The human library, una biblioteca vivente
Abbattere i pregiudizi, favorire l’ascolto e l’inclusione sociale, difendere i diritti di una persona, da questa idea è partito Ronni Abergel, quando, nel 2000, ha deciso di creare la prima Biblioteca umana a Copenhagen. Aiutato da suo fratello Dany e dai colleghi Asma Mouna e Christoffer Erichsen, ha creato uno spazio protetto dove le persone possono incontrarsi e confrontarsi su diverse tematiche, senza temere di essere giudicate. La “Menneskebiblioteket”, come è chiamata in olandese, può sembrare a prima vista una biblioteca comune, con cataloghi che raccolgono i titoli, abstract e bibliotecari che aiutano i lettori nella scelta, c’è però una differenza rispetto alle altre biblioteche: i libri sono le persone narranti. Il lettore infatti, colpito da un titolo, ha la possibilità di passare 30 minuti con una persona in carne ed ossa, il libro vivente, ascoltare la sua storia, approfondire la sua vita e farsi trascinare dalle emozioni proprio come accade leggendo.
«Vivo per strada. Vivo alla giornata e non ho un tetto sulla testa. Nessun bagno da visitare, nessuna cucina per fare un caffè. Possiedo pochissimo e devo molto di più e sono un senzatetto».
«Quando bevevo ancora, pensavo che il mondo si sbagliasse su di me. Vivevo nella negazione e facevo del male non solo a me stesso, ma a tutti quelli che si prendevano cura di me».
«Ho lasciato le foto della mia infanzia, di una vita a cui non tornerò e che sono stata costretta a lasciare. Ho lasciato un posto bellissimo che chiamavo casa».
Come si legge dagli abstract pubblicati sul sito (humanlibrary.org), i libri umani sono spesso persone che appartengono a minoranze, vittime di pregiudizi derivanti da un credo religioso diverso o perché appartenenti a una cultura diversa, ma anche vittime di abusi o persone con disabilità. L’obiettivo è entrare in contatto con i libri viventi e ascoltare la loro storia facendo cadere ogni barriera e ogni pregiudizio. Tra i libri viventi c’è chi è dipendente dall’alcool, chi è senzatetto, chi ha subito molestie e chi ha subito violenze perché di religione musulmana, chi vive tutti i giorni con una malattia mentale e chi ha lasciato il proprio paese scappando da una situazione complicata. Ognuna di queste persone vuole portare alla luce un problema, mettendosi a nudo e raccontando la propria storia personale, rispondendo a domande e confrontandosi con chi ha la voglia e la curiosità di andare oltre e di non scegliere un libro “solo dalla copertina”. Ad interessare è il contenuto, le barriere sociali e culturali che un dialogo costruttivo può buttare giù, superando stereotipi e favorendo l’inclusione sociale. Ad oggi l’idea è stata esportata in 85 Paesi in 6 continenti.