The Hateful Eight

Tra le uscite della settimana, colpo grosso con il nuovo film di Tarantino, un western atipico che ingloba tanti generi: horror, splatter, avventura, thriller psicologico... Da non perdere anche "Remember" di Egoyan. Ma in sala anche qualche altro film interessante
The Hateful Eight

The Hateful Eight

 

L’ottavo film di Tarantino esce finalmente dopo una lunga attesa, abilmente amplificata dai media. Tarantino è furbo: ottimo esperto di movies di serie B e buon conoscitore anche del cinema, per così dire “alto” o “impegnato”, mescola sapientemente i generi e ci regala un suo lunghissimo lavoro – tre ore – che ha lasciato divisa la critica (stroncatura del Corsera), ma forse al pubblico piacerà. Horror, splatter, avventura, thriller psicologico di gioco al massacro, rivisitazione della storia americana post-Guerra di secessione, Lincoln e il West: c’è tutto questo e in più il Wyoming innevato, spettacolo bellissimo che purtroppo Tarantino non sfrutta come si deve nella sua poesia struggente e misteriosa. Ma almeno esso introduce la diligenza, sotto una tempesta di neve, che corre verso la città di Red Rock dove il cacciatore di taglie Kurt Russell che ha catturato la delinquente Jennifer Jason Liegh si va dirigendo, costretto lungo il viaggio ad accogliere anche un ex soldato nero, Samuel L. Jackson, e un rinnegato del Sud – Walton Goggins – che sostiene di essere il nuovo sceriffo della città. Sarà vero? La domanda è d’obbligo perchè il gruppo, una volta arrivato nell’emporio di Minnie, non trova la proprietaria – scomparsa – ma quattro personaggi ignoti, ognuno dei quali afferma di essere qualcuno che poi si ignora se sia vero o meno.

A questo punto il film assume una dimensione teatrale di ricerca della verità in dialoghi costanti e lunghi dai sottotesti non sempre leggibili, che fa molto thriller, ma che costituiscono uno scontro progressivo violento. E di violenza e di sangue, come sempre in Tarantino, ne scorre in un crescendo drammatico che passa dai desolati biancori della neve, in inquadrature vastissime e suggestive, ai successivi “quadri” – come fossimo in una vera pièce teatrale o melodrammatica – sempre più incalzanti verso un acme di morte e di vita.

Per quanto barocco ed eccessivamente lungo (andrebbe tagliata almeno mezz’ora), per quanto astutamente e artificiosamente “montato”, lo spettacolo – perché di esso si  tratta – dai vari sapori storico-filosofici-epici è indubbio e a suo modo fascinoso, anche perché la recitazione del cast è molto curata. Morte e vita, come spesso in Tarantino, si incontrano e si scontrano, così come verità e menzogna. Resta una pallida speranza dopo la bufera in cui una natura onnipotente ha costretto gli umani a misurarsi con le loro passioni e ossessioni, le miserie, gli inganni e i sogni, il passato e il futuro? L’epopea del West e dell’America è anche questo, si chiede forse Tarantino. Magari è vero. Ma sopra tutto emerge la domanda non oziosa e che il regista cerca nella violenza: cos’è la verità che gli uomini si dicono fra loro?

 

 

Remember

 

Non perdere questo film difficile, inquietante e doloroso. Scava su ferite antiche – l’ebreo anziano che va alla caccia del nazista assassino della sua famiglia, e che ha cambiato identità –, si tormenta per la vecchiaia che non permette più la limpidezza mentale, osserva le nuove generazioni postbelliche che ignorano tutto del passato e della guerra. Questi signori anziani, ex perseguitati, ex nazisti che si sono rifatti una vita, non riescono a perdonare e a perdonarsi e cercano in una nuova identità un possibile riscatto, e la pace.

Il prezzo da pagare è molto alto. Atom Egoyan dirige questo thriller psicologico, che è pure memoriale doloroso, e scavo di profondo senso morale, con una stringatezza unica, sequenze incalzanti, tenendo lo spettatore in sospeso sino all’imprevedibile conclusione. Magnifico Christopher Plummer nei panni dell’anziano Zev, fragile, pauroso, ossessionato dal passato, ferito nell’intimo a morte dall’esperienza con i nazisti. Uno dei migliori film sulle conseguenze dell’Olocausto.

 

 

Seconda primavera

 

 

Presentato in anteprima al Trieste Film festival il lavoro di Francesco Calogero è un racconto di alcuni personaggi nell’arco di sei stagioni. Amori presi e lasciati, nostalgie di un passato che non torna, gelosia, egoismo e libertà sono i temi di uomini e donne la cui instabilità affettiva è al centro del film. Un cinema intimo, sentito e dal tocco delicato in una Sicilia bellissima. Bravi gli attori, Anita Kravos, donna gentile alle prese con gli affetti che vanno e vengono, il cameo di Nino Frassica, l’arguzia di Claudio Botosso e la semplicità di Desirée Noferini. Un film di poesia minima, tutt’altro che superficiale.

 

 

In sala anche: 1981, Indagine a New York, con un immigrato che reagisce alla corruzione; La quinta onda, fantascienza e azione.

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