The Missing
Ron Howard è un regista che non entusiasma troppo quanti gli rimproverano la serietà con cui spesso affronta temi che altri tralasciano o trattano con più attenzione alla sensibilità delle grandi platee. Anche The Missing manifesta tale stile ed appartiene ad un tipo di pellicole, i western, dalla cui logica molti non si sentono più attirati. Ma in realtà ha vari pregi. Siamo alla fine del XIX secolo, fra i monti selvaggi del New Messico. Alla padrona di una fattoria isolata viene rapita una figlia adolescente. Con l’aiuto di suo padre, si mette sulle tracce dei rapitori, capeggiati da un indiano malvagio. La narrazione presenta una serie ininterrotta di emozioni forti. La natura è ripresa con una fotografia di alto livello, capace di mostrarcela come un luogo minaccioso, oltre che splendido. È in questo ambiente, tipico dei western classici, che viene presentata una problematica attuale, complessa e ricca di sfumature. È quella della convivenza di razze e di generazioni diverse, in un’epoca che si sta trasformando. Ma la contrapposizione non è tanto tra culture quanto tra gruppi interrazziali formati, da una parte, da delinquenti legati da traffici iniqui, dall’altra da persone che vogliono salvare parenti sfortunati. Il personaggio più significativo è anche quello più combattuto interiormente tra il male, compiuto nel passato, e il bene che ha scelto successivamente. È il padre della donna, il convincente Tonny Lee Jones, che introduce la figlia, che ha una ferma fede cristiana (l’altrettanto brava Cate Blanchett), alla conoscenza della mentalità indiana. Il film si conclude con la liberazione di varie ragazze, destinate alla prostituzione nel Messico, offrendo un tocco ottimistico, gradito a quanti ben sanno che fatti simili accadono anche da noi. Regia di Ron Howard; con Tommy Lee Jones, Cate Blanchett.