“Time to dare”: un hackathon per “umanizzare” modelli digitali
Obiettivo E-GIVE
Realizzare E-GIVE, una piattaforma web strutturata che, basandosi sul principio della gratuità, permetta a chi desidera donare quanto ritenuto superfluo o di scarto, di farlo digitalmente, a beneficio di chi ne ha necessità, sul modello dei tradizionali e-commerce. Questo l’obiettivo primario di “Time to Dare”, iniziativa dal titolo evocativo che, sia letto interamente in inglese, sia per metà in italiano, rende efficacemente l’intento di osare (in inglese “to dare”), e dare, le due espressioni alla base di questo progetto promosso da Fondazione Diana, Diocesi di Caserta e Caritas italiana. L’iniziativa ha preso il via alle 14 di venerdì 17 gennaio a Caserta e si concluderà il 22 gennaio, componendosi di un “hackathon” sociale e un forum destinato ai giovani, che promuovano la cultura del dare, da contrapporre alla cultura dello scarto, nella prospettiva di far crescere la comunione dei beni materiali, immateriali e relazionali. A pensarla, un team organizzativo composto da giovani appartenenti ai promotori e alle organizzazioni partner aderenti: Movimento dei Focolari, Azione Cattolica, Agesci, Rete Salesiana, Centro Sociale ex Canapificio, grazie anche al contributo della BCC Terra di Lavoro.
Un “hackathon” innovativo…
Il particolare concorso è noto con il termine hackathon, dallo stesso etimo di “hacker”, con il quale s’intende una sorta di maratona informatica: in questo caso non solo propriamente informatica, dato che i concorrenti, sotto forma di contest, gareggiano nel nuovo Innovation Hub casertano 012 Factory su un tema assegnato per 24 ore consecutive, puntando al montepremi complessivo 5000 euro. Una gara rivolta a giovani competenti in sviluppo software, programmazione, grafica, scienze sociali o economiche, che concorrono a ideare un prototipo di piattaforma web che sviluppi un modello digitale di sostenibilità sociale e ambientale, nel principio della gratuità, secondo l’obiettivo primario, così da favorire processi di economia circolare che permettano di recuperare e dare nuova vita a beni ancora utili, riducendo i rifiuti destinati allo smaltimento.
…e un forum dei giovani
All’hackathon seguirà, nel complesso casertano di San Leucio, antica sede di un modello d’eccellenza amministrativa che abbiamo raccontato, il Forum dei giovani, composto da brevi interventi, tra i quali, oltre a quello del vescovo di Caserta, Giovanni D’Alise, quelli degli economisti Luigini Bruni e Alessandra Smerilli, tutor del progetto, ma anche da esperienze, proposte e domande dei partecipanti. L’intento è aprire un laboratorio di frontiera indirizzato soprattutto a giovani che intendono mettersi in gioco per prendersi cura del pezzo di umanità che li circonda, proprio come gli stessi hanno lavorato all’organizzazione di Time to Dare: un gruppo eterogeneo con esperienze di vita e professionali differenti. A San Leucio, il Forum dei giovani sarà un laboratorio di idee, esperienze, proposte e domande rivolto a tutti gli operatori sociali che si occupano di povertà animati da valori della pace, della fraternità universale, della sostenibilità ambientale, e dunque di una cultura economica improntata alla comunione, alla gratuità e alla reciprocità.
Un tempo propizio
Il momento di lancio è volutamente collocato temporalmente nel periodo preparatorio dell’evento di Assisi, The Economy of Francesco (26-28 marzo) e all’inizio delle celebrazioni del Centenario della nascita di Chiara Lubich (22 gennaio 1920), fondatrice del Movimento dei Focolari. D’altra parte, proprio ai giovani papa Francesco ha indirizzato il suo messaggio d’invito ad Assisi: «So che voi siete capaci di ascoltare col cuore le grida sempre più angoscianti della terra e dei suoi poveri in cerca di aiuto (…) e non avrete paura di rischiare e di impegnarvi nella costruzione di una nuova società». Proprio come era una semplice e giovane maestra Chiara Lubich quando, con le sue compagne a Trento, durante la Seconda guerra mondiale, finito il lavoro o lo studio, partivano ognuna con due valigione piene per visitare i tre rioni più poveri della città per – dicevano – «concorrere a risolvere il problema sociale della città».