Ti presento Hussein

Il disorientamento di chi arriva nel nuovo mondo, l’aiuto del Centro Astalli, le difficoltà di integrazione, la tenacia di continuare a sognare. Nell'ambito della settimana Good News

Ricordo il primo giorno che l’ho incontrato: mi aspetta con aria timorosa nella stanza dei colloqui di orientamento, i suoi occhi grandi, color cioccolato come la sua pelle. Le parole escono sottovoce, in punta di piedi. Hussein Keita ha 21 anni (oggi 22) e viene dalla Sierra Leone. Come ogni persona è unico, ma cosa vuol dire in questo caso?

La sua voce mi conduce dolcemente nell’esperienza di chi arriva nel “nuovo mondo” ed è fortemente disorientato. Mi viene inviato dal Centro Astalli con una premessa: «È un ragazzo che ha tante potenzialità». Non passa molto tempo che me ne accorgo, il suo sguardo brilla ogni qualvolta scopre qualcosa di nuovo ed emergono tante risorse personali. Il percorso ci conduce verso la scoperta di quale lavoro potrebbe fare e quale tipo di formazione occorre. A volte inciampiamo nel colloquio, lui non capisce alcune parole e io faccio dei tentativi di parlare in inglese.

Non dimentico i sorrisini con cui mi prende in giro, così ci capiamo ancora meglio, non servono parole, basta il non verbale e sentirci entrambi un po’ scomodi con una lingua che non è propria. Tra un racconto e l’altro emerge il suo desiderio di studiare, gli piacerebbe andare all’università, ma la priorità è lavorare per mantenersi, in quanto si avvia verso l’uscita dal centro di accoglienza (c’è l’ansia della fretta).

Un bagno di realtà ci porta verso professioni che permettono un inserimento immediato nel mondo del lavoro e che comunque lo portino a mettere in pratica alcune sue attitudini. Alla prima domanda: «che lavoro vuoi fare?», risponde, «Tutti!». Questa è una falsa credenza di chi cerca lavoro, al contrario “tutto” a volte vuol dire “nulla”. Pian piano arriviamo ad individuare un paio di settori e poi al suo obiettivo professionale a medio termine. Si iscrive (attraverso il supporto del centro) a un corso per facchino e cameriere ai piani. Ci salutiamo con la promessa di mantenere aperti i sogni e i progetti e che questo è solo il primo passo…

img-20181010-wa0014Lo incontro dopo un anno circa e lo ritrovo lavoratore nel settore alberghiero, con tanti nuovi obiettivi. Fiera di lui, penso di fargli un’intervista. Gli scrivo alcune domande su come ha vissuto il processo di integrazione e Hussein racconta (lascio qualche parola in originale perché è molto comunicativa): «La sfida più grande per uno straniero che cerca lavoro in Italia è l’integrazione. È difficile integrarsi quando non conosci bene la lingua».

Gli chiedo dal suo punto di vista chi e cosa può aiutare la ricerca lavoro di chi come lui arriva qui: «È importante fare un corso e prima di cercare lavoro fare qualche esperienza (come un tirocinio) nel settore che piace di più, per avere più “rassicurazione” e conoscere il lavoro che si andrà a fare». Gli chiedo poi della sua esperienza professionale attuale: «Lavoro in un ostello e sto immaginando già che avrò un futuro stupendo, perché sto studiando per avere tanta esperienza nel settore. Il mio sogno è diventare un “dottore” dell’albergo, perciò mi sto specializzando in Hospitality Management».

Gli chiedo anche se c’è qualcuno che ha incontrato in Italia a cui è grato. Risponde: «Vorrei ringraziare il centro dove abitavo, il Centro Astalli, che mi ha veramente aiutato a iniziare una nuova vita in Italia. La signora con cui ho fatto orientamento mi ha insegnato la strada per trovare un lavoro e anche tutte le persone che mi stanno insegnando l’italiano. Consiglierei a tutti i miei amici che stanno cercando lavoro in Italia di studiare bene la lingua, di integrarsi con gli italiani, e fare dei corsi per raggiungere il loro obiettivo».

Ci sono incontri che lasciano qualcosa e anch’io ho voglia di ringraziare Hussein, per ciò che è e che sa dare, per il suo ottimismo e la sua ironia, per continuare a sognare realtà che si potranno avverare, perché cammina con determinazione!

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