The Dreamers – I sognatori

Girato da un esteta raffinato (fotografia, musica) quale è Bertolucci, The Dreamers s’incornicia nell’esperienza della giovinezza parigina dell’autore (passione per il cinema, per la politica, “liberazione” sessuale), presentando un Sessantotto di maniera (le consuete cariche della polizia a suggellare il finale, i dialoghi-slogan dei personaggi) così che in effetti l’operazione di scavo sul fenomeno contestatorio risulta unilaterale e superficiale. In effetti sembra che al regista interessi soprattutto la storia del rapporto a tre – due gemelli quasi incestuosi, un giovane pacifista americano – che nel chiuso di un ambiente altoborghese scoprono la “liberazione” sessuale in incontri sempre più eccessivi di corpi ma non di anime. Bertolucci indugia con occhio quasi voyeuristico sui giovani, i quali, alla fine, svegliati da un sasso scagliato dalla folla contestatrice, escono dal loro mondo chiuso per scegliere chi la rivoluzione violenta, chi quella pacifica : sostanzialmente indifferenti l’uno all’altro, perché ognuno, dopo la perdita dell’innocenza – più dell’anima che del corpo – è rimasto chiuso nel proprio ego, di fatto incomunicabile e incompreso dagli altri. Conclusione amara di un lavoro di ripiegamento narcisista su un passato ormai mitizzato,The Dreamers non offre ai giovani – cui pure vorrebbe esser diretto – nessun sogno o ideale presente o futuro, ma solo il ricordo di un artista che – onestamente – sembra in calo di ispirazione e si raggomitola in sé stesso. Il film infatti, pur ben avviato con le scene sessantottine e le indovinate citazioni cinefile, si sdoppia poi nella storia “a tre” quasi in un altro film, risultando disarmonico e manierato. Bertolucci, come a volte gli capita, corre il rischio di scambiare la ricerca di perfezione formale per l’autentica poesia: un artificio barocco, tipico del nostro tempo, che serve a colmare il “vuoto” di contenuti, prestandosi ad una sottile mistificazione dei sentimenti più veri. Più che l’erotismo insistito, sta forse in questo il limite del film. Un non-messaggio, un nichilismo pratico, sull’onda di un tempo-che-non-c’èpiù. Non è certo un atto di fiducia verso le nuove generazioni. Regia di Bernardo Bertolucci; con Michael Pitt, Louis Garrel, Eva Green.

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