Thich Nhat Hanh, un grande maestro di vita
Per l’Occidente, Thich Nhat era una delle figure buddhiste più conosciute, avendo vissuto in Francia la maggior parte dei suoi 39 anni di esilio, lontanto dalla sua patria, il Vietnam. Con lui se ne va anche un pezzo di storia, quello della guerra del Vietnam. Thich Nhat Hanh era uno che la guerra non la voleva, e per questo ha pagato con l’esilio. Ma i grandi uomini anche se sradicati dalla loro terra e cacciati via, dovunque arrivino mettono radici e producono frutti di vita, lasciando un segno che continua anche dopo la morte.
Così è stato anche per Thich Nhat Hanh: scacciato dal Vietnam nel 1966 dopo una conferenza stampa in Usa con Martin Luther King contro la guerra, e negli anni ‘80 bandito anche da Singapore, dove aveva tentato di aiutare i boat people, la sua gente che scappava dalla repressione del regime vietnamita, si rifugiò in Francia. Acquistò in Dordogna un pezzo di terra e dopo molte vicissitudini vi fondò nel 1982 un centro di meditazione buddhista: nacque così il Villaggio delle prugne, dove si insegnava una spiritualità con elementi tratti dal buddhismo Mahayana, Zen e Theravada. Il Villaggio delle prugne era aperto a chiunque volesse praticare la consapevolezza, la coscienza di redimersi dai propri dolori, di uscire dal laccio delle passioni e dei desideri mondani, e trovare un nuovo modo di vivere e di affrontare le difficoltà della vita.
Thich Nhat Hanh ha insegnato a molte persone, dapprima in piccoli gruppi, poi sempre più numerosi, come trovare pace e serenità nel mondo moderno. Un tema molto caro alle vecchie e nuove generazioni dell’Occidente, in cerca percorsi alternativi al cristianesimo.
Thich Nhat Hanh ha anche viaggiato molto: negli Stati Uniti è stato intervistato da Oprah Winfrey e Martin Luther King nel 1967 lo ha proposto come premio Nobel per la pace.
Cosa ci lascia Thich Nhat Hanh? Molto, ma sicuramente la sua grande, grandissima passione per la salvaguardia del creato. Diceva recentemente che se l’uomo non è capace di “lottare per liberarsi dalle proprie sofferenze, nemmeno lo farò per il pianeta dove vive”. È inoltre un uomo che ha profondamente sofferto per il suo popolo e la sua terra, il Vietnam, e che ha scelto la via della non violenza per combattere i suoi nemici: è questo che l’ha avvicinato a Martin Luther King al quale era legato da una sincera e fruttuosa amicizia.
L’eredità di Thich Nhat Hanh è ora nelle mani dei suoi seguaci, che in questi giorni, in Vietnam ed in tutto il mondo, rendono omaggio ad un uomo che ha saputo cogliere le aspirazioni e le esigenze di tanti, ed ha provato a dare una risposta, come sapeva, secondo la sua tradizione religiosa. Il tempo ci dirà se quanto ci lascia Thich Nhat Hanh ha un valore che saprà sfidare l’usura del tempo e gli attacchi del mostro della mondanità. Anche nel buddhismo, come nel cristianesimo, è molto chiara questa sfida: il denaro, il potere, la notorietà, il privilegio della casta sacerdotale detto anche clericalismo. Anche in Vietnam è ben radicato il clericalismo sia tra i buddhisti che tra i cristiani. Anche per esperienza personale, so che il buddhismo nel sud est asiatico è purtroppo connesso con il potere, e questo crea non poche preoccupazioni. I quadri dirigenti del Sangha buddhista (il clero) sono di nomina governativa in tutti i paesi della regione. Mi confidava qualche tempo fa un noto maestro di meditazione buddhista: «I nostri superiori sono nominati da laici, peccatori. Mentre i vescovi cattolici sono nominati direttamente dal Papa, da Roma… Desidererei tanto fosse così anche per noi e l’ho anche suggerito. Ma non è possibile».
Ho personalmente una bella esperienza con molte monache e monaci buddhisti del sud est asiatico: ho trovato tanta fraternità, saggezza, sincerità e compassione per un povero reporter occidentale che non capiva nulla di buddhismo. Queste amicizie, che ancora oggi coltivo, mi hanno donato tanto, aiutandomi a capire le persone e la società nella quale vivo da più di 30 anni. Penso che dobbiamo essere capaci di valorizzare tutto quanto di buono, di bello e di vero esiste in campo spirituale, certamente senza prendere tutto a scatola chiusa: bisogna saper ponderare con cuore sincero e praticare “la fatica di studiare”, come diceva il filosofo Giuseppe Zanghì, per essere sé stessi e capaci di dialogare. Intanto, però, accompagniamo l’anima di questo grande uomo, Thich Nhat Hanh, con le nostre preghiere. Lui ha saputo donare con grande rispetto all’umanità intera quanto di bello aveva in cuor suo.