Tiziano, i dialoghi su natura e amore

A Roma, fino al 18 settembre, la Galleria Borghese ospita La Ninfa e il pastore da Vienna. In colloquio e confronto con altre tele del Vecellio.

Entrare nella Galleria Borghese è sempre una emozione e una sorpresa. Una emozione per il prodigio di bellezza e di armonia delle opere esposte in un contesto raffinato. Sorpresa perché non si finisce mai di scoprire qualcosa di nuovo in lavori che si crede di conoscere già. Ma è questa la peculiarità dell’arte: parla sempre e svela cose nuove, se la si ascolta. Così dal piano terra dove Bernini viaggia e vola con Apollo e Dafne – nessuno mai ha saputo far volare il marmo come lui, neanche Michelangelo -, si passa alla Paolina del Canova, casta eppur sensuale e all’ultimo, desolato Caravaggio.

Salendo nella Pinacoteca, si oltrepassano opere affascinanti: il Raffaello del restaurato Trasporto di Cristo – non è una Deposizione -, opera ancora immatura nonostante il colore splendente e poi la bionda Dama con l’unicorno, si oltrepassano i toscani (Andrea del Sarto e amici), ci si ferma un lungo attimo davanti a Lorenzo Lotto e al suo Gentiluomo tristissimo (e si capisce come fra lui  e Tiziano ci fosse un abisso), oltre Savoldo e Bassano e si arriva alla sala numero venti.

ÈTiziano, circondato da alcuni lavori di pittori veneti, ma brilla solo lui: una Flagellazione, un san Domenico e poi le tele sulla natura e l’amore. Cioè la vita secondo il Cadorino. Per Tiziano natura e amore sono indissolubili, scorrono nel tempo e lo fermano, eternizzano l’uomo pur nel divenire dei giorni e degli anni. Un ideale che il Cadorino porta avanti fin dalla giovinezza e sospinge sino all’estrema vecchiaia. Ecco perché il cuore della piccola-grande rassegna è dato da due tele: la giovanile Amor sacro e profano e la tarda Ninfa e pastore, prestata dal Kunsthistorisches Museum di Vienna.

L’Amor sacro e profano è un inno  – in mezzo ad una natura  fiorita e lacustre, popolata di gente e di un castello all’aurora -, all’amore coniugale rappresentato da due figure di Venere, quella vestita di bianco come Venere celeste e la nuda, dallo sgargiante manto rosso, Venere terrena. La tela, che nella realtà storica sanciva l’unione sponsale di due famiglie rivali, Aurelio e Bagarotto nel 1514, si pone come allegoria della concordia entro la più pacificata natura, turgida di colori luminosi, con due bellezze femminili ideali a significare l’amore fecondo nel matrimonio e la passione temperata.

La straordinaria bellezza della tela trova un suo culmine di significato nel sarcofago centrale in cui un amorino mescola l’acqua in segno di unione fra l’amore naturale e quello coniugale, nel contesto di una luminosità abbagliante e campiture cromatiche distese in figure e in un paesaggio con sfumature ben pensate.

L’amore umano viaggia nel tempo. Ed ecco un’altra tela, Venere che benda Amore, del 1565 circa, quando l’artista ha ormai raggiunto la piena maturità. La pennellata si va sfrangiando, palpita cremosa, la natura diventa infuocata ed il rosso domina come colore la scena. Venere benda il piccolo Amore perché la passione venga temperata e non lasci spazio all’istinto, all’interno di una natura dalle alte montagne azzurre, sfocate nel tramonto più acceso.

Ed infine, la tela di Vienna, degli anni 1570-1575, il tempo della vecchiaia estrema e creativa dell’impetuoso Tiziano, che morrà nel 1576. Egli ritorna al tema giovanile delle Tre età dell’uomo – ossia l’amore da ragazzo, da giovane e da vecchio sempre dentro alla natura (Londra, National Gallery) – per ripresentare una natura cosmica, selvaggia, tempestosa, appena distinguibile: data a colpi forti, sfocati, raggrumati:  in una parola, moderni.

Una giovane ninfa ignuda ascolta il giovane pastore con il flauto: ha suonato un canto d’amore o lo suonerà? Non lo sappiamo. Quello che conta è il discorso sull’amore che eternizza l’uomo e la donna, che rende la natura selvaggiamente fluida e viva, che muove ogni cosa. Il vecchissimo pittore inventa un turbine atmosferico gigantesco, fa fibrillare la tela in macchie colorate e lampi luminosi in un vitalismo irrefrenabile dove la pausa è solo nel vis-à-vis dei due giovani. L’incantesimo dell’estrema vecchiaia, la poesia di natura e l’amore destinati a non morire. La vita è un vortice come la natura. È la parola di Tiziano.

Tiziano Dialoghi di Natura e Amore. Fino al 18.9 (catalogo Artem) a Roma.


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