“On the road” in Islanda
Sono partiti in 3, dopo aver trovato un’occasione su dei voli. Luca, uno dei ragazzi, ci racconta di come non abbiano pensato due volte a prenotare. Già dall’inizio, quindi, è stato un viaggio all’insegna dell’avventura, che ha caratterizzato la loro intera esperienza. Inoltriamoci ora insieme, grazie alle parole di Luca, nel paesaggio selvaggio islandese, alla scoperta delle sue bellezze e, perché
no, imparando anche per un nostro futuro viaggio! L’11 ottobre 2022 i 3 amici prendono l’aereo alla volta di Reikiavik, in piano 7 giorni on the road, letteralmente dall’inglese “sulla strada”, ovvero in macchina, a tappe. «Volevamo fare un viaggio più naturalistico», spiega Luca. La scelta dei nostri ragazzi è forse quella migliore: in Islanda il numero delle aree protette è 130. Queste coprono il 17,44 % della superficie dell’isola, in tutto 17.844,57 km2. Per rendere l’idea, più grande della superficie del Lazio che conta 17.242 km2. Le aree marine protette invece raggiungono i 566 km2, 14 siti in totale. L’energia utilizzata inoltre proviene per il 90% da fonti rinnovabili (elettrica e geotermica) prodotte sul suo territorio.
La ragione del viaggio a tappe è anche quella del divertimento e dell’avventura: l’ebrezza
di essere in un posto diverso ogni giorno è un’occasione unica e irripetibile. Senza dubbio si rivela più complicata di una vacanza in un luogo fisso, ma ripaga il brivido della scoperta e del fare esperienza anche delle eventuali difficoltà. Ogni notte in un alloggio diverso. Mi racconta Luca: «Una volta siamo finiti in un posto… Hai presente quei motel americani lungo l’autostrada che non hanno la reception? Ecco, quelli. Oppure un cottage in una sorta di villaggio, una capanna in legno. Un’altra volta un ostello dove c’erano turisti da tutto il mondo. Anche loro si appoggiavano lì per la notte, facevano il nostro stesso itinerario di viaggio. Le camere da letto miste con tanti letti a castello, la cucina molto grande e condivisa. Per renderti l’idea, c’era ad esempio il signore cinese che preparava il riso, l’indiano che cucinava cibi speziati, e noi l’amatriciana! In realtà avevamo la pasta nelle buste preparate, pronta in 10 minuti».
Perdonatelo, lettori italiani e amanti delle tradizioni, era solo per praticità e risparmio. Il costo di vita è infatti un po’ più alto dell’Italia. Ci sono le corone islandesi, quindi attenti a cambiare moneta. Una cosa che a Luca è piaciuta molto dell’Islanda è l’attenzione per l’ambiente. Per esempio, ci sono vari percorsi che permettono di inoltrarsi nei paesaggi. Interessante è che sono curati da addetti, che li attraversano raccogliendo buste e cartacce che, in realtà, non si trovano mai. Quindi fanno questi giri a vuoto, dato che, alla fine, è tutto pulito. «I percorsi però non sono tutti segnati. In alcuni giorni facevamo dei giri classici, per visitatori. Una volta, ad esempio, abbiamo fatto il Golden Circle, ricco di cascate.
Siamo partiti dall’ovest dell’Islanda, Reikiavik, e siamo arrivati alla costa est, poi siamo tornati indietro. Nella parte est c’era questo grande ghiacciaio, lì ci siamo inoltrati un po’ di più nel paesaggio. C’erano foche, spiagge nere, grossi pezzi di ghiaccio che sembravano diamanti, quasi scongelati ma non del tutto, che brillavano agli occhi». «Alle foche vi siete avvicinati?», chiedo. «Diciamo di sì, ho fatto molti video, erano veramente carine». A parte la fauna, la comitiva ha potuto ammirare quel fenomeno che molti sognano di vedere dal vivo da sempre: l’aurora boreale. Durante le notti gli si ripresentava puntualmente, avendo scelto anche il periodo dove appare più spesso, l’autunno. Anche la primavera è indicata. «Era sempre una meraviglia, in qualsiasi posto andavamo e ovunque ci trovavamo». Il posto più bello: Haifoss, la cascata tra la neve che scende in una grande valle, una sorta di canyon. C’erano due arcobaleni allo stesso tempo. «Si respirava un’atmosfera surreale e sembrava di essere in un altro mondo, letteralmente».
«Il mondo è un libro, e quelli che non viaggiano ne leggono solo una pagina».
Sant’Agostino d’Ippona
Un altro momento che è piaciuto molto a Luca è stato quando sono andati presso un fiume riscaldato naturalmente. Per arrivarci una camminata di 3 ore, poi, una volta a destinazione, hanno incontrato delle persone che avevano già conosciuto durante il viaggio. È stato bello per i ragazzi incontrare altre culture. In quell’occasione in particolare c’era un brasiliano, sua moglie e due coreani. Una chiacchierata tra conoscenti e il bagno nell’acqua calda, insomma all’insegna del relax… Fino a quando non bisognava uscire dal fiume! Terzo e ultimo momento rimasto impresso a Luca è legato ai suoi amici: «C’era sempre lavoro di squadra in tutto quello che si faceva, si è costruito molto il legame».
Insomma, i nostri 3 ragazzi dovevano rientrare in patria. Prima però bisognava prendere la cena. In due al supermercato a comprare pane, pomodoro e tonno. Uno aveva optato per il fast food. Dopo aver lasciato il negozio, Luca e l’amico avevano notato che le scatolette di tonno erano senza linguetta per aprirle. Panico. Entrati nel ristorante dove c’era l’amico, avevano chiesto aiuto al dipendente che, giustamente, non sembrava volerne sapere. Tornati al supermercato, si erano fatti cambiare il tonno. «In tutto ciò, per una scatoletta, si stava avvicinando l’orario del volo – racconta Luca, con ironia –. Verso il check-in, poi, abbiamo capito che non potevamo passare i metal detector con la scatoletta. Dovendo farcire i panini, ci serviva un tavolo. C’erano dei secchi molto grandi e spaziosi… sì, esatto, quelli dell’immondizia. Insomma, li abbiamo apparecchiati. La gente passava e rideva. È stato imbarazzante, ma molto divertente! Di quelle cose che capitano solo una volta nella vita (speriamo)».