The interpreter

Sydney Pollack è autore troppo noto per ricordare i successi, che ne hanno mostrato la capacità di combinare spettacolarità e contenuti profondi. Si ricorda I tre giorni del condor, riuscito thriller politico di trenta anni fa che denunciava complotti per il petrolio. The interpreter gli somiglia, ma ha un andamento più calmo ed elegante, mettendo a fuoco una questione di etica internazionale. Ambientato nel palazzo dell’Onu, aperto ad un regista per la prima volta, il film si chiede quale sia il comportamento da adottare quando in un paese sale al potere un dittatore corrotto e responsabile di stragi. Ci introducono al tema le storie dei due protagonisti, gli ottimi Nicole Kidman e Sean Penn, lei una traduttrice, bianca di origine africana, lui un agente della sicurezza, che si trovano coinvolti in un finto attentato. I due si aprono progressivamente ad un dialogo difficile, che svela segreti politici e manifesta la loro sensibilità alle violenze, subite in modi diversi. Parlano della vendetta, come origine di sofferenza prolungata, e di una forma liberante di perdono, praticata da una tribù africana. La loro scelta finale non vendicativa, presa dopo un prolungato e sofferto scambio di opinioni, diviene metafora della decisione dell’Onu di sottoporre il dittatore ad un processo regolare e della sua politica, che punta al dialogo fra le nazioni, anziché all’invio di armi. Regia di Sydney Pollack; con Nicole Kidman, Sean Penn. Raffaele Demaria

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