange e il bambino la guarda, poi strizza gli occhi, perché vorrebbe cancellare tutto quel dolore sul volto della sua mamma. E sente un nodo alla gola. Si siede per terra, in un angolo, dietro la macina. “Vai via! Meriteresti una bastonata, ma non c’è più tuo padre a darti la giusta lezione. Io non so più cosa fare!”. Il bambino sente che il nodo alla gola si stringe sempre di più; esce di casa e, sconsolato, va a sedersi vicino al pozzo. “Tobia”” lo chiama Sara, una delle bambine del villaggio. “Cosa fai qui?”, gli chiede mentre depone per terra un otre. Poi, raccogliendo con un gesto veloce l’ampia tunica azzurra, si accovaccia vicino a lui. “Non mi riesce proprio di far bene niente. Appena progetto una marachella” mi accorgo che l’ho già combinata, prima di poterci pensare un po’, prima di capire cosa potrebbe accadere dopo” Mi manca il tempo per riflettere e così tutti quelli del villaggio mi cacciano, perché pensano che sono un porta guai. “Lo vedi? Tu” tu sei l’unica che mi si avvicina” sospira Tobia con le lacrime agli occhi. Sara sa che un bambino si vergogna nel farsi vedere a piangere, così aggiunge: “Però qualche volta le combini grosse, sai? Eppure io so che non sei cattivo. Per esempio oggi hai rubato il cesto di Ruth perché ne aveva bisogno la vecchia Ester, vero?”. “Come lo sai?”. “Me lo ha detto Ester: stamattina non sapeva come portare al mercato i pani” Ma poi ha detto che un ragazzetto l’aveva aiutata” E quello eri tu”. Tobia sorride un po’ e si pulisce il naso gocciolante con la manica. Poi pensa che davvero in fondo al cuore non sente cattiveria ma solo, qualche volta, un po’ di paura, un vuoto, un buco nero nero, che deve riempire subito con qualcosa. Perché? E perché ogni volta che vede una fonte luminosa, gli sembra che quel buco si dissolva nel nulla? IL BAMBINO SUL POGGIO “Storie, storie” pensa a voce alta Tobia”. “Quali storie?”, chiede sorpresa Sara. “La storia della luce””. “Ah, vero, tu che insegui sempre una luce” L’altra notte eri tu che camminavi verso la stalla, vero? Ci sei stato?”. “No, mi sono fermato a metà strada, ad osservare quel rudere, la stalla, voglio dire” Era una magnificenza” piena di luce!”. “E il Bambino? Non l’hai visto allora?”. “No”. “Oh, che peccato” Il suo nome è Gesù. È così tenero ed è così bella la sua mamma!” – sospira Sara -.Vieni, andiamo a visitarlo. Guarda, ci sono dei pastori che tornano dalla stalla, sul poggio”. “No, non vengo”. “Perché no?” chiede incredula Sara. “Il Bambino è buono, il nonno dice che da grande sarà un re” È il più buono di tutti. Quando mi vede, se non mi caccia lui, mi cacceranno suo padre o sua madre””. Sara ha un moto di insofferenza. “Fai come vuoi, sei il solito testardo e stai diventando insopportabile anche a me””. La bambina ha ormai perso la pazienza, si alza di scatto, getta sui piedi del pastorello una manciata di terra, si ricopre il capo con il mantellino, afferra nervosamente l’otre e se ne va. La si sente brontolare ancora quando Tobia osserva le prime stelle accendersi nel cielo e si augura che Sara torni. In breve l’imbrunire si trasforma in notte e neppure la mamma lo richiama in casa. Tobia sa che dovrà riportare il cesto rubato e chiedere perdono, anche alla mamma. Sta per alzarsi, quando Ruth, la vicina derubata, gli va incontro con aria minacciosa. Tobia immagina già quel che dirà e quel che farà, perciò si alza di scatto come una saetta ed è già lontano, perché considera l’idea che Ruth è troppo grassa e non avrà la forza di inseguirlo. Il cielo è uno scintillio e come una morbida coltre ripara il poggio su cui il Bambinello riposa. “Avrà freddo” commenta a voce alta Tobia. Il nonno aveva raccontato che un asino e un bue scaldavano la stalla. Più che una stalla era un rifugio. Però proprio lì, il giorno prima erano arrivate addirittura delle persone importanti, su cavalcature bardate a festa. “Forse sono principi”.” aveva detto il nonno. Tobia li aveva visti e li aveva inseguiti di nascosto, quasi fino al poggio. Uno era di colore e uno molto vecchio.Aveva anche sentito uno di loro dire, con uno strano accento straniero:”Gaspare, ecco là, credo proprio che là sia il Messia che cercavamo””. Chissà cosa voleva dire. Il Messia sì, lo attendeva anche il nonno, ma Tobia non aveva osato chiedere di più. Erano cose da grandi! UNA LUCE PER TOBIA Tra un pensiero e l’altro Tobia non si accorge di aver camminato fino alla stalla, dove ora solo una debole fiammella toglie il luogo dalla morsa del buio. Il pastorello sbircia attraverso un’asse sconnessa. Accidenti, il bue è proprio lì davanti e Tobia non vede proprio un bel niente! Si sporge ad una finestrella, poco più di una fessura e vede. Vede quello che gli riempie il cuore di tenerezza, perché nella penombra della stalla distingue chiaramente un papà e una mamma, chini su un fagottino bianco, e poi lo sguardo del Bambino su di lui. È uno sguardo luminoso e intenso. Vorrebbe scappare ma, davanti a quegli occhi, le gambe sono pesanti e non si muovono; i piedi sembrano incollati per terra. Sulle mani sente cadere delle gocce tiepide: sono lacrime.Tobia sta piangendo. Si volta anche la mamma del Bambino. “Oh! Come assomiglia alla mia mamma!” pensa Tobia. Poi guarda il papà e sente per un attimo mancargli il respiro: se papà fosse lì, potrebbe proteggerlo, aiutarlo, difenderlo, come fa il papà del Bambino, che ha uno sguardo buono e forte e che adesso gli fa un cenno, per invitarlo ad avvicinarsi. Anche la mamma dice: “Entra, entra Tobia. Gesù ti stava aspettando”. Tobia è un po’ sorpreso. “Io” non posso, forse sono un po’ cattivo”. Ma, senza accorgersene, Tobia si ritrova inginocchiato accanto al Bimbo, mentre la madre asciuga le lacrime del pastorello. Qualcuno sta anche accarezzandogli i capelli ricci ed arruffati. È il papà di Gesù; forse vuole proteggere anche Tobia che intanto si chiede dove sia finito il suo buco nero, quello che dava tanto dispiacere al suo cuore di bambino: non c’è più” Tobia sente anche le manine di Gesù sulla fronte, che forse tracciano un segno. La stanchezza lo prende e dolcemente, sulla paglia, accanto a Gesù, Tobia trova la sua giusta luce, mentre pensa che, da quel momento, la mamma non piangerà più per lui.

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