Tiepolo, la gioia della vita

Tiepolo è come la sua città natale: sparge colore e luce dovunque passa, semina vita. Un’arte che non può morire. Pittore classico e cristiano, è oltre il tempo. In mostra a Milano fino al 21 marzo 2021
Tepolo foto GDI

Ma è davvero morto a Madrid 250 anni fa? C’è una tale freschezza, una tale entusiastica gioia di vivere nelle tele, negli sterminati affreschi in tutta Europa, che Giambattista Tiepolo, di Venezia, non può essere davvero morto.

I cieli azzurri, le primavere e le estati sfolgoranti, la luce soprattutto dicono di un’arte che non può morire. Tiepolo è come la sua città natale: sparge colore e luce dovunque passa, semina vita. È come la musica del contemporanei Bach, Vivaldi, Mozart. Entusiasmo, estasi della bellezza di essere al mondo. Serenità indiscussa.

Certo ci sono momenti di malinconia: a Villa Valmarana a Vicenza quando affresca Rinaldo che lascia Armida si sentono le lacrime d’addio, ma sono lacrime da melodramma, melodia elegiaca, durano un attimo, poi la vita continua. I due sono così belli e fascinosi che l’amore gli ritornerà di sicuro.

Quando da giovane affresca le storie di Abramo nella Galleria dell’Arcivescovado ad Udine si innamora della luce e ci conquista. Vedere il patriarca davanti ai tre angeli, simbolo antico della divina Trinità: tre ragazzi sciolti, semplici, nell’alba più chiara possibile, quando le prime luci fanno uscire i pensieri più belli e più freschi, e chi è vecchio come Abramo riconosce subito il passaggio di Dio. La fede come estasi mattutina, il risveglio dell’anima.

Vedere i suoi santi, le Madonne che svolazzano tra i cori angelici nei cieli o l’Immacolata cinta di aurora, è uno spettacolo che sa di teatro, certamente, di scenografie ricche e solari, ma che teatro, che immagini soavi, quali bellezze aeree ci porta una pittura così semplice, immediata, pura. Come l’angelo che indica le stimmate di san Francesco nella tela al Prado (Madrid): pathos di sicuro, ma controllato, misurato. Tiepolo possiede un equilibrio psicologico e artistico unico.

Così passa a evocare banchetti fra eroi come Antonio e Cleopatra (Venezia, Palazzo Labia), imprese di Alessandro Magno, soffitti con gli dei dell’Olimpo come quello sopra la scalinata a Wurzburg, in Germania, nel palazzo del principe arcivescovo. È una cascata di colori, un sole che squarcia i cieli, un inno all’infinito a piena orchestra. E’ la gloria della vita da parte di un artista viaggiatore, come i colleghi Bellotto e Canaletto.

Sì, perché l’arte di quest’uomo fantasioso, dotatissimo, infaticabile, è una tensione all’eternità continua. Ricorda, Tiepolo, che la vita non può morire, non morirà mai. Nella straordinaria sinfonia della volta di Palazzo Clerici a Milano La corsa del carro del Sole (1740) è un creato invaso dalla luce, l’eternità in moto che   si spalanca sulla terra come forza, eleganza e bellezza. Dico eleganza come armonia, leggerezza, trasparenza del colore che tende spesso al rosa e al bianco, cioè alla castità della luce.

Pittore classico e cristiano, Tiepolo è oltre il tempo, anzi, per lui il tempo non esiste. Passa disinvolto da Tasso a Virgilio, dagli dei ai santi, dalle estasi agli amori, per affermare una sola cosa: la bellezza è immortale. Essa oltrepassa il dolore e la fine. È lei a vincere il tempo e a rimanere. Tiepolo, pittore immenso che ha dentro di sé l’infinito, viene giustamente celebrato a Milano in tempi di pandemia come un invito alla fiducia e alla serenità.

Milano, Gallerie d’Italia, fino al 21 marzo 2021 (catalogo Skira)

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