Thailandia, la rivolta pacifica
Continuano le proteste, in Thailandia, e la situazione comincia a diventare davvero problematica per il governo di Yinluck Shiwanatra, che voleva proporre un decreto legge per un'amnistia (progetto poi ritirato) di cui avrebbe beneficiato Taksin Shinawatra, fratello del capo del governo ed ex premier, in esilio volontario dopo essere stato condannato a due anni di carcere. Attualmente le proteste, di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo, stanno coinvolgendo sempre più persone.
In tanti si stanno rendendo conto che è giunto il momento di dare il proprio contributo affinché il Paese imbocchi una strada diversa e ci sia una vera partecipazione democratica e meno corruzione. Nei giorni scorsi c'è stata la marcia di un milione di persone, che ha invaso le strade della capitale, non lontano dal Palazzo Reale e dal Parlamento, con i manifestanti adunati lungo la famosa strada Ratchadamnoen. È una sorta di Champs Élysées della Thailandia: una strada bellissima, con ampie corsie.
I manifestanti non mollano e crescono di giorno in giorno: chiedono le dimissioni del Primo ministro e nuove elezioni. In realtà, però, è il cosiddetto “sistema Taksin” che viene contestato: un sitema che prende il nome dal fratello del primo ministro ed è ormai divenuto sinonimo di un tipo di sviluppo selvaggio che favorisce, a detta di tanti, la corruzione e la dimenticanza dei problemi della stragrande maggioranza della gente. Un sistema che incita al capitalismo senza regola e all’arricchimento solo di alcune grandi ditte.
La gente s’oppone, per esempio, all’ambiguo progetto dell’acquisto di riso da parte dell’agenzie del governo. Lo scopo dichiarato era quello di aiutare i contadini, sempre più indebitati, ma si è rivelato, in definitiva, un vero fallimento, perché le agenzie governative hanno favorito l’acquisto del riso dai grossi e potenti intermediari, che si sono arricchiti enormemente e hanno venduto anche riso di provenienza straniera. I contadini hanno perso anche stavolta!
Altra grande questione sono i "mega progetti", come i treni ad alta velocità verso il Nord ed il Sud del Paese, finanziati con prestiti internazionali che indebiteranno il paese per i prossimi 50 anni. Progetti che, si sa già da ora, non verranno terminati: non arriveranno né al Sud né al Nord, ma si fermeranno "a metà strada", in città non importanti. Poi ci sono i lavori per la costruzione di grandi strutture che permettano di coinvogliare l’acqua piovana evitando, per i prossimi anni, nuove inondazioni: canalizzazioni enormi affidate ad una sola azienda, per di più straniera, che non ha un curriculum ricco di progetti importanti e ben realizzati. Insomma, la gente di Bangkok e gli studenti, nonché i professori di molte università della Thailandia, hanno detto e stanno dicendo basta a questo sistema di corruzione!
Tutti in strada, dunque, e tutti con un fischietto, per far "sentire" il proprio disaccordo. Lunedì scorso la città è stata quasi senza traffico: strano per un lunedì di fine mese. Tanti hanno infatti evitato d’andare a lavoro, perché, in 13 luoghi chiave della capitale, i manifestanti hanno deciso di protestare con maggiore decisione, con l'occupazione di caserme e stazioni di polizia e dei luoghi di potere, come alcuni ministeri, e dei mezzi di comunicazione, per far sentire la propria voce. Una volontà di cambiamento e di rivolta, chiesta però con il sorriso dal popolo thailandese.
Il primo ministro, intanto, ha fatto sapere che non se ne andrà e ha chiesto di sedersi a un tavolo di trattative. I democratici all'opposizione e il popolo, però, hanno risposto picche. Il capo dei dimostranti, l’ex deputato dell’opposizione democratica, Suthep Thaugsuban, ha già marciato fino al ministero del Tesoro, chiedendo che cessi l’invio di denaro al Governo in carica. Sta anche chiedendo a tutti gli ufficiali del governo di non lavorare ed ai manifestanti di recarsi presso gli uffici governativi, senza danneggiare nessuna proprietà, "occupando" semplicemente gli ambienti e distribuendo fiori. Fino ad ora c'è stato un grande senso civico da parte di tutti, un grande senso di responsabilità. È quello che mi ha colpito stando, di persona, tra i manifestanti: tanta determinazione, ma pacifica.
Si è arrivati ad una svolta importante e decisiva, che condurrrà sicuramente ad un rinnovamento della vita politica, ad una svolta, verso un’economia più solidale ed eticamente guidata. Non solo sviluppo e ricchezza per pochi, è il grido della gente: ma uno sviluppo sostenibile, equilibrato e condiviso con tanti, con tutti, come vuole anche il grande ed amatissimo re, Bhumibol Adulyadej, che dà, in tal senso, un esempio da decenni. Si guarda ancora a lui: presto, il 5 dicembre, si celebrerà il suo 86esimo compleanno. È desiderio di tutti i thailandesi, in quel giorno, essere uniti per gridare: "Auguri nostro amato re!". Speriamo che ciò possa accadere.