Tina Turner, la regina se n’è andata
«Vorrei essere ricordata come la regina del rock’n’roll, come una donna che mostra ad altre donne che è giusto lottare per il successo». Così aveva dichiarato Tina Turner appena qualche settimana fa, in un’intervista al quotidiano The Guardian. E c’era tutta lei in quest’affermazione, un’artista – e una donna – straordinariamente volitiva, resiliente, pronta a combattere per qualunque causa ritenesse degna di venir combattuta.
Non so se resterà nella storia della musica come la regina del rock’n’roll, di certo Tina Turner – al secolo Ann Mae Bullock – è stata una delle popstar femminili più rappresentative della musica nera di tutti i tempi. Un’icona, un simbolo, un modello anche al di fuori del suo mestiere. Perché la sua non è solo la storia di un’artista, ma di una donna marinata nel dolore, emancipata attraverso scelte spesso coraggiose, e dotata di una volontà incrollabile.
Era una figlia del sud rurale, figlia di un pastore battista che l’aveva svezzata musicalmente facendola cantare nel coro della sua parrocchia. Poi però la famiglia s’era sfasciata, e lei e sua sorella avevano lasciato il Tennessee e si erano trasferite a Saint Louis, in Missouri. E lì aveva incontrato l’uomo che l’avrebbe lanciata nel music-business, ma ad un prezzo altissimo.
Tina aveva sposato Ike Turner nel ’60, poco dopo aver varato uno dei duo più interessanti della nuova black music dell’epoca. Un sodalizio che partorì capolavori tracimanti di energia soul e rhythm’n’blues come It’s gonna work out fine, la cover di Proud Mary dei Creedence, River Deep Mountain High e Natbush City Limits, ma anche – soprattutto a causa della tossicodipendenza e l’alcolismo di lui – una relazione tossica costellata di violenze, vessazioni psicologiche, abusi d’ogni tipo. Un’accoppiata tanto intrigante sui palchi quanto disastrosa dietro le quinte.
Finché, verso la metà degli anni Settanta, Tina scappò via, chiese il divorzio e cominciò una nuova vita, anche artistica. Pur segnata nel profondo, si ributtò a capofitto sulla scena musicale dell’epoca, partendo dal basso, esibendosi per pochi soldi in locali di basso rango. Ma aveva una gran voce, sul palco emanava un’energia e un sex-appeal irresistibili, e la sua determinazione era inscalfibile. Pian piano la sua carriera solista acquistò sempre più rilevanza, regalandole anche nuove razioni di quell’autostima che l’ex marito aveva inutilmente provato ad azzerare.
Il botto arrivò nel 1984 con l’album Private Dancer, un successo da 20 milioni di copie contenente una serie di singoli di grande successo, cui fece seguito il primo di una bella serie di tour intercontinentale e anche una serie di duetti con stelle del calibro di Mick Jagger (in una memorabile performance durante lo storico Live Aid del 1985), David Bowie, Eric Clapton, Brian Adams, e molti altri, tra cui il nostro Ramazzotti. Parallelamente Tina cominciò a sfruttare il suo successo per molte buone cause, facendosi portavoce di tante battaglie sociali, prime tra tutte quella contro le violenze sulle donne e la lotta contro le discriminazioni razziali. E ben presto Tina divenne un modello di riferimento, un esempio e uno sprone non solo per molte altre donne vittime d’abusi, ma anche per scardinare il maschilismo e il razzismo che gravava ancora su ambienti del music-business planetario.
Seguirono altri successi, dalla partecipazione al film Mad Max ad altri best sellers planetari, da collaborazioni con altri mammasantissima come Bono Vox, a performance televisive, libri, perfino un musical, Tina, ispirato alla sua storia; nel 2008 festeggiò i suoi 50 anni di carriera con una mega tour mondiale, e nel 2013, a 73 anni suonati finì la copertina di Vogue.
Nel frattempo si era trasferita in Svizzera con il suo nuovo marito, un discografico tedesco di 15 anni più giovane e la sua attività era andata via via diradandosi, anche in seguito a una serie di problemi fisici sempre più rilevanti (un ictus e il cancro che la colpì nel 2016 per il quale il marito le donò un rene): l’ennesima battaglia di una donna a cui la vita continuava a regalare sempre nuovi dolori, in primo luogo la morte di due dei suoi quattro figli, uno di cancro e uno suicida.
Tina Turner ha concluso l’ultima delle sue battaglie nella sua casa sul lago di Zurigo, serenamente e circondata dai suoi affetti a quanto ha riferito il portavoce. Aveva 83 anni.