Thailandia: un re da imitare
Per noi occidentali è difficile capire cosa passi nel cuore dei thai in questo primo periodo di lutto nazionale: sono passato per le strade della città che conosco da decenni e che amo tanto e ho potuto parlare con tanti amici, ascoltare le loro storie, vedere le foto sui cellulari delle tante manifestazioni di lutto. Fuori dai palazzi, ogni casa ha una coccarda nera e bianca; tutta la città sembra mesta e sobria.
La famosa capitale del turismoormai non è più quella che conoscevo. È stato forte per me “sentire” il dolore che intimamente colpisce un popolo. È un dolore di ‘gratitudine’, per la persona più cara che non c’è più. Alcuni giornalisti thai hanno intitolato i loro articoli “la partenza del monarca che ha regnato per settant’anni è la fine di un’era”, e questo si sente.
Per 14 lustri, milioni di persone si sono addormentate la sera ascoltando le parole, i detti ed i fatti di quest’uomo eccezionale, re Bhumidol Adulyadej; parole che hanno dato un’intonazione alla giornata, un motto da vivere a milioni e milioni di sudditi. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, quest’uomo ha “rifiutato” il semplice ruolo di re, cioè di una vita beata e agiata, per occuparsi della sua gente povera: portare acqua, costruire strade, ponti, argini dei fiumi, inventare la pioggia artificiale, pensare come risolvere il problema del traffico e quant’altro.
Potrei continuare con pagine e pagine elencando migliaia di progetti “per i poveri”, fossero Thai o Karen, buddhisti o musulmani: per tutti senza distinzione. Un popolo intero si è orientato verso l’immagine del re, appesa almeno in una parete di ogni abitazione: era il segno d’essere Thai, figli di questa terra e figli suoi. Il suo è stato uno sguardo ed un lavoro da vero padre di una nazione intera verso i suoi figli, uno sguardo di chi vegliava sulla sua famiglia e sulla sua casa.
I Thai e tutti coloro che hanno vissuto in questo regno, si sono abbeverati a questa fonte di sapienza, di serenità, di giustizia e di pace nazionale. Settant’anni di regno lasciano un segno indelebile, in tutti. Un fatto sperimentato in prima persona: un giovane amico, a quel tempo quindicenne, un giorno venne a sapere che l’anziana cuoca della sua scuola aveva subito un raggiro da una banca locale. Il ragazzo decise di fare qualcosa: rassicurò la donna, prendendo nota di tutti i particolari della truffa, arrivò a casa e, con il permesso della mamma, scrisse una lunga lettera al re, esponendo il caso e chiedendo la disponibilità di uno dei suoi legali preposti ad aiutare i poveri, per poter far causa alla banca che aveva “rubato” tutta la terra della povera donna.
Dopo pochi giorni arrivò la risposta dal palazzo: il re mandava il legale in aiuto. Il ragazzo, l’anziana signora ed il legale affrontarono il processo con la banca e dopo varie peripezie vinsero. La banca fu obbligata a risarcire la signora e a pagare tutte le spese del processo. Questo e ben altro è stato re Bhumidol Adulyadej: un baluardo di giustiza contro i prepotenti. E molto di più.
In questi giorni la gente ha iniziato a sfilare nella sala reale appositamente allestita dove riposa la salma del monarca. Pianto, commozione sincera e tanta compostezza. È indescrivibile il forte sentimento d’appartenenza, di figliolanza, di riconoscenza che i thai stanno dimostrando, tutti insieme: riesco a percepirlo, ma penso di non capirlo nel profondo. È troppo grande e troppo forte per uno straniero come me.
Basti pensare che tutti coloro che si apprestano a far la fila per entrare nel Palazzo reale, possono ricevere cure mediche, taglio di capelli, vestiti adatti, cibo e quant’altro sia necessario per l’attesa e tutto il tempo che restaranno fuori del palazzo, nel Sanam Luang, o grande giardino reale. E tra chi distribuisce ci sono benestanti, ricchi, divi dello spettacolo, gente nota al pubblico, cantanti. Questo per dire “siamo tutti insieme, siamo tutti riconoscenti, siamo tutti fratelli”.
Una nazione che si stringe attorno al suo Re ed alla sua eredità. Una nazione che in questo momento dimentica le divisioni politiche interne, anche dolorose ed insanguinate. Una nazione che dimostra, al mondo intero, un senso d’unità nazionale unica al mondo, mi si permetta di dire. Abituati come siamo alla superficialità, ad essere dei semplici spettatori davanti ai nostri smart phone, tablet o televisori per essere staccati e non troppo coinvolti nel nostro intimo, difficilmente capiamo cosa provino i thailandesi.
C’è bisogno di silenzio per capire, di raccoglimento. Il popolo Thai ci dà una dimostrazione di questo silenzio rispettoso, di “meditazione” sul valore di una vita spesa bene e della morte arrivata come coronamento di un’esistenza vissuta dando tanto per tanti. Direi dando tutto. Penso che possiamo imparare tutti dalla vita di Re Bhumidol. È un momento sacro non solo per i sessantasette e più milioni di cittadini thai: è un momento sacro per tutta l’umanità. Quest’esperienza della Thailandia ci sta dando una lezione sul valore di una vita che può cambiare milioni di altre vite. L’esempio di re Bhumidol Adulyadej è un esempio da imitare. Come lui ebbe a dire in un’intervista: “Quanto io sto facendo, non è il lavoro di un monarca”.
Spero che anche noi sappiamo andare al di là del nostro semplice ruolo che ricopriamo, per amare di più, per servire di più chi soffre. Questo lui l’ha fatto. Ed è per questo che è il re più amato della terra e speriamo, il più imitato in futuro.